TESTO La parabola dei due figli
Giovani Missioitalia Home Page
Giovani Missioitalia è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!
XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/09/2011)
Vangelo: Mt 21,28-32
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Ascoltando questo brano verrebbe la voglia di identificarsi nel primo o nel secondo figlio... sono colui che dice "si" e poi non và nella vigna o l'altro che non ne ha voglia, ma poi ci và? In realtà i due sono molto più simili di quello che sembra e, a guardarli bene, entrambi sono figure distorte.
C'è un errore di fondo nel loro pensiero, nella loro relazione col Padre: lo considerano entrambi come un padrone.
Il primo accetta subito, vuol far credere a suo padre di essere quello che non è, ma poi, appena può, disattende l'impegno preso. Il secondo risponde chiaro "Non ho voglia!", avverte il lavoro nella vigna come pesante, preferirebbe fare altro, avrebbe altri progetti, altre intenzioni, però il senso del dovere alla fine vince su di lui e (per paura di un castigo? per un senso di colpa?) si incammina verso la vigna.
Il problema dei due fratelli è essenzialmente lo stesso: vedono il Padre come un padrone. E questa relazione distorta li porta a vivere come schiavi di una volontà superiore che non capiscono, ma di cui sentono soggezione e timore.
Siamo ben lontani da quell'annuncio liberante portato da Gesù!
Il senso del brano non è di seguire la volontà del Padre quasi "per farlo contento", per soddisfare i suoi "bizzarri" voleri come lavoratori instancabili.
La logica è capovolta: Dio è un padre, non un padrone.
Dio ama e invita ad accogliere il suo amore, non comanda.
Quello che ci chiede è di collaborare alla costruzione del suo Regno (la vigna!) perché l'uomo sia felice, non per renderlo schiavo... ma questo lo si capisce solo se ci si sente figli. E beati i peccatori e le prostitute che ci precederanno nel suo Regno, non perché siano stati più meritevoli, ma perché semplicemente si sono riconosciuti come figli amati.
Venga il suo Regno e sia fatta la sua volontà!
DOMANDE O PROVOCAZIONI?
- Quale rapporto sento di aver instaurato col Padre? Mi sento figlio amato o un suo lavoratore? Vivo la sua Parola con l'obbligo morale di seguirla o come un annuncio che mi libera?
- Nella mia realtà quotidiana, in quale vigna sono chiamato a lavorare?
- Quale buona notizia ho ricevuto dall'ascolto della Parola di oggi?