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TESTO Nostalgia di vera bellezza

mons. Antonio Riboldi

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2003)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

In quel tempo, 26l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

"Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'eterno consiglio.
Tu sé Colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore
per lo cui caldo ne l'eterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui sé a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra i mortali,
sé di speranza fontana vivace.
Donna sé tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua desianza vuol volare sanz'ali"
(Dante: preghiera S. Bernardo).

E mi piace offrire questi inimitabili versi di Dante oggi, solennità di Maria Immacolata. E' la donna per eccellenza (l'Eva, che Dio ha preservato dal peccato e quindi conserva intatta quella bellezza che era di tutti noi, non avessimo conosciuto lo stupido e terribile rifiuto della bellezza del cuore, per affidarsi alla mortale bellezza dell'egoismo, che è l'inferno proposto dal serpente.

Ed è giusto che la Chiesa, di cui Maria è Madre, celebri questa solennità per dare fiato a quella voglia di bellezza del cuore che tutti sentiamo...anche se poi ricadiamo nella stolta morsa del serpente "il più astuto degli animali". Ci inganniamo, magari, preferendo altre "bellezze", che tali non sono, ma poi il nostro desiderio è lo stesso di quello di Dante.

Basta osservare come tante Chiese, tante pitture, tanti capolavori siano tutte una sinfonia alla "donna", Maria, Immacolata... come se volessero dare voce e colore a quella nostalgia di bellezza che tutti noi, usciti dalle stesse "mani" di Dio, sentiamo, voglia di paradiso. E ci dà veramente fastidio quel sentirsi "nudi", come si sentirono Adamo ed Eva dopo il terribile atto di infedeltà al Padre, per dare retta alla proposta di Satana.

"Non è vero, dice il serpente ad Eva, che voi morirete: anzi, Dio sa bene che se ne mangerete i vostri occhi si apriranno e diventerete come Lui, avrete la conoscenza di tutto". La donna osservò l'albero, i suoi frutti erano certo buoni da mangiare: era una delizia per gli occhi, ed era affascinante avere quella conoscenza. Allora prese il frutto e ne mangiò: lo diede a suo marito ed egli ne mangiò. I loro occhi si aprirono e si resero conto di essere nudi. Perciò intrecciarono foglie di fico intorno ai fianchi. Verso sera l'uomo e la donna sentirono che Dio, il Signore, passeggiava nel giardino. Allora, per non incontrarlo, si nascosero tra gli alberi del giardino. Ma Dio, il Signore, chiamò l'uomo e gli disse: "Uomo, dove sei?" (Gen. 31-10).

E' la tragedia dell'uomo che sente di avere perso la gioia, la bellezza, la felicità, cui Dio lo aveva destinato, e per sempre, solo se avesse saputo essere fedele al suo comando. Pagò, anzi paghiamo, e duramente, quel peccato di origine.

Fa davvero impressione come ancora oggi sia quasi di moda, in tanti, farsi affascinare dall'astuzia del serpente: e ci si affida a quelle "nudità" che, alla fine, appaiono le foglie di fico che svelano la nostra miseria umana.

A volte si ha come l'impressione che la spudorata impudicizia, che è moda di troppi, sia l'inganno di creare una bellezza che tale non è... anzi!

Ben diversa è Maria, l'Immacolata, colei che Dio ha voluto preservare dal peccato per essere la più bella donna si possa pensare e per essere Sua Mamma, Mamma del Figlio di Dio, Gesù. E, come se il Vangelo volesse difendere da ogni insidia tale bellezza, fa trovare Maria nella più grande umiltà e povertà possibile. Leggiamo infatti che l'Angelo va a visitarla nella grotta, povera grotta dove non c'è posto per la superbia. E la saluta con la semplicità del cielo: "Ti saluto, piena di grazia, il Signore è con Te". A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.

Ed è uno spaccato di paradiso leggere il modo come Dio si piega davanti alla bellezza di Maria, da Lui donata, e le chieda di essere sua Madre. Ancora una volta, come sempre, e con tutti, Dio rivela che l'amore, per essere tale, su sua imitazione, è fondato sulla gratuità e libertà. In quel dialogo tra l'Angelo e Maria - che noi recitiamo ogni giorno nell'Angelus - c'è proposto di "ricreare una umanità nuova", immacolata. Noi, uomini nuovi in Dio, che abbiamo origine proprio dall'obbedienza di Maria all'invito di Dio.

Una obbedienza che è affidarsi con semplicità al Padre in quelle irrepetibili parole: "Ecco la serva del Signore, si compia in me la sua parola" (Lc.1,26-38).

E in quel momento Gesù fu concepita per opera dello Spirito Santo.

In altre parole, in quel "sì" si compie l'evento incredibile, che descrive quanto Dio ci voglia bene, di Dio che si fa uno di noi per sempre: l'Emmanuele.

E da allora tutta la vita di Maria, l'Immacolata, si svolge nel più assoluto riserbo.

Quel riserbo che è il segno inconfondibile della delicatezza di animo, che notiamo in tante donne giovani o non giovani: il riserbo che sembra voglia difendere la bellezza interiore da ogni schizzo di fango, facile oggi. Abbiamo tutti bisogno di fissare gli occhi verso l'Immacolata, per dare voce alla nostra nostalgia di purezza, di bellezza interiore, che è il sorriso di Dio, ancora visibile nelle anime buone, semplici, umili, caste. Abbiamo bisogno di liberarci dal fango che, a mani piene, il mondo tenta di buttarci addosso nella moda sguaiata, come fossimo destinati a vivere nelle pozzanghere e non sulle strade dell'arcobaleno.

Abbiamo bisogno di riempire i nostri occhi della dolcezza della Immacolata e liberarli dalla insana voglia di inferno.

Dovremmo sentire la nausea di correre continuamente a nasconderci "tra gli alberi coprendoci di foglie di fico", perché abbiamo vergogna di stare "nudi", davanti allo sguardo di Dio.

Sia per noi quanto scrive l'apostolo Paolo agli Efesini: "Fratelli, sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo... In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi ed immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi, per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà" (Ef. 1, 3-6).

Non ci rimane che ricorrere a Maria Immacolata, nostra mamma, perché ci aiuti a liberarci dagli inganni del demonio e dare piena libertà alla nostra nostalgia di essere anche noi "immacolati". Essere "belli così" forse è difficile, ma è così grande la gioia del cuore, che vale la pena di provarci, ad ogni costo.

 

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