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TESTO Christus regnat

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (20/11/2011)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

La Chiesa conclude oggi il percorso dell'anno liturgico, salutando Matteo, il pubblicano diventato discepolo. E lo fa con una festa ed un vangelo intensi, di difficile comprensione immediata: la Solennità di Cristo re dell'Universo.

No, la Chiesa non ha nostalgie monarchiche e non dobbiamo guardare ai (pochi e incoerenti) regnanti di questa terra per prendere esempio. L'immagine, forse un po' da svecchiare, intende comunicare una fortissima professione di fede: Gesù il falegname di Nazareth, quell'ebreo marginale vissuto duemila anni fa e perso nei meandri oscuri della storia è il Signore dell'Universo, colui che ha l'ultima Parola, colui che dà misura e senso ad ogni esperienza umana, che svela il mistero nascosto nei secoli.

Le vicende umane non stanno precipitando in un baratro di violenza e di caos, ma nelle braccia di Dio. Ci vuole molta fede per fare una tale affermazione, ve ne do atto, soprattutto dopo duemila anni di cristianesimo in cui le cose non sembrano cambiate in meglio.

Dire che Cristo è "sovrano" della mia vita, significa riconoscere che solo in lui ha senso il nostro percorso di vita e di fede.

Ed è bello, alla fine di quest'anno, ribadire con forza, insieme, questa nostra convinzione.
Ma.

Regalità

Leggendo il vangelo conclusivo di Matteo restiamo sconcertati ed interdetti.

Il clima è cupo, la visione di questo giudice implacabile come alcuni pittori ce l'hanno riportata, il possente Cristo di Michelangelo della cappella Sistina, ad esempio, fa paura. Cosa ha che vedere questa pagina con il resto del vangelo? Matteo si è sbagliato? O ci siamo sbagliati noi quando continuiamo a professare il volto di un Dio compassionevole?

I pastori, sul fare della sera, separavano le pecore dalle capre.

Le capre, senza il "cappotto" fornito da madre natura, pativano il freddo proveniente dal deserto ed andavano ricoverate in un posto più caldo, come una stalla o sotto una roccia.

Quest'immagine è lo sfondo del racconto di Gesù, una separazione che è una protezione, un'attenzione verso i soggetti deboli.

Il pastore accoglie le pecore che lo hanno riconosciuto nel volto del povero, del debole, del perseguitato.

Era prassi comune nel mondo ebraico, ma ne troviamo traccia anche in altre culture!, valorizzare i gesti di compassione verso i deboli. Due sono le novità apportate dal vangelo di Matteo: Gesù lascia intendere che è lui che curiamo nel povero, identificandosi nell'uomo sconfitto. In secondo luogo questa identità è sconosciuta al discepolo che resta stupito nell'avere soccorso Dio senza saperlo.

Il messaggio che Matteo ci rivolge è piuttosto chiaro: l'incontro con Dio cambia il tuo modo di vedere gli altri, riesci ad incontrarlo anche nel volto sfigurato del povero.

Gesù non parla di "buoni" poveri o di carcerati vittime di un errore giudiziario! Anche nel povero che ha sperperato tutto per colpa o nell'omicida (!) possiamo riconoscere un frammento della scintilla di Dio!

Ripetizione
Gesù ripete la stessa idea, ma in negativo, questa volta.

Come era consuetudine per i rabbini, che sempre ribadivano il proprio insegnamento una volta in positivo e una volta in negativo. Per calcare la mano Gesù conclude che colui che non lo riconosce brucerà nel fuoco della Geenna.

Lasciate perdere le immagini orribili dell'inferno e il timore di Dio che non è paura del Padre ma paura di perdere il suo amore per nostra negligenza!

La Geenna è una delle valli che circonda Gerusalemme, mai abitata perché, secondo la storia, lì i Gebusei praticavano sacrifici umani prima della conquista della città da parte del re Davide. Al tempo di Gesù nella valle della Geenna si bruciavano le immondizie.

Se non sappiamo riconoscere il volto di Dio nel fratello siamo... ‘na monnezza!

Quindi

Alla fine dei tempi, davanti al Cristo in maestà che succederà?

Lo trovate scritto, leggete bene, e mettete da parte il taccuino su cui avete segnato puntigliosamente le ore di preghiera, le messe e le confessioni sopportate con cristiana rassegnazione e le eventuali giustificazioni da tirare fuori nel caso Dio fosse più esigente di quello che ci raccontavano.

Il Signore ci chiederà se lo avremo riconosciuto, nel povero, nel debole, nell'affamato, nel solo, nell'anziano abbandonato, nel parente scomodo. Sì: avete capito bene.

Il giudizio sarà tutto su ciò che avremo fatto. E sul cuore con cui lo avremo fatto.

La fede è concretezza, non parole, la preghiera contagia la vita, la cambia, non la anestetizza, la celebrazione continua nella città, non si esaurisce nel Tempio.

Allora, certo, la preghiera, l'eucarestia, la confessione, sono strumenti di comunione col Cristo e tra di noi per fare della nostra vita il luogo della fede.

Nel mio ufficio, alla mia facoltà, in casa a spadellare mi salverò. Se saprò portare la fede da dentro a fuori, da lontano a vicino, e riconoscere il volto del Cristo adorato nel volto del fratello che incontro ogni giorno, mi salverò.
La regalità di Cristo, oggi, si manifesta nei nostri gesti.

Cristo è Signore se sapremo sempre di più amare i fratelli, diventare trasparenza della misericordia, testimoni credibili della compassione.

Clicca qui per guardare il video del commento di Paolo Curtaz per la stessa domenica

- In libreria il mio ultimo libro: Sul dolore, ed. San Paolo, http://www.paolocurtaz.it/libri/sul-dolore-parole-che-non-ti-aspetti/

- Il file del ritiro di Vicoforte è scaricabile sul sito www.tiraccontolaparola.it

- Paolo Curtaz è a: Cormons (Go) gio 24/11 ore 20,30 Un giovane può credere in Cristo? Incontro per i giovani - Centro Pastorale Trevisan; Cormons (Go) ven 25/11 ore 20,30 Vivere la fede in famiglia; Incontro per adulti e famiglie - Centro Pastorale Trevisan

Libri di Paolo Curtaz

 

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