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TESTO Commento su Baruc 3, 24-38, Seconda Timoteo 2, 19-22, Matteo 21, 10-17

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

Domenica della Dedicazione del Duomo di Milano, Chiesa Madre di tutti i fedeli ambrosiani (Anno A) (16/10/2011)

Vangelo: Bar 3, 24-38, 2Tm 2, 19-22, Mt 21, 10-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,10-17

10Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

12Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 13e disse loro: «Sta scritto:

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera.

Voi invece ne fate un covo di ladri».

14Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. 15Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, 16e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto:

Dalla bocca di bambini e di lattanti

hai tratto per te una lode?».

17Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.

Lettura del profeta Baruc 3, 24-38
Il profeta Baruc è identificato con il segretario e biografo di Geremia. Il testo del profeta Baruc, tuttavia, è del I secolo a. C., attribuito al segretario di Geremia del sec. VII/VI a. C. e ambientato durante l'esilio a Babilonia: sec. VI a. C. Anche se ha un linguaggio tipicamente ebraico, è stato inizialmente scritto in greco. Ma per questo motivo non è accettato né dalla tradizione ebraica né dalla tradizione protestante che segue il "canone" (elenco ufficiale dei libri sacri) ebraico. Si decise infatti a Jamnia, nel 90 d.C., che dovessero far parte dell'elenco dei libri sacri ebraici solo opere scritte originariamente in ebraico, anche se, come questo libro, prima della decisione di escluderlo dagli elenchi ufficiali, era letto nelle sinagoghe ebraiche.
Il tema fondamentale è lo splendore della Sapienza di Dio, capace di fare il mondo con prodigalità poiché tutto è grande, spazioso, immenso. La sua Sapienza è donata a chi Egli sceglie; non interessa né è sufficiente che ci siano giganti esperti nella guerra. La Sapienza è cosi alta che solo Dio la conosce e da lei ha preso la bellezza, lo splendore delle stelle, la varietà e la fantastica molteplicità degli animali. Egli la scruta con intelligenza, egli la possiede, egli la dona al suo popolo (Giacobbe - Israele). Di fatto ha scelto Israele come luogo di Sapienza, offrendole la Legge (la Torà: i primi cinque libri della Scrittura).
Quando il profeta parla, sviluppa una sua meditazione sulle vicende che il popolo d'Israele ha vissuto nella tragedia alcuni secoli prima: queste costituiscono un paradigma del ritmo della storia e dei rapporti con il Signore e vanno capiti e ricordati.
Il popolo ha abbandonato Dio e perciò è stato rifiutato, lontano dalla terra, in esilio a Babilonia. Ma il Signore non l'ha dimenticato. Egli, che ha creato nella sua magnificenza l'universo, ha amato la terra d'Israele e l'ha conservata. Ai suoi ha mandato la Parola dei profeti perché riportino la Sapienza del Signore nella sua originalità e la inseriscano nella vita del popolo.
Cosi il popolo piccolo e povero, che vive stentatamente sulla sua terra d'Israele, angosciato dalla dominazione straniera, si ritrova ad essere benefattore verso tutti gli uomini per quel dono che Dio gli fa: la Sapienza è venuta a vivere tra la gente. L'autore biblico sente che la grandezza della Sapienza, espressa nella capacità architettonica e scientifica di strutturare il mondo, in Israele si è trasformata in saggezza morale, capacità di condurre il popolo verso il riconoscimento della legge di Dio e quindi della sua alleanza.
"Chi è apparso sulla terra e ha vissuto fra gli uomini" (per gli ebrei) non è ancora Gesù, ovviamente, ma la legge di Dio che porta tutta la ricchezza di Dio. Tuttavia, in questo testo, si può leggere una delle più belle profezie del Messia che viene.
Nel Nuovo Testamento infatti, quando verrà Gesù, egli sarà la Sapienza nuova che abita tra noi. La Sapienza di Dio diventa la Parola di Dio che si fa carne.
E la cattedrale, che oggi ricordiamo, nel giorno del suo inizio di culto (la sua dedicazione a Dio), ne diventa il simbolo: costruzione maestosa, segno di intelligenza e forza, luogo di preghiera e di Parola, luogo di popolo che cerca la Sapienza del Signore e la sua presenza.
Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2, 19-22
San Paolo si rifà all'usanza edilizia di seppellire nelle fondamenta alcuni piccoli rotoli di pergamena con delle frasi.
La prima frase è teologica: messaggio di dono e di gioia che viene da Dio e che fa un riferimento significativo nell'episodio di Core che con i suoi si era ribellato a Mosè. Così Dio non lo aveva più accolto (Numeri 16,5 ss). Infatti "il Signore conosce i suoi" e cioè elegge ed ama. La comunità, in cui abitiamo, è scelta da Dio attraverso Gesù.
La seconda frase è morale e riguarda il comportamento: "Si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore". Infatti la comunità cristiana non vive di fatalismo o di privilegio, ma approfondisce il messaggio di Gesù, compiendo nella vita la propria operosità, lottando contro il male. Viene poi una riflessione, a modo di parabola, sulla casa (che è la comunità di Dio e dei cristiani) ove si constata la realtà e la si registra senza legittimarla. Ci sono recipienti "per usi vili" e altri "per usi nobili". Il far parte degli uni o degli altri dipende dalle scelte e dalla volontà di giustizia di ciascuno.
S. Paolo suggerisce di lavorare con impegno perché i fedeli continuino nella loro responsabilità senza lasciarsi contaminare da eresie o falsità.
"Sforzati, dice Paolo a Timoteo, di essere sempre all'altezza di una grande dignità: santificato, utile al padrone, pronto per ogni opera buona, ". E sempre a Timoteo, giovane responsabile della comunità, S. Paolo raccomanda la saggezza: "Fuggi le passioni giovanili", cercando le virtù cristiane "insieme a coloro che invocano il nome del Signore".
Lettura del Vangelo secondo Matteo 21, 10-17
Matteo ha raccontato, in precedenza, l'ingresso di Gesù in Gerusalemme. Chi accompagna Gesù sono i pellegrini che vengono da fuori. Anzi, visto che Gesù ha iniziato il suo cammino venendo dal Monte degli ulivi, è probabile che lo accompagnino dei Galilei che, nel tempo di Pasqua, durante il pellegrinaggio, usano accamparsi in quella zona. Gli abitanti di Gerusalemme sono disorientati e il verbo che esprime questa reazione è lo stesso che richiama il terremoto del tempo finale. È una città "presa da agitazione" di fronte al profeta che arriva e che conclude la storia. La folla risponde con una professione di fede in Gesù, profeta, mite e umile, accreditato presso Dio.
Gesù entra nel tempio e compie due tipi di gesti che disorientano le persone. Prima di tutto, nell'atrio detto dei pagani, o "Cortile dei gentili", trasformato in un mercato per la compravendita degli animali per i sacrifici del culto e per la presenza dei cambiavalute, rivendica il nuovo nome: "Il tempio è la casa di preghiera". Egli fa riferimento al profeta Isaia (56,7): "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti". Matteo ricorda solo la prima parte e dimentica la seconda: "per tutte le genti", perché probabilmente, quando scrive, sa che il tempio è stato distrutto prima che tutte le genti si potessero ivi radunare. Così il raduno sarà nel nuovo tempio: in Gesù, e quindi nella comunità cristiana.
Per sé i cambiavalute e i venditori di animali offrono un servizio ai pellegrini che desiderano compiere gesti di devozione e di culto. Ma questo mercato, per sé legittimo, dà luogo ad abusi e a ruberie. In più, toccare questo settore di commercio, probabilmente, intacca anche interessi particolari della classe sacerdotale che aveva riconosciuta una percentuale dai gesti di culto e dalle vendite.
Cacciare dal tempio le pecore e i buoi destinati al sacrificio può anche voler dire che ormai ci sarà un sacrificio nuovo e unico: quello dell'offerta della morte di Gesù al Padre.
"Si avvicinarono i ciechi e gli zoppi nel tempio e li guarì" (21,14). In 2 Samuele 5,7-8 un detto, che viene riferito da parte di Davide, esclude che "i ciechi e gli zoppi possano entrare nella Casa". Da qui l'abitudine a pensare che nel Tempio di Gerusalemme non potessero entrare ciechi e zoppi e comunque infermi e pagani. Il fatto che Gesù guarisca nel Tempio ricorda, a ciascuno, l'autorevolezza ancor più grande di quella di Davide stesso e garantisce, nello stesso tempo che, per loro e per tutti, il Tempio diventa il luogo della dignità e della novità.
Si intravvede così che Gesù, più grande di Davide, nelle offerte sacrificali, nel tempio stesso, è il nuovo tempio che formula e propone il più profondo dialogo con Dio, offrendo a ciascuno il vero volto del Padre.
Il Tempio nuovo porta alla consapevolezza di una dignità unica, alla grandezza della persona secondo il progetto di Dio, alla novità del vedere e del camminare che è propria del discepolo.
Nella Chiesa perciò i segni del nuovo culto ("guarisce ciechi e zoppi"), portato da Gesù, allenano a scoprire e a scegliere, a riflettere per capire e a maturare per cercare.
Non si può uscire, perciò, dalla chiesa che è luogo d'incontro con l'amore di Gesù celebrato e accolto, senza aver scoperto e condiviso, e quindi senza esserci messi in cammino perché il tempo è nuovo.
Così la fede in Gesù ci offre un orizzonte di santità e di preghiera, in ogni momento della giornata.
- Nasce il "culto spirituale" (Rom 12,1 ss.), ma nasce il nuovo stile nella comunità credente che è essenziale al dialogo con il Padre.

- Nasce la Chiesa che, essa stessa, nella sua fragilità, ha bisogno, insieme, di essere purificata e sempre richiamata alla grandezza del Dio Trinitario.

- Nasce il bisogno di saper vedere ogni giorno i segni di Dio ed il coraggio di accogliere le indicazioni di un cammino.

- Nascono anche alcune domande di revisione. Tra le altre. E' corretto che accettiamo che chi vive tra noi e lavora ed ha le stesse responsabilità e doveri e tasse come noi non sia riconosciuto nei suoi diritti come italiano? E che i bambini, nati da immigrati abitanti in Italia, non siano cittadini italiani? Ed è corretto che approfittiamo di un lavoro nero delle persone che sono sprovviste di permesso di soggiorno per ridurre i salari? Ed è corretto che facciamo discriminazione delle persone senza discuterne seriamente le cause e senza chiarire i condizionamenti a cui siamo soggetti (vedi la paura o il sospetto verso gli stranieri)?
Costruiamo una Chiesa degna dei valori e delle scelte di Gesù.

 

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