TESTO Il Natale appartiene soprattutto a loro...
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
Natale del Signore - Messa del Giorno (25/12/2003)
Vangelo: Gv 1,1-18 (forma breve Gv 1,1-5.9-14)
1In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2Egli era, in principio, presso Dio:
3tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
4In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
6Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
9Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
11Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
12A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
16Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.
Oggi ci troveremo tutti attorno ad una tavola imbandita. Tutti. Compresi i nostri parenti che hanno sovraffollato in questi giorni i treni, le navi, le linee aeree abbandonando lo scoramento delle pene lavorativo a cui sono costretti tutto l'anno, magari fuori dalla propria patria e lo sgomento di trovarsi lontano dai propri cari e dalla terra d'origine.Non importa se per caso è passato troppo tempo tanto da non riconoscerci fisicamente gli uni gli altri, ma quello che conta è che si realizzi la dovuta armonia familiare attorno ad un panettone o ad una bottiglia di spumante. E non importa se qualche malinteso ha infranto i nostri rapporti in qualunque dimensione familiare o lavorativa: adesso la pace e la mutua concordia si ripristinano in virtù di questa simbiotica unione che formiamo anche nella spensieratezza di una tombola o di una partita a carte.
Ma stiamo davvero parlando del Natale? Si, stiamo trattando proprio di questo tema tralasciando per un istante le discettazioni esegetico - teologiche e le speculazioni astratte e speculative, mirando alla visione dei risultati che l'atmosfera e la gioia di questa festa stanno apportando: l'unità delle famiglie, il senso di benessere interiore che caratterizzerà la nostra giornata odierna e tutto il periodo delle feste, l'abbandono sia pure momentaneo delle nostre discordie e inimicizie, questo è quanto vuole apportare il mistero del Dio fattosi bambino. Il Verbo Incarnato che era "al principio" (Gen 1,1) prima che il mondo fosse e ora viene a visitare la nostra storia nelle vestigia di un bambino, non può che catturare la nostra attenzione e immergerci in un clima rinnovato di serenità e di pace interiore, tale e quale ai sentimenti dei pastori e dei Magi che accorrono alla grotta
"Nato da donna, nato sotto la Legge per riscattare quelli che erano sotto la Legge" afferma con veemenza San Paolo. Nato cioè sotto una condizione di annichilimento e di spoliazione, poiché questo Dio ha rinunciato alla propria autonomia e alle proprie prerogative di grandezza, pur mantenendole, e ha voluto essere uomo. Ma quando si dice "uomo" si vuole affermare per il nostro Dio non un'umanità "altolocata" dalle molteplici sicurezze economiche e sociali, non una preponderanza sugli altri uomini e sulle cose, né una propria autoaffermazione, ma un'umanità "propriamente detta", intrisa delle più deprimenti spietatezze quali la consumazione fisica e il sudore del lavoro, la sottomissione a leggi a volte ingiuste e opprimenti; e ancora le debolezze, le limitatezze, le paure, e i patimenti. Insomma Dio si è fatto uomo procurando di sperimentare sulla propria pelle l'intero consorzio mondano di cui ogni essere umano è sempre stato schiavo e da cui ha sempre subito umiliazioni e oppressioni, in altre parole scegliendo l'umanità più crudele, frustrante e sottomessa. Non per niente ancora San Paolo affermerà "Spogliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte d croce" .Tuttavia il motivo della nostra gioia è proprio questo: il fatto che Dio sin dall'infanzia abbia preferito condividere le nostre miserie e precarietà, rendendosi il "Dio con noi", venendo ad abitare in mezzo a noi. Nell'accezione greca "Abitare" di cui parla Giovanni vuol dire appunto "porre la propria tenda", cioè vivere in mezzo all'umanità stanca, stremata e peccatrice. Nell'Antico Testamento presso l'accampamento del popolo di Israele nel deserto si poteva incontrare Dio nella Tenda dell'incontro; ma adesso è proprio lui che pone la "sua" tenda, vale a dire la sua dimora, collocandosi nella storia e nel bel mezzo delle nostre avventure. Ed è in questo "venirci incontro" che il Verbo Incarnato esterna tutta la Sua onnipotenza superando i limiti dell'umana comprensione.
Ma se di spoliazione e di umiltà da parte del Verbo si sta trattando, non si può che concludere che Dio si sia reso nell'Incarnazione "servo" dell'uomo: il Bambino nato nella grotta e le conseguenti peripezie della fuga in Egitto affermano con vigore rinnovato che Dio ha a cuore l'umanità con cui condivide perfino l'infanzia più difficile e questo ai fini di rendersi operativo in modo concreto per tutti. Ma vi sono persone che si dispongono sulla linea del servizio, della generosità e dell'abnegazione verso gli altri, noncuranti dei propri interessi personali? C'è chi è disposto a rinunciare a qualcosa di "proprio" e di "legittimo" a beneficio degli altri? Certamente sì... E il Natale, in primo luogo, appartiene proprio a questa categoria di persone: per esempio, ci siamo dimenticati di quelle persone che il mese scorso hanno incontrato la morte nell'esercizio delle loro funzioni di pacificazione in Iraq? Delle famiglie che li hanno visti partire magari con zelo ed entusiasmo missionario per poi vederli ritornare cadaveri? Essi rappresentavano in quella terra lontana quanto di meglio possa esserci nel cuore degli Italiani: innanzitutto la gioventù del nostro paese, in realtà per nulla priva di ideali e di sentimenti, ma piuttosto disposta a lottare per quello in cui crede cercando giustamente in noi tutti la motivazione fondamentale per l'esternazione dei suddetti ideali; rappresentavano anche la nostra Nazione che, ripudiante i conflitti e le guerre, si prodiga per la tutela della pace e dell'ordine pubblico perfino in altri paesi; rappresentavano la generosità delle medesime famiglie che ora accettano il vuoto della loro mancanza... C'è insomma chi, sia pure inconsapevolmente, si impegna affinché il Verbo Incarnato possa essere voce e orientamento per tutti... Ed è giusto che loro "sappiano" che c'è il Natale; anzi, che il Natale appartiene a loro e alle loro famiglie. Abbiamo citato un solo esempio fra tanti altri; e potremmo ricordare le persone sole, chi vive situazioni di malattia e di rischio, chi si affanna per la vita quotidiana molte volte senza garanzie.... Il Natale appartiene soprattutto a loro...
LA PAROLA SI FA' VITA
--Questa mattina ci siamo risvegliati dopo una notte di gioia: quali i nostri sentimenti?
--Quali propositi mi suggerisce il Natale per il futuro?
--Natale con i tuoi... certamente! Ma quale valore diamo a questa famosa espressione, noi che affolliamo le chiese?
--Mandiamo un augurio libero e spontaneo a chi il Natale non lo festeggia come noi... Cosa dire loro?