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TESTO Commento su Isaia. 52, 13 - 53, 12;Ebrei. 12, 1b-3;Giovanni 11, 55 - 12, 11

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

Domenica delle Palme (01/04/2012)

Vangelo: Is 52, 13 - 53, 12;Eb 12, 1b-3;Gv 11, 55 - 12, 11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 11,55-12,11

55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. 56Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». 57Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo.

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Lettura del profeta Isaia. 52, 13 - 53, 12
Questa domenica è l'ingresso alla settimana Santa, e diventa, nello spirito della liturgia, la celebrazione del significato di ciò che contempleremo e mediteremo durante questi otto giorni.
Iniziamo con il testo di Isaia che parla della "servo di Dio" nel bellissimo e drammatico testo del "quarto carme". Il profeta palesemente garantisce i segni di Dio tra noi, vivi e presenti finora e tuttavia nascosti, creduti e interpretati nella nostra povera fede. Ma quando i segni di Dio si manifestano, (e in questo canto si aprono e diventano palesi), ci sconcertano, ci disorientano, ci allontanano tra ciò che abbiamo sempre creduto.
Abbiamo sempre pensato: "Dio è con i giusti; la giustizia, anche se faticosa, troverà il suo trionfo. Il tradimento è male ed è perdente. Il gratuito è la forma di alta dell'amore ma va apprezzato".
Ci ritroviamo con Gesù che è il giusto e quindi nessuno può condannarlo - pensiamo perché è amico di Dio. Eppure è braccato, rifiutato, giudicato e condannato. È trattato come un delinquente, un assassino, un bestemmiatore, un nemico della pace. Tutte le sue parole muoiono nell'esperienza di un condannato che non può essere giusto; ha il volto tumefatto. Tutto questo è la più aperta dimostrazione che Dio ha abbandonato quest'uomo e quindi lo ha misconosciuto.
il testo di Isaia ci dà ragione e ci contraddice nello stesso tempo, poiché Dio entra prepotentemente nella vita del suo "servo"e lo accoglie in questa tragedia, lo accetta come la vittima di ciò che il male ha fatto e fa nel mondo, lo apprezza come il segno di un amore enorme per chi lo ha condannato, come offerta di fiducia al Signore. Questo misterioso "servo di Dio" (il titolo onorifico è riservato o uomini grandi come Mosé e Davide) ha accettato non sono la mediazione con il suo popolo ma ha preso su di sé la tragedia che il male porta.
Mentre nel nostro immaginario il male deve essere castigato da Dio, in realtà il male produce veleno che scatena distruzioni, violenza e morte per se stesso. Così il "servo di Dio" ha sostituito il suo popolo e ha mostrato che la solidarietà con chi sbaglia, accettando la sua pena, crea l'antidoto. L'amore enorme, che solo Gesù poteva dare in quel modo, cambia i destini del mondo ed anche i nostri itinerari. Il nostro piccolo amore può unirsi a quello di Gesù e cambiare il mondo.
Il testo resta fondamentale nella riflessione cristiana.
Dio interviene (52,13), all'inizio del testo che leggiamo, garantendo il senso del soffrire dell'amico "servo" e la conclusione ultima della sua salvezza. E sempre Dio interviene alla conclusione di questo brano (53,11-12) garantendo lo splendore di una discendenza che scoprirà di essere stata amata da chi ha coraggiosamente dato la vita nella intercessione. Tra questi due interventi di Dio c'è la comunità cristiana che eredità il mistero del "servo" ed è invitata,, alla luce della fede in Cristo, a scoprire il senso del suo vivere di Figli, il valore delle parole ereditate e, insieme, un nuovo stile di interpretare la realtà, di vivere nel mondo e di morire in Gesù..
Lettera agli Ebrei. 12, 1b-3
I cristiani, a cui viene scritta questa lettera, si sentono perseguitati e in difficoltà. Fa loro rabbia, ed è evidente, il fatto che i loro sforzi di coerenza si concludano, nel contesto della vita quotidiana e di fronte alle istituzioni, in incomprensioni, disagi, sospetti ed inimicizia.
Sono tentati di abbandonare tutto per la fatica che costa, e la stessa immagine dello stadio richiama, in modo comprensibile, sia lo sforzo e sia l'obbligo di mantenere una propria concentrazione, "tenendo fisso lo sguardo su Gesù".
Egli è all'inizio della nostra fede ed alla conclusione del nostro cammino: egli si propone come inizio e fine, fondamento e vertice della nostra esistenza.
Per una corsa nello stadio, "circondato da una moltitudine di testimoni" (12,1: ci si riferisce ai luminosi esempi di fede dei giusti del Vecchio Testamento appena ricordati nel capitolo 11), bisogna sbarazzarci dei pesi e dei peccati che ci rallentano e intralciano la corsa,. Corriamo avendo davanti agli occhi Gesù che sa preferire la croce alla gioia che poteva permettersi di raggiungere poiché "gli era posta dinanzi". Egli ha disprezzato l'ignominia, e questa è stata l'immagine offerta alla gente del suo tempo, a tutti, dolorosa e infamante. Ma questa scelta coraggiosa e libera di camminare fino alla morte, mettendo a rischio la sua reputazione e la sua fama, l'ho portato alla glorificazione, "assiso alla destra del trono di Dio" (v. 2).
