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TESTO Commenti su Luca 16,8

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Venerdì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (04/11/2011)

Vangelo: Lc 16,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Lc 16,8

Come vivere questa Parola?
Questa affermazione di Gesù viene quasi alla maniera di stringato commento della parabola che, a tutta prima, sembra avvallare un'ingiustizia. Il protagonista del racconto è una persona decisamente disonesta. Trovandosi nei guai nei riguardi del padrone di cui è amministratore, si rende amici proprio i debitori del padrone, condonando la gran parte dei debiti con un comportamento disonesto ma molto avveduto. Chi non sa che la scaltrezza è un'arma del cattivo uso di un'intelligenza a servizio di una vita intenta a mal fare, indipendentemente dalla legge di Dio e dalla propria coscienza?
Ecco: Gesù sceglie questo racconto perché vuol attirare l'attenzione su un elemento che ne è il perno. Qui non si tratta di accusare un comportamento disonesto, né un'avidità di appropriarsi di beni non propri, ma l'avvedutezza. Gesù vuol dire anche oggi a noi che se vogliamo il Regno di Dio anche dentro le strutture umane, se vogliamo che il bene s'imponga e la giustizia prevalga sull'ingiustizia, bisogna che siamo avveduti. Essere cristiano non vuol dire acquiescienza, tanto meno rinuncia all'intelligenza, al rigore professionale e all'impegno sociale. Non il buonismo ma la bontà che si fa intelletto di amore (per dirla con Dante) è servita da quell'avvedutezza che noi, figli della luce perché coscienti di essere figli di Dio, chiediamo al Signore di saper usare.
Gesù, intelligenza-sapienza del Padre, donaci l'intelligenza del cuore che, aiutato dalla tua grazia, affronta le situazioni per immettervi luce di giustizia e di amore.
La voce di un Dottore della Chiesa
E' il proprietario che deve essere signore della proprietà, non la proprietà signora del proprietario! Ma chiunque usa del patrimonio di cui dispone a proprio arbitrio, e non sa dare con larghezza né ripartire con i poveri, costui è servo dei propri averi, anziché signore di essi. Perché guarda alle ricchezze altrui come se fosse un domestico, e non usa di esse come se fosse un signore.
S. Ambrogio

 

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