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TESTO Tutti mangiarono a sazietà

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III domenica dopo l'Epifania (Anno B) (22/01/2012)

Vangelo: Mt 14,13b-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,13b-21

13Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Il manifestarsi (epifania) di Dio in Gesù è circondato da segni mirabili: la stella per i magi, la voce del Padre al Giordano, il vino di Cana e, più innanzi, la moltiplicazione dei pani; fatto tanto mirabile che nei vangeli è riferito sei volte.

Nel deserto Dio nutriva il suo popolo col dono della manna, dell'acqua fatta scaturire dalla roccia, con l'abbondanza della carne al passaggio delle quaglie sull'accampamento. Gesù "sente compassione" per la gente che lo segue nel deserto e dà loro pane in abbondanza a partire da "cinque pani e due pesci".

"Il Signore li saziò con il pane del cielo", ci ricorda il Salmo responsoriale. "Pane quotidiano" che esprime la premura di Dio per tutti gli uomini; e "pane vivo, disceso dal cielo" (Gv 6,51) che a messa riceviamo per alimentare la vita divina.

1) Pane quotidiano

"Dacci oggi il nostro pane quotidiano" (Mt 6,11); non perché Dio non ce l'abbia già dato in abbondanza, ma per educarci a riconoscere che è suo dono l'insieme di risorse di cui ha dotato il creato per l'alimento di tutti. Se c'è chi ne manca, è solo per l'egoismo e la mala gestione che gli uomini ne fanno. C'è chi - come racconta la prima lettura - "è preso da grande bramosia", per la quale non è mai sufficiente l'ingordigia di chi sta nell'opulenza. E la forbice tra ricchi e poveri, tra nord e sud del mondo, si dilata. Non che sia sbagliato il crescere come benessere e qualità di vita, ma tenendo presente che i beni materiali hanno nel disegno di Dio destinazione universale; ed è grave ingiustizia, soprattutto, vivere sfruttando la debolezza dei poveri. La condivisione, l'aiuto al sottosviluppo è la prima norma di una sana economia "globale".

Per Israele nel deserto fu un momento di dubbio nella provvidenza divina: "Chi ci darà carne da mangiare?". La pedagogia di Dio nel guidare il suo popolo alla libertà implica forse qualche sacrificio; fidarsi di Dio richiede qualche rischio, qualche prova; certamente non il tutto e subito come è spesso la nostra pretesa umana di fronte a Lui. "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo" (Mt 4,7). Di fronte alla sua premura di Creatore e Padre si richiede di stare anche ai suoi ritmi, senza avanzare pretese! Dio rimane irritato della pretesa di Israele, e risponde puntiglioso con tale abbondanza di carne "fino a che vi esca dalle narici e vi venga a nausea" (Lett.). Peccato come atto di sfiducia, "perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi" (idem).

Quei segni - "tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale" (Epist.) - erano gesti di una valenza salvifica che richiedevano accoglienza e fede. Atteggiamento - ci richiama Paolo - richiesto anche a noi di fronte agli interventi salvifici: "Ciò avvenne come esempio per noi. Non diventate idolatri come alcuni di loro. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro" (idem). L'opera di Dio, iniziatasi con Israele, trova il suo compimento in Cristo, la cui redenzione ridonda su tutta la vicenda umana: ogni salvezza ci è meritata da lui. Per questo oggi si dice: "Bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era Cristo" (idem).

2) Pane vivo

Il vero cibo che sazia pienamente l'uomo è proprio il Cristo; quello della manna era solo una sua prefigurazione: "Non è Mosè che vi ha dato il pane del cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!" (Gv 6,32.34). La moltiplicazione dei pani che Gesù opera annuncia il suo essere lui ormai il vero nutrimento che apre alla vita eterna: "Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6,40). Il pane eucaristico che nell'ultima cena Gesù stesso ha inventato, è il segno che contiene e comunica la sua Persona e l'opera di redenzione, "la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi" (Lc 22,20).

"Fate questo in memoria di me: ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga" (1Cor 11,24.26). E' il comando affidato alla Chiesa per seminare nel tempo quel cibo che dà la vita. "Voi stessi date loro da mangiare". Anche qui Gesù "prese i pani, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla". Ogni messa rinnova quel gesto per il tramite del ministro autorizzato che agisce "in persona Christi". Anche nella nostra messa si porta all'altare la poca offerta della nostra vita ("cinque pani e due pesci" - forse la povera merenda di un ragazzo!), che il Signore trasforma e moltiplica perché "tutti ne mangino a sazietà".

Anzi ne avanzarono ancora "dodici ceste piene". Ritorna il tema della generosità di Dio che aveva sbalordito la voracità di Israele nel deserto. Merita che si rifletta a questa totalità del dono che Dio fa di se stesso in Gesù. "Li amò fino alla fine.." (Gv 13,1), certamente con il sacrificio compiuto in croce ("Nessuno ha un amore più grande di questo..", 15,13); ma anche con una disponibilità di presenza personale che nell'Eucaristia veramente "rimane con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Quello della visita e dell'adorazione davanti al Tabernacolo è forse da sentire di più come una richiesta intima che Gesù fa ad ogni anima che capisce e vuol rispondere al suo amore. Dall'alto della croce Gesù esclamò: "Ho sete!" (Gv 19,28), sete di noi, del nostro amore per lui. Così lo ha sentito fortemente la beata Madre Teresa di Calcutta.

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"I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia" (Gv 6,49-50). Tutta la Bibbia è opera unitaria, tutti i gesti di Dio sono coerenti e si richiamano a vicenda. Anzi si integrano e completano in un cammino progressivo di rivelazione e di salvezza che si adatta con pazienza al tardo comprendere e affidarsi dell'uomo. "Bevi per prima cosa - ci esorta sant'Ambrogio - l'Antico Testamento, per bere poi anche il Nuovo Testamento. Se non berrai il primo, non potrai bere il secondo. Bevi il primo per mitigare la sete; bevi il secondo per raggiungere la sazietà" (Comm. 12 Salmi).

 

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