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TESTO Commento su Isaia. 24, 16b-23; Prima Corinzi. 15, 22-28; Marco. 13, 1-27

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

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I domenica T. Avvento (Anno B) (13/11/2011)

Vangelo: Is 24, 16b-23; 1Cor 15, 22-28; Mc 13, 1-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,1-27

1Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». 2Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta».

3Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: 4«Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?».

5Gesù si mise a dire loro: «Badate che nessuno v’inganni! 6Molti verranno nel mio nome, dicendo: “Sono io”, e trarranno molti in inganno. 7E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre, non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. 8Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie: questo è l’inizio dei dolori.

9Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. 10Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. 11E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. 12Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 13Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.

14Quando vedrete l’abominio della devastazione presente là dove non è lecito – chi legge, comprenda –, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano sui monti, 15chi si trova sulla terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, 16e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. 17In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano!

18Pregate che ciò non accada d’inverno; 19perché quelli saranno giorni di tribolazione, quale non vi è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi sarà. 20E se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe. Ma, grazie agli eletti che egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni.

21Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là”, voi non credeteci; 22perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. 23Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto.

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

25le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

Lettura del profeta Isaia. 24, 16b-23
Dopo aver parlato della salvezza dei giusti che acclamano alla maestà di Dio e si rivolgono ai popoli invitandoli a glorificare il Signore (24, 14-16 a), il profeta Isaia riprende il racconto di un giudizio ineluttabile, causato particolarmente dalla perfidia di coloro che agiscono male. E su questa perfidia cade il giudizio che rovina il mondo. Tre parole in particolare si ripetono per identificare lo sconvolgimento del mondo abitato: "terrore, fossa e laccio". Riproducono l'angoscia e il disorientamento con molte immagini di vita quotidiana: l'ubriaco che barcolla, la tenda cui vengono a mancare i sostegni, la casa che cade.
Si parla di punizione "In alto, l'esercito di lassù" e si fa probabilmente riferimento agli idoli che vengono adorati da molti ebrei e che vengono eliminati, riferimento continuo delle ingiustizie e, nello stesso tempo, delle sicurezze che l'uomo porta nella sua malvagità.
Si parla anche dei re della terra e sembra che il racconto supponga tempi lunghi e diversi. L'impallidire del sole e della luna, ancora richiamo, probabilmente, delle divinità pagane che vengono sconfitte, lascia posto alla presenza luminosa del Signore in Gerusalemme, glorificato davanti "gli anziani". Questi non sembrano essere le autorità del sinedrio (non si è ancora costituito un popolo liberato) ma sono coloro che costituiscono la corte celeste, testimoni della vitalità e della forza di Dio.
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 15, 22-28
Nella prima lettera ai Corinzi S. Paolo sta sviluppando l'annuncio della risurrezione dei cristiani che prende consistenza dalla Risurrezione di Gesù. Ci sono molti testimoni (vv 5-8) ma alcuni, a Corinto, negano che i cristiani possano risorgere, dimenticando di riflettere sulla gloria di Gesù stesso. Una tale posizione si allinea con il pensiero dei Sadducei e con la negazione della risurrezione che viene fortemente avversata dalla filosofia greca.
S. Paolo non discute, ma afferma che la risurrezione dei credenti, a somiglianza di quella di Gesù, esprime una concezione globale della vita cristiana. Cristo è contrapposto ad Adamo. Il primo uomo aveva aperto la strada della morte, Gesù apre la strada della vita.
Viene usata qui l'immagine ebraica della "primizia": dono di novità offerto a Dio e inizio di abbondanza.
Nel linguaggio apocalittico, utilizzato nei racconti che riguardano la conclusione della storia, Cristo appare come colui che "consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e potestà e potenza". In questo modo si afferma che Gesù è il vero, unico e totale vincitore del peccato e quindi della morte. Gesù, in tal caso, si mostra Signore e Re, capace di vincere i nemici terribili di Dio e dell'uomo. Egli detronizzai potenti, i violenti, i dittatori. La verifica del potere qui è data non tanto all'adesione di una credenza a Cristo, ma dal coraggio di valorizzare ogni persona, prendendo a modello Gesù che vince perché si mette al posto degli ultimi.
Lettura del Vangelo secondo Marco. 13, 1-27
L'inizio del tempo dell'avvento, e quindi del nuovo cammino liturgico, ci apre al significato della storia, al nostro essere dentro questa realtà così ambigua, dolorosa e violenta.
Quale compito, quale progetto, quale itinerario fare?
E quindi quale messaggio di speranza è possibile offrire alla Comunità cristiana, visto che i fatti di ogni giorno manifestano rifiuti e povertà. Quando Marco scrive, siamo, tra l'altro, in tempi di particolari difficoltà economiche. Pestilenze e carestie si moltiplicano mentre il potere di Roma diventa sempre più pesante. Siamo nel periodo di Tiberio al tempo di Gesù e il tempo di Marco ha sperimentato i fatti drammatici di Nerone a Roma e quindi il seguito degli imperatori.
Eppure Marco vuole arrivare ad aiutare proprio in questi tempi questa comunità.
Gesù tratta degli ultimi eventi della storia di Gerusalemme, dice Marco e quindi della vita del mondo. L'occasione nasce dallo stupore di un discepolo che invita Gesù a guardare la bellezza del tempio (che sarà distrutto circa quarant'anni dopo, nel 70 d.C. da Tito). L'affermazione di Gesù gela l'entusiasmo. Dice: "Non rimarrà pietra su pietra che non venga distrutta". Più avanti, mentre è seduto sul Monte degli ulivi, l'osservazione fatta precedentemente ha stimolato la curiosità di quattro apostoli. L'ambientazione, per Marco che racconta, ha un grande significato simbolico. Ezechiele, il profeta, dice d'aver visto la gloria di Dio che abbandonava la soglia del tempio al momento della deportazione del popolo in Babilonia (Ez 10,18) e Gesù ha appena abbandonato il tempio. Secondo il profeta Zaccaria, il giorno del giudizio inizierà proprio sul Monte degli ulivi (Zc14,4), e Gesù parla del giudizio proprio in questo punto.
Il Vangelo di Marco, in questo capitolo 13, è talmente difficile e complesso che lo stesso evangelista avverte il lettore - cioè l'incaricato di leggere e interpretare questo suo brano - che il lettore capisca bene (v. 14).
Scrive Marco: "In quei giorni, dopo quella tribolazione". A quale tribolazione Gesù si sta riferendo? Alla distruzione del tempio e di Gerusalemme da parte dei romani.
Agli occhi di un israelita il fatto è scandaloso e un'immane catastrofe, ma per Gesù è soltanto l'inizio di un processo di liberazione per tutta l'umanità. Gesù parla usando il linguaggio tipico dei profeti, e prende in prestito dal profeta Isaia, nel capitolo 13, l'oracolo su Babilonia (Is13,10).
Un oracolo nel quale si annunzia, e questa è la speranza per il popolo, che "ogni regime che è basato sul potere, ha già in sé il germe della distruzione", e come ha detto il profeta Daniele, "ogni gigante ha i piedi d'argilla". Quindi Gesù, usando il linguaggio profetico, non annuncia una catastrofe che investe il mondo, ma una catastrofe che investe soltanto la sfera celeste, cioè il luogo dove risiedevano gli dei; "Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte" (vv 24-25). I popoli del Medio Oriente pensavano che dalle divinità del cielo dipendessero sventure e calamità e offrivano preghiere e sacrifici. E soprattutto, ambivano salire al cielo e restare come stelle le persone che detenevano il potere.
Gesù alle domande curiose non risponde, ma inizia una lunga catechesi sul comportamento dei credenti nel tempo della tragedia: "Nessuno vi inganni... badate a voi stessi... state attenti". Tutto il brano vuol essere una ricerca che anticipa, nonostante tutto, il dono della salvezza che Gesù porta ai suoi.
Il racconto non è fatto per sconcertare, ma per aiutare a capire i tempi della storia.
- Se si parla di persecuzione, si parla anche di proclamare a tutte le genti il Vangelo.

- Se si parla di processi, Gesù suggerisce di non preoccuparsi per ciò che si dirà.
- Se si annuncia che i credenti saranno odiati, dice anche che saranno salvati.
Il Signore si inserisce nella storia: Egli viene per lottare e punire la malvagità, ed è ignoto il tempo ed il come della conclusione di tutto.
Marco, per raccontare, si rifà ad avvenimenti passati o presenti.
- Il profeta Daniele (9,27) ricorda un fatto che suscitò orrore tra i fedeli. Infatti fu voluta dalle autorità l'introduzione della statua di Zeus nel Tempio di Gerusalemme, all'epoca della rivolta dei fratelli Maccabei (167-164 a.C.). Può far intendere "l'abominio della desolazione" (v.14).

- Episodi di sofferenza della comunità cristiana di Marco per tensioni suscitate nelle famiglie da qualche cristiano convertito, per il rinnovarsi di annunci di falsi profeti che pretendono di portare la novità di Dio; tutto questo deve mettere in guardia per situazioni che Gesù aveva previsto.

- Ma la conclusione della storia è nelle mani del Signore: "Vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria... manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti". E gli angeli non sono necessariamente esseri spirituali ma ogni mediatore della salvezza: infatti furono chiamati angeli Mosè (23,20) il Battista (Mc1,2) ed angeli possono essere anche i discepoli nel tempo della prova.
Il testo è ripreso dal profeta Daniele (7,13-14) sarà garanzia di un'autenticità del progetto che Dio ha fatto su Gesù il quale "radunerà i dispersi". E' il grande linguaggio del popolo d'Israele diviso. Gesù accennerà a questa profezia davanti al Sinedrio e a Caifa (Mt 26,64).

 

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