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TESTO Apparteniamo solo a Lui!

don Carlo Occelli   Jesus Inside

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/10/2011)

Vangelo: Mt 22,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,15-21

In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Dalle parabole alle diatribe. Siamo sempre nello stesso contesto: Gesù si trova nel tempio a Gerusalemme e lì predica la novità del regno. Ricordate i due figli a cui viene richiesto di andare a lavorare nella vigna, e poi i vignaioli omicidi ed infine l'invito a nozze? Siamo ancora qui a convertirci al Dio di Gesù, così diverso dallo sgorbio che talvolta ci costruiamo noi nelle nostre teste, così limpido come il celeste del cielo da queste parti.

Invitati a nozze, amici, non dimentichiamolo! In alto i cuori, viviamo il banchetto dell'eucaristia con gioia!

Ebbene, dopo aver raccontato Dio tramite le parabole, ora Gesù continua a discutere con gli anziani del popolo e i farisei. Non dimentichiamo che le pagine che noi abbiamo ascoltato spalmate in diverse domeniche, sono insegnamenti di Gesù pronunciati uno dietro l'altro nel tempio. Il Maestro, e l'evangelista Matteo alla propria comunità, sta sferrando una serie di colpi niente male a chi, proprio nel centro della religiosità ebraica, rifiuta di riconoscerlo come l'inviato di Dio.

Il contesto però s'infiamma sempre più! Dopo qualche mazzata di seguito, farisei & company cominciano ad innervosirsi un pochino!

Infastiditi dalla schiettezza di Gesù, provocati dalle sue parole che aprono alla scomoda e nuda verità, vogliono metterlo alla prova, senza aver la minima intenzione di convertirsi concedendo alla verità d'interpellare le loro libertà.

E noi? Ci nasconderemo ancora a questo Cristo che pone interrogativi?

Decisi da tempo a farlo fuori, costi quel che costi, i baciapile del tempio cominciano con i loro trabocchetti. Così, sotto forma di interrogatori, pongono dei tranelli al Nazareno.

Ad ogni interrogativo, Gesù risponde con una domanda più radicale. È così Gesù, ama la profondità, ama fare domande aprano a nuovi orizzonti di vita. Perché dentro di noi scorrono domande quanto scorre il sangue. Domande che dalla periferia di noi, giungono fino al cuore. D'altronde non siamo forse alla ricerca di un Dio che sappia riconoscere le profondità dei nostri cuori?

Mi piace questo Gesù che pone interrogativi, provoca, suscita una presa di posizione, interpella l'uso del cervello. Eh perbacco!, Gesù non ci riempie di nozioni su Dio, semina una Parola interrogante che evoca in noi la nostalgia di una vita altra, sparge a piene mani punti interrogativi dentro noi, perché da noi stessi giungiamo alla Verità.

La prima diatriba è tosta. Bisogna pagare le tasse all'invasore oppure no?

Questo benedetto tributo a Cesare era la tassa annuale che Roma richiedeva ad ogni singola persona adulta: un denaro. All'incirca il tributo lo versavano coloro che avevano dai 12 ai 65 anni. Comprendiamo anche l'importanza dei censimenti, utilissimo strumento per conoscere precisamente i contribuenti alle casse dell'impero.

È chiaro che se Gesù risponde affermativamente, si mette contro quelle folle a cui sta parlando, si piega all'autorità di un imperatore che si faceva chiamare "il divino", pertanto diventa idolatra e reo di condanna da parte delle autorità giudaiche. Proprio lui che si radica nella fede di Abramo di Isacco di Giacobbe, che parla tanto di regno di Dio, si piega forse a un Dio imperatore?

Se risponde con un no, allora incita alla ribellione contro il potere romano. Insomma sembra non avere scampi, al di là della risposta. Vogliono metterlo contro qualcuno, che siano le autorità religiose che lo accuserebbero di idolatria, che siano le folle che se ne andrebbero deluse e mugugnanti, che siano i romani che lo accuserebbero di incitamento alla rivolta.

Sciocchi! Non sapete che Cristo non è un "Dio-contro"? Ancora ignorate che Gesù non incarna altro potere divino che non sia la forza dell'amore?

E Gesù infatti non si mette contro. Hi hi, si prende persino burla di quei sapientoni. Si diverte. E non si lascia scappare l'occasione per dare loro degli ipocriti. Nel cara vecchia lingua greca ipocrita è l'attore, chi studia una parte differente dal suo vero io. Siete dei commedianti, dice Gesù! Degli attori che scappano da se stessi! Voi ora mi volete fare un tranello, fate finta di avere la puzza sotto il naso, di essere puri e duri, contro il potere romano e le sue ricchezze, semplicemente perché non avete intenzione di cacciare fuori il vostro contributo!

Continuate a vivere la fede recitando una parte! Fatemi vedere la moneta per il tributo!

Ohi ohi, qui viene il bello! Perché nell'area del tempio un ebreo non poteva portare monete con un'effige umana che si dichiarava Dio! Per questo motivo c'erano i cambiavalute! Neppure ci pensano, tirano fuori la moneta. Ma come? Proprio i pii farisei che erano ligi alle leggi tengono in tasca un denaro pagano?!

E in un attimo mostrano chi sia il loro vero Dio: le loro convenienze e i loro interessi. Fanno finta di essere distaccati, ma in tasca hanno di quelle monete! E ce l'hanno pure in cuore!
E noi? E tu?

Stai forse recitando una parte? Quella del pio parrocchiano? Quella del prete carismatico? Quella del puritano... Stai recitando con Dio? Ipocrita.

Amici, smettiamo di recitare in chiesa come in casa, in parrocchia ed in ufficio, davanti a noi stessi o davanti a Dio, ai nostri figli come ai vicini di casa.
Restituite a Cesare quel che è di Cesare...

Dategli ciò che gli appartiene, né più né meno. Collaborare al bene comune è un dovere morale, le tasse a Roma vanno pagate, allora come adesso. Tanto per intenderci!

Quei farisei si nascondono dietro un falso problema di coscienza. Su questo Gesù è chiarissimo: ognuno è chiamato a contribuire al bene comune! Non possiamo esimerci da questo. E questo ce lo ricordiamo noi cristiani oggi: pagare il tributo è partecipare alla vita comune di un popolo. Non esistono scappatoie. A meno di recitare, di sentirci dire in faccia "ipocriti".

Ma le parole di Gesù continuano: restituite a Dio quel che è di Dio! E cosa è di Dio?

Se sulla moneta romana c'era l'effige di Tiberio, l'uomo porta dentro sé un'altra effige. Si scrive uomo, si legge Cristo. Voluti ad immagine di Dio, portiamo misteriosamente dentro noi l'immagine di Cristo! Nessun Cesare può prendersi la nostra libertà, a nessun Tiberio di turno appartiene l'uomo, se non a Dio!

Ma attenzione: apparteniamo a Dio non come schiavi, non è un'appartenenza che ci rende sudditi soggiogati. No! Gli apparteniamo come libertà!

Sì, noi siamo di Dio, pienamente liberi di essere noi stessi.

Dio si fida delle nostre libertà, delle nostre capacità di prenderci cura del bene comune.

Amico, occupati di dare a Cesare quel che è suo, occupati di costruire questo mondo nella giustizia e nella solidarietà comune.
Amico, occupati di te. Dell'immagine che t'appartiene.

Ancora, riscopriamo il nostro abito: rivestiamoci di Cristo, profumiamo il mondo di lui!

 

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