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TESTO Giovanni predicava un battesimo di conversione

Ileana Mortari - rito romano  

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II Domenica di Avvento (Anno B) (04/12/2011)

Vangelo: Mc 1,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,1-8

1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

2Come sta scritto nel profeta Isaia:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

3Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

La terza lettura propostaci dalla liturgia di questa domenica è l'inizio del vangelo di Marco, che ci accompagnerà per tutto l'anno liturgico B.

Quello di Marco è il primo in senso cronologico dei tre vangeli "sinottici" (quelli secondo Matteo, Marco e Luca), detti così perché hanno una struttura molto simile e, trascrivendoli su tre colonne parallele, si possono scorrere contemporaneamente con un sol "colpo d'occhio" ="sun-opsis" in greco.

Per circa 30-40 anni dopo la morte di Gesù, tutto quello che riguardava la sua vita e il suo insegnamento venne tramandato per lo più oralmente nelle prime comunità cristiane; di scritto c'erano solo raccolte di miracoli, di parabole, gruppi di episodi o insegnamenti simili, oltre al lungo racconto della passione-morte-resurrezione di Gesù: sono le cosiddette "raccolte presinottiche" scritte sia in aramaico che in greco-ellenistico, visto che la Chiesa di Gerusalemme era bilingue.

Ora Marco fu il primo che decise di raccontare con ordine tutto quello che riguardava Gesù, seguendo il filo di una "storia" nel suo svolgersi: la "storia di Gesù", dalla predicazione del precursore Giovanni Battista fino alla conclusione della sua vicenda terrena.

Con ogni probabilità egli scrisse il suo vangelo a Roma, in lingua greca, sulla base della predicazione di Pietro, capo degli apostoli, tra il 60 e il 70 d.Cr.

"Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio" (v.1) Questa frase è programmatica, contiene in nuce tutto lo scritto di Marco, non dice solo che inizia il testo materiale del vangelo, ma intende con "evanghelion" proprio la "Buona novella" che ha per oggetto la vita e l'insegnamento di Gesù, che è il Cristo e il Figlio di Dio.

Il testo marciano è costruito in modo da rispondere a due grandi domande: "Chi è Gesù?" e "Chi è il discepolo?" e ha una struttura molto semplice e lineare; dopo un'introduzione (cap.1,1-13), presenta due grandi parti, ciascuna delle quali termina con un'affermazione che è proprio la risposta, la doppia risposta, al primo interrogativo.

La prima parte si conclude infatti con la confessione di Pietro a Cesarea di Filippi, che, a nome anche degli altri apostoli, dice: "Tu sei il Cristo" (Mc.8,29) e la seconda parte termina con l'affermazione del centurione romano sotto la croce di Gesù: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!"(Mc. 15,39).

E poi c'è l'epilogo della Resurrezione (16,1-8) e un'aggiunta - non di Marco - relativa alle apparizioni del Risorto ai discepoli (16,9-20).

Dopo il "titolo" del vangelo abbiamo la presentazione di Giovanni il Battista, precursore di Gesù. La sua figura è introdotta da una doppia citazione dell'Antico Testamento, per mettere subito in evidenza che quanto sta per iniziare è il compimento delle promesse e dei preannunzi del Primo Testamento. Le parole del profeta "Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te...preparate la strada del Signore..." (vv.2-3) erano originariamente riferite a Jahvè che doveva ricondurre in Israele il suo

popolo dall'esilio di Babilonia; nel vangelo di Marco designano invece il Messia atteso, di cui Giovanni dice: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali" (v.7) Il gesto di slacciare i sandali era talmente umile che non poteva essere imposto neppure allo schiavo; in questo modo Giovanni ci fa capire la distanza abissale che lo separa dal Preannunciato; il Battista esiste solo in funzione di Lui, è come un araldo col dito puntato sull'Atteso, al quale orienta tutti quelli che accorrono nel deserto ad ascoltare la sua voce.

Ed è molto significativo che Giovanni "predichi un battesimo di conversione per il perdono dei peccati" (v.4), perché, in contrasto con la mentalità allora corrente, che si aspettava un Messia politico, Giovanni fa capire che il vero ostacolo alla liberazione finale di Israele non era la dominazione romana, ma il peccato che separava il popolo dal suo Dio.

Così egli battezza, cioè fa compiere al fedele un "bagno lustrale", purificatore, che è il segno esteriore di un forte impegno di "conversione": questa consiste in un cambiamento di mentalità ("metànoia" in greco), un ritorno interiore al Dio dell'alleanza mediante l'obbedienza alla sua volontà (cfr. Ger. 3,6-13); il battesimo di Giovanni è solo una preparazione al vero e proprio battesimo, quello di Gesù, che "vi battezzerà con lo Spirito Santo" (v.8)

Circa il dono dello Spirito, già i profeti ne avevano parlato come di una delle caratteristiche dei tempi messianici, presentandolo quale principio purificante e santificante (cfr. ad esempio Is.44,3; Gioele 3,1; Ezech.36,25-29). E in effetti con Cristo avviene una svolta radicale: non c'è più solo l'impegno dell'uomo alla conversione e al ritorno a Dio; ma il battezzato è inserito in pienezza in Dio, partecipa della Pasqua del Signore, che con il Suo sacrificio lo libera dal male e dal peccato, riceve in sé il principio della stessa vita divina, tanto da potersi ormai chiamare "figlio adottivo" del Padre celeste.

 

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