Questo coraggio, vissuto fino in fondo, accettando una "terribile ostilità" di sentimenti e di fatti diventa esemplare per la nostra fatica e il nostro coraggio. Per questo la Chiesa non si deve aspettare grandi riconoscimenti di risultati e di gloria, ma speranza che molti facciano propri questa chiarezza di scelte e queste testimonianze nel mondo. Di fatto ci sono ancora molti cristisni che soffrono per la fede in Gesù. Il problema, però, si pone sulle motivazioni, sui perché. Dobbiamo stare attenti a quello che presentiamo come cristiano. Il nostro compito nella storia e di sbarazzarci di ciò che è "peccato e che è di peso", ripulendo continuamente scelte e mentalità, non sufficientemente misurate "nello sguardo su Gesù", senza scambiare le nostre tradizioni e i nostri fondamentalismi come dogmi di fede..
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 11, 55 - 12, 11
Attorno a Gesù si stringono la diffidenza e l'attesa. Egli è ormai molto noto e molto atteso per la Pasqua, a Gerusalemme, luogo di appuntamento per la grande celebrazione annuale, dove arrivano i pellegrini da tutto Israele e molti si aspettano di vedere Gesù. Ma le aspettative sono contrastanti: di fiducia e di speranza per un verso, di contrasto e di denuncia dall'altro, a secondo delle speranze e delle attese in lui.
Il racconto dell'unzione dei piedi è presente sia nel Vangelo di Marco (14,3-9) che nel Vangelo di Matteo (26,6-13) mentre nel Vangelo di Luca (7, 36-50) si parla di un'anonima peccatrice che potrebbe non avere niente a che fare dell'episodio che Giovanni e gli altri evangelisti raccontano prima dell'ultima Pasqua Si notano, nelle diverse redazioni, alcune differenze, frutto di tradizioni diverse e di ricordi lontani. Non dimentichiamo che la Scrittura non è tanto cronaca per informare sui particolari dei fatti, ma teologia per entrare nel mistero di Dio.
"Sei giorni prima": Giovanni ci richiama un calendario che si rifà ai giorni della creazione (gen 1) e all'inizio del suo stesso Vangelo (Gv1). Nel libro della Genesi il settimo giorno è il riposo di Dio e dell'uomo, all'inizio del Vangelo di Giovanni il settimo giorno è la celebrazione delle nozze di Cana (Gv 2,1ss). Il settimo giorno di Gesù dopo la sua passione è l'attesa della gloria della risurrezione che esploderà nell'ottavo giorno.
A Betania c'è un banchetto, non di lutto ma di gioia, poiché Lazzaro, il morto vivo, è sentito presente nella piccola comunità. Ma il clima di riconoscenza, che deve essere di reciproco dono, diventa tempo di dissapori, lamentela, addirittura scandalo.
Maria, sorella di Lazzaro, prende un unguento costosissimo (poiché proviene da un'erba aromatica che nasce sull'Himalaya al Nord dell'India e viene trasportato in lunghissimi viaggi commerciali fino in Israele.). Maria lo usa tutto, spezzando il vaso sigillato, e versa il contenuto sui piedi di Gesù, asciugandoli poi con i capelli. È la comunità cristiana che celebra e ringrazia. E poiché il testo richiama "il libro della Scrittura: il Cantico dei Cantici", in controluce, questa donna, Maria, rappresenta la Chiesa, sposa che riconosce nello Sposo fedeltà totale ("puro"). Perciò è male impostata la critica di Giuda (ma anche altri discepoli la pensavano allo stesso modo). Valutando il prezzo: 300 denari (è lo stipendio di un anno di un lavoratore), Giuda ritiene sprecato il gesto che poteva diventare danaro per l'elemosina e per i poveri. Gesù difende, invece, il gesto della totalità e del dono e gli dà diversi significati: anticipo della sua sepoltura ma anche, inconsapevole per lei preannuncio della risurrezione.
C'è quindi, anche qui, il significato dell'elemosina da ripensare. L'elemosina non è, fondamentalmente, un problema di danaro. Era stato detto quando ci si rese conto di avere 5000 persone da sfamare in una zona desertica (Mc 6,30-44; Matteo 14,13-21; Luca 9,10-17) una prima volta, e 4000 persone un'altra volta (Marco 8,1-10; Matteo 15,32-39). I discepoli si preoccupano del bisogno, ritengono di non avere alcuna possibilità di soluzione, ritengono che l'unica via di uscita sia quello di "rimandare la gente e comperare" (Marco 6,36; Matteo 14,15; Luca 9,12) e quantificano il bisogno in danaro: "Non bastano neppure 200 denari per sfamare tutti" (Marco 6,37). Qui ritorna l'elemosina come danaro, ma Gesù, operando il gesto dello spartire il pane, ricorda che l'elemosina è soprattutto lo "spezzare il pane", che indica condivisione, scelte, cammino comune, qualità e non quantità: virgolette, mentre "moltiplicare il pane" (e Gesù non lo ha fatto) rimanda al danaro e quindi all'economia, alla roba, ai beni Il richiamo che "i poveri li avete sempre con voi" (v 8) riporta alla presenza nel mondo della responsabilità della comunità cristiana sui limiti, sulla ricerca delle risorse, sul lavoro, sulla casa, sulla dignità di ciascuno, nel rispetto di ogni uomo come figlio di Dio. Questo stile allarga la speranza che alimenta il cuore delle persone che "credono in lui" (v. 11).

Visitate il sito www.liturgiagiovane.it ed il relativo blog, sul quale è possibile aggiungere i vostri commenti, osservazioni, suggerimenti, proposte.

 

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