TESTO Commento su Matteo 25,31-46
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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (20/11/2011)
Vangelo: Mt 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Stefano e Teresa Cianfarani
Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla.
Oggi celebriamo Cristo Re che ci si presenta come il Pastore che ci conduce a pascoli erbosi, che ci viene a cercare se perdiamo la strada, che si prende cura delle nostre debolezze, che dona la vita per le sue pecore.
Per un Pastore le sue pecore sono tutta la sua ricchezza, in fondo tutta la sua vita. Cristo è dunque un re "sui generis", cammina con noi, ci accompagna, ci guida, e, fatto ancora più rassicurante, si preoccupa di ciascuno di noi, di ogni singola pecora del suo gregge, perché ognuno di noi è un unicum per Lui.
Solo seguendo Lui possiamo arrivare al pascolo, a saziarci con una vita piena di senso, a scoprire il cammino per realizzarci come persone. Cristo è il re dell'universo, di tutte le cose create che furono fatte per mezzo di Lui ed in vista di Lui, ma per questo Re ciascuno di noi vale tutto l'universo.
Ecco perché questo re giudicherà senza indulgenza il peccato di omissione di carità. Perché siamo talmente importanti per Lui che Egli si identifica in ogni pecora, in ogni uomo, in ogni figlio.
Allora oggi il Signore ci avverte di saper scorgere il suo regno già presente in questo mondo, intorno e vicino a noi. In ogni situazione, in ogni fratello, soprattutto in quelli che sono ai margini dei nostri pensieri, delle nostre attenzioni, delle nostre preoccupazioni. Lui è li ad aspettarci, perché soffre della solitudine e della delusione di non essere riconosciuto.
Quando le consorelle di madre Teresa di Calcutta ritornavano sconsolate e sconfitte dalla madre perché non erano riuscite ad avvicinarsi per lenire le sofferenze dei più malati e miserabili, madre Teresa con dolcezza le tranquillizzava dicendo che ci sarebbero riuscite solo quando in quei volti disfatti, in quei corpi devastati e maleodoranti avessero imparato a scorgere la presenza di Gesù.
Ecco il regno, Cristo è tutto in tutti, fin da ora, non riconoscerlo è strategia del demonio. Così il forestiero diventa un pericolo, il carcerato un reietto, il povero uno straccione, il malato incurabile uno sfortunato per cui non c'è nulla da fare. Ed invece queste povere pecore smarrite e ferite sono nel nostro stesso gregge, anzi il buon pastore le ama di più fino ad identificarsi con loro perché sono le più lontane dal cuore degli uomini e le più vicine al cuore di Dio.
SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Marco Simeone
Cristo re è una festa strana: prima di tutto bisogna riconoscere che, per quanto importante, passa un po' sotto silenzio, infatti tra la prospettiva del Natale e con l'Avvento che inizia, gli hanno rubato la scena.
Il contenuto della festa è (o almeno dovrebbe essere) il punto di arrivo del cammino di fede di quest'anno: per capirci, ognuno di noi dovrebbe potersi riconoscere un pizzichino più santo rispetto ad un anno fa. È un discorso strano, a volte non pensiamo così (e già questo dovrebbe essere occasione di riflessione); in più la festa di oggi è l'occasione per fare un bilancio: chi sono diventato, come ho camminato, cosa ho dato ai miei fratelli, oppure, mestamente, riconoscere di aver sprecato un mare di occasioni.
Il vangelo ci aiuta in modo fenomenale, a patto di capirlo bene: cioè se ascoltando questo brano ci viene da pensare che Gesù dopo la dolcezza passi alle minacce, siamo fuori strada, oppure abbiamo la coda di paglia...
Lo stile di Dio non è mai stato e non è quello di imporsi con le minacce, quello di radunare i suoi figli con lo spauracchio dell'inferno; chi lo ha descritto così gli ha reso un pessimo servizio, ha "bestemmiato" la sua bontà e misericordia, perché l'amore si può solo offrire liberamente e liberamente corrispondere, mai imporre.
Comunque il vangelo di oggi non è una parabola, un racconto educativo, ma una vera profezia su quello che sarà il nostro incontro con Dio, lo svelamento di come Dio interpreta quel giorno; con una battuta è come se ci desse i temi della maturità il giorno prima dell'esame, pensate a quanto ci tiene a vederci pronti..
Alla fine dei tempi Gesù verrà nella sua gloria e starà in trono ad amministrare la giustizia, farà la cernita tra chi entrerà in Paradiso e chi ne sarà escluso. Quelli che non pensano in modo corretto di Dio gioiranno: "finalmente un po' di giustizia, ai buoni il premio e ai cattivi finalmente le botte!... per quanto anche quello poi non è che sia così buono, quell'altro poi non se lo merita proprio..." capito? La nostra umanità, con la scusa della giustizia, è sempre un po' Caino che insorge contro il fratello, quasi che l'amore di Dio ce lo dobbiamo contendere.
Gesù è lo stesso ieri oggi e sempre! Quello umile e misericordioso è lo stesso che verrà nella gloria, la differenza si vedrà chiaramente nel brano.
Il Signore divide la folla in due gruppi, ma nessuno dei presenti si aspettava quel posizionamento ("io non pensavo di andare in paradiso... io invece, si!") e tantomeno dell'importanza delle loro azioni (quando mai ti abbiamo servito? Noi, invece, che abbiamo addirittura profetato in nome tuo e ora dici che non ci conosci?). Che lezione alla nostra prosopopea, all'orgoglio di vantarci di pensare di sapere tutto, di avere ragione noi su tutto e tutti, IO la penso così, IO penso che la chiesa si dovrebbe aggiornare, IO, IO, sempre io. Il primo insegnamento è che la verità è "roba grossa" e senza umiltà non si va da nessuna parte, che la verità è qualcosa (o forse Qualcuno) che ha il sapore di Dio. A nessuno dei due gruppi viene contestato l'aspetto dei peccati (voi buoni e voi altri cattivi) e nemmeno si parla della fede creduta (i tuoi dubbi, le tue cadute di tono spirituale) e, a dirla tutta, non si parla nemmeno di religioni: il mistero si infittisce.
A Gesù interessa come abbiamo agito: senza troppe elucubrazioni le nostre azioni svelano il nostro cuore. Chi ha servito Gesù vuol dire che ha fatto la volontà di Dio (anche se in modo inconsapevole), vuol dire che in piccolo è stato simile a Gesù che, appunto, si è preso cura dei piccoli e dei poveri, dei carcerati e dei malati... Ecco perché Gesù su quel trono dice che il Regno è loro (ricordatevi le beatitudini), addirittura preparato proprio per loro fin dalla fondazione del mondo, perché il regno è Suo e chi si è comportato come Lui, in Lui diventa egli stesso re, anche se non se ne è reso conto, per cui gli appartiene il Regno.
Che esperienza di libertà e di gratuità, che amore generoso! Noi siamo chiamati ad essere re se abbiamo capito Chi è il Re e come si fa il re. Il paradiso non è roba da angioletti sulle nuvole e arpe. Tante immagini di angeli in giro riflettono l'immaginario di un paradiso che Gesù svela non esistente. Il regno dei cieli è imparare a vivere come Gesù, cioè scoprire che la nostra vita è capace di donazione totale e in questo essere simili a Dio che ci ama, ci cerca come il pastore della prima lettura, che si mette davanti a noi e sconfigge la morte per noi nella seconda lettura, questo è il vero re perché ha cura del suo popolo. Vivere così è dono di Dio, non è frutto dello sforzo umano, l'esperienza dell'amore, come dicevo prima è esperienza di dono gratuito e totale, non si compra e non si strappa, non si merita (un neonato merita l'amore della mamma? Che merito può vantare? Questo è l'amore che Dio ha disposto all'inizio della vita per darci il "la"). Noi certo che siamo chiamati a "comportarci bene" ma non perché servano a Dio le nostre azioni, noi facciamo una cosa e Lui le altre, ovviamente no; il nostro agire prima di tutto trasforma noi stessi, agendo con Cristo io allargo il mio cuore, imparo un alfabeto diverso dell'amore.
Proprio per questo motivo, alcuni dei buoni saranno esclusi dal regno, perché hanno rifiutato quell'amore, il bene che hanno fatto non era per amore, né di Dio né dei fratelli, ma era un imparare ad accampar diritti nei Suoi confronti (vedi che sono buono, IO rimerito il paradiso, altro che dono o misericordia, è roba mia!). Perché alla base c'è un rifiuto di Dio e una proiezione del loro io smisurato, non servono Dio ma loro stessi: ricordate gli operai arrabbiati della vigna che vengono pagati allo stesso modo, o il figlio grande del padre buono, oppure il servo malvagio e infingardo del talento di domenica scorsa? Sono quelli che rifiutano l'amore gratuitamente offerto, per loro Dio non sarà mai loro re, altrimenti pensate che fatica fare un braccio di ferro eterno con Dio per estorcergli l'amore!
Come si può rovinare e sfigurare l'amore di Dio!
Capito perché dice che non li conosce? Perché non sono figli suoi? Capito perché questo brano è profezia, cioè svelamento della verità dei cuori e della storia?
Chi è Dio per me? Chi è il mio re?
La liturgia oggi fa festa grande perché il nostro re è Gesù, e tu?