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TESTO Passeggiando con Gesù

don Carlo Occelli   Jesus Inside

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/10/2011)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Giovedì 29 settembre. Ore 10:31. Vibra il cellu. Ricevo un gradito sms: "Ciao Ocio, come stai? Hai un po' di tempo oggi? Ci facciamo due passi insieme? Potremmo trovarci a... (il luogo è top secret. Ndr) Per l'ora dimmi tu...". Firmato Gesù.

Yuppie! Certo che mi va. Così rispondo subito, oggi è festa patronale a Cuneo ed io mi regalo una camminata di fiducia.

Le passeggiate con Gesù sono piacevolissime, si parte con il gusto del cammino e del racconto. Non importa verso dove andiamo, ma semplicemente il nostro andare insieme per stradine e viottoli, su ciclabili o marciapiedi... Le confidenze si srotolano piano piano come gomitoli di lana, qui in parole là in silenzi, ora in sorrisi ora in sospiri.

Questa volta è lui che ha voglia di parlare. Ed io sono felice, è così bello sentirlo raccontare. Continua lo sfogo degli ultimi tempi. Uno sfogo intimo, rammaricato. E teneramente umano.

Racconta di un uomo e della sua vigna, di una scena usuale in Palestina: non sono pochi coloro che posseggono delle terre e le lasciano ad affittuari. Narra, il Maestro, una storia che viene da lontano, eppure snocciola quel racconto con il ricordo negli occhi, come se avesse visto di persona l'accaduto, come se fosse anche lui immischiato in quegli eventi.

Sono colpito da come Gesù descrive quell'uomo e la cura che ha adottato verso il terreno nel quale ha piantato la vigna. Ha circondato ha scavato ha costruito. Un uomo che si prende cura di ciò che gli è stato affidato, un uomo che costruisce, un uomo che ha a cuore il suo lavoro. Gesù ne parla con una passione incredibile, gli si illuminano gli occhi quando nomina quell'uomo. Capisco...

(Lo so che Gesù mi parla di Dio, lo so dalla tenera età. Eppure lo devo imparare ogni volta. Lo devo intuire da capo. Allora dentro me qualcosa si muove e mi ritrovo in cammino sul serio. E costruisco anch'io, come questo Dio vignaiolo costruttore.)

E così, in pochi chilometri, Gesù mi racconta il dramma di Israele e di un Dio che le ha provate tutte con il suo popolo. Eppure niente. Gli affittuari (gli israeliti) si sono sentiti padroni, interessati ad incassare i frutti, a prendere tutto il possibile. Vogliono sfruttare l'occasione, a qualsiasi costo, passando sopra tutto, fossero anche le vite altrui.

Quanto sono a me contemporanei quegli uomini: interessati allo sfruttamento della vigna in ogni modo, inchiodati all'onnipotenