TESTO Gioiosi, ma ad una condizione...
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
II Domenica di Avvento (Anno C) (07/12/2003)
Vangelo: Lc 3,1-6
1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
5Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
La domenica precedente affermavamo che nel periodo di Avvento non si può non coltivare la gioia dell'attesa e lo spirito di letizia che contraddistingue l'attesa del Signore che viene; il periodo liturgico che stiamo attraversando infatti è tempo di rinnovamento e se la novità in linea generale suscita sempre interesse, essa assume ancora più rilevanza quando verte a vantaggio e a salvezza dell'uomo. E tale è la proposta che si riscontra nella liturgia di queste settimane.
Per meglio spiegarci, gettiamo subito uno sguardo sulla prima Lettura odierna tratta dal libro di Baruc: il profeta annuncia per Gerusalemme tempi di gioia dovuti alle prodigiose opere che Dio sta per compiere in lei, e cioè la liberazione dall'esilio babilonese e la conseguente letizia nella riconciliazione con il Signore, una volta perdonati i suoi peccati. Il linguaggio è abbastanza plastico e significativo: pur di intervenire a favore del popolo oppresso dalla schiavitù esiliaca, Dio sconvolgerà perfino gli elementi geografici nello spianare le montagne e colmare le valli; e questo ai fini di ripristinare l'antico splendore della stessa Gerusalemme e di mostrare così la sua infinita misericordia.
Occasione unica quindi per trovare motivi di contentezza e di esultanza.
Così anche nel Vangelo di Luca si riscontra la possibilità della gioia nella consapevolezza che "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio"; Dio interverrà cioè in modo definitivo nella storia per presenziarvi e apportare in sé un punto di riferimento definitivo nella persona di Gesù Cristo, che condividerà in tutto le vicende dell'umanità instaurando la logica del Regno a partire dal cuore umano, e per questo vi saranno nuovi orizzonti di salvezza.
Ciò nondimeno la gioia e la letizia suppongono sempre una condizione ineccepibile da parte dell'uomo: la conversione. Se Dio mostra sollecitudine nei confronti dell'umanità, da parte di questa non deve mancare la corrispondenza ai disegni salvifici divini, cioè l'atteggiamento con il quale si accetta la gratuità del dono e ad esso ci si sottomette.
Convertirsi vuol dire infatti prendere atto che Dio –Lui per primo- ti chiama alla comunione con sé; convincersi dei benefici e delle prospettive di gioia e realizzazione che questa comunione comporta, disporsi ad accogliere il dono di Dio con semplicità, sensibilità e spirito di sottomissione; quindi aderirvi attraverso una pratica di vita coerente e conforme ai divini voleri medesimi. La conversione è pertanto innanzitutto un radicale sconvolgimento della mentalità, quindi dei costumi, delle abitudini terrene per l'accoglienza degli schemi di pensiero che provengono dal Cielo, e di conseguenza un cambiamento della propria vita secondo la logica del bene.
Non per niente Giovanni Battista si qualifica "Voce di uno che grida nel deserto"; secondo i biblisti questo luogo solitario e desolato attesta alla possibilità dell'incontro fra l'uomo e Dio (Cipriani), ma lo si potrebbe identificare anche con lo stato di confusione e di smarrimento in cui noi ci si trova nella perseverante situazione di peccato e di debolezza morale: ci si crea il "deserto" nella nostra vita tutte le volte che ci si illude di trovare vie di realizzazione nella nostra stessa caparbietà e si tende a collocare se stessi al centro della vita e della storia; il deserto lo vive chi si trova in una condizione di perversione morale, chi si assoggetta al vizio, alle effimeratezze e alle voluttà trovando felicità passeggere...
Ebbene nel "deserto" Dio manifesta innanzitutto la sua "voce".
Una canzone degli anni '60 è sempre la stessa musicalmente e nelle parole; tuttavia la si ascolta più volentieri dalla voce dell'interprete più appropriato: c'è chi la preferisce cantata da un artista, chi da un altro, ma il cantante preferito ne favorisce oltre che il gusto anche l'assimilazione.
In modo analogo, nel "deserto" Dio manifesta la sua "voce"; il che vuol dire che ti chiama all'ascolto e all'attenzione rivolta a Lui medesimo, alla sua stessa presenza nella tua vita illusoria e sproporzionata, al suo procedere nel tuo mondo vitale e spirituale.
Se si ascolta la "voce" si assimilerà di conseguenza la "Parola di Dio".
Ed è per questo che sarebbe molto vantaggioso in questo periodo di Avvento se noi si concedesse più spazio al raccoglimento e al silenzio, magari per mezzo di un ritiro spirituale in vista del Natale, da svolgersi possibilmente in luoghi che favoriscano la solitudine, l'isolamento e la contemplazione. Lontano dai rumori, non soltanto si ascolta la Parola di Dio ma si percepisce anche la "voce". E ci si incoraggia alla conversione e alla gioia.
LA PAROLA SI FA' VITA
-Spunti per la riflessione-
--Riesco a vivere questi primi giorni di Avvento nello spirito della gioia?
--E quali elementi motivano questa mia letizia? La sola prospettiva delle vacanze e dei banchetti, o i vantaggi di un rinnovamento spirituale?
--Come interpreto IO la conversione? Come vorrei che si realizzasse presso gli altri?
--Riesco a trovare maggiore spazio di tempo da dedicare esclusivamente a Dio nella preghiera?