TESTO Quando il dolore fa compassione
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (04/08/2002)
Vangelo: Mt 14,13-21
In quel tempo, 13avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Capita a tutti, ogni volta che un grande dolore ci visita, sentirsi quasi morire "dentro", al punto che viviamo come se non vivessimo. Ci dà fastidio tutto. E vorremmo che attorno a noi ci fosse solo silenzio.
Ed è anche difficile per tutti, farsi vicino a chi soffre e trovare parole che non abbiano il senso di un fastidioso rumore, perché al dolore si addice il silenzio.
C'è una statua, in una stupenda casa di Esercizi e di spiritualità, posta in un angolo della entrata, chiamata "Madonna del Sabato Santo".
Una Madonna che pare voglia racchiudere tutto il dolore, che aveva vissuto nella passione, morte del Figlio Gesù, che aveva amato più che se stessa, in un atteggiamento di completo abbandono alla Volontà del Padre Cui aveva detto "si compia in me la sua parola": certa che questa parola di Dio era un patto di amore, che non poteva cessare sulla croce.
E' il silenzio di un dolore che non è affidarsi al nulla, ma ha una grande fiducia nella speranza.
Lei sapeva, e lo sanno tutti coloro che davvero credono nel Padre, che Dio, anche quando ci mette alla prova, dandoci la sensazione di indifferenza, sempre, ed in ogni prova, in Lui c'è un progetto di amore, concepito fin dall'eternità, che sfugge ora a noi, ma che capiremo dopo, quando saremo nella luce della eternità.
Ma ci vuole una grande fiducia nel Padre.
Il mio Padre Fondatore, l'abate Antonio Rosmini, di cui è in corso la causa di beatificazione, ebbe nella sua vita prove che sanno di vero martirio.
Poteva avere mille e una ragione per difendere il suo amore alla Chiesa, al S. Padre, alla verità, ma messo a tacere, esiliato ed emarginato, scelse il silenzio che era pieno abbandono a Dio, che tutto dispone per il bene nostro e della sua Chiesa.
Un silenzio ed una emarginazione che durò poi quasi cento anni. Era tanta la stima che di lui aveva il S. Padre, il santo Pio IX, che lo volle cardinale, nonostante la sua riluttanza. Obbediente al volere del Papa, preparò tutto per la cerimonia dell'inestitura cardinalizia.
Ma proprio alla vigilia, le cose in Vaticano presero una piega diversa, e lo videro sotto accusa ed esiliato con il S. Padre.
Uscì di scena in punta di piedi. Iniziò una dura lotta contro quanto aveva scritto, fino a conoscere il dolore, immenso dolore, di vedere alcune sue opere, tra cui le "cinque piaghe" che sono ora un testo profetico, messe all'Indice, come contenessero eresie, ed invitato al silenzio.
Un silenzio che era difficile da accettare dalla Congregazione, ma che lui impose, come supremo amore alla Chiesa di Dio. E quando il grande Manzoni chiese a lui prima della sua morte, cosa fare, rispose con tre verbi che sono davvero i1 marchio della sua santità.
"Adorare, tacere, godere". E proprio vero che a volte le prove, il dolore, la croce, sono le vie che Dio sceglie per la santità, ma che gli uomini invece pensano siano veicoli ciechi della vita, quando non conoscono cosa significhi abbandonarsi all'amore di Dio con fiducia.
E troppe volte il dolore, senza questa fede, davvero crea quegli abissi di disperazione che tutti conosciamo, ma che dovremmo superare con la fiducia nel Padre.
Il Vangelo di oggi ci porta l'esempio di Gesù di fronte al dolore: un esempio tutto da meditare. "In quel tempo, quando Gesù udì della morte di Giovanni Battista, partì su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto".
Possiamo facilmente immaginarLo, Gesù, in riva al lago di Genezaret, tutto solo a fare i conti con quell'immenso dolore per la morte di Giovanni il Battista, cui era legato non solo da tanta amicizia, ma che era stato il profeta che Lo aveva presentato al mondo come il Figlio di Dio, sulle acque del Giordano. Era vero dolore il suo.
Ma il dolore, uguale a quello che proverà sulla croce, era confortato dal sapere che la profezia, la fede, tutto insomma, si paga fino a dare la vita. Dirà un giorno: "Non c'è amicizia più grande di quella che sa dare la vita per amore".
E sarebbe bello che anche noi, quando il grande dolore ci assa1e, sapessimo in qualche modo "prendere il largo sulla barca di Gesù" e stare soli, non per capire, ma per dire sì ai disegni del Padre.
Ma la sua solitudine dura poco.
Perché "la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli allora, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati".
Il suo amore va oltre, fino a prendere compassione di tuta quella folla che era rimasta senza mangiare per stare vicino a Lui. Lui era il Cibo della Vita che fece dimenticare l'altro cibo.
"Dopo avere ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani, e li diede ai suoi discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla.
Tutti mangiarono e furono saziati: e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila, senza contare le donne e i bambini." (Mt.14,13-21)
Davvero una lezione di come si affronta il dolore, senza lasciare il dovere o il cammino della vita che non accetta soste.
Ho un ricordo personale che voglio offrire a tutti quanti, si trovano oggi nel dolore, che sembra una dura notte scesa sulla vita.
Amavo molto mia mamma e tutti oramai lo avete capito. La consideravo come la dolce ombra che vegliava su di me e mi sosteneva con il suo esempio, il suo amore e la sua preghiera.
Fu chiamata dal Padre un martedì della settimana santa. Sapevo che era gravemente ammalata. La sua malattia era la sua età: 99 anni e sei mesi.
Ed io in quei giorni ero nel Veneto per alcune predicazioni. Non so come e perché, il martedì santo interruppi tutto e chiesi di tornare a casa per almeno salutare mamma. Mentre entravo in casa, chiedendo di come stesse mamma, mi fu risposto che stava per essere portata a casa morta. Lì conobbi il grande dolore e mi venne in mente Gesù che si ritirò sulla barca tutto solo in disparte.
Non mi fu possibile. IL giorno dopo l'accompagnai al cimitero. Sapevo che l'indomani era il giovedì santo e la mia Chiesa mi attendeva per le cerimonie solenni della settimana santa.
Così, la sera stessa, tornai a casa. Ricordo che celebrai le grandi liturgie del Giovedì santo del venerdì e della Pasqua con un cuore gonfio di lacrime, che cercavo disperatamente di non fare arrivare agli occhi ed alla voce. La "mia" Chiesa era come quella folla che attendeva il Maestro. E celebrai le liturgie con il pensiero fisso alla Resurrezione; ossia al giorno del Signore, che oramai mia madre conosceva. E questo era il mio conforto e la mia forza.
A tanti; che si accorsero del dolore, rispondevo che non sarebbe stato vero amore il mio, se non avesse conosciuto il dolore. Ma un dolore confortato dalla certezza che un giorno, in cielo, ci sarebbe stato solo amore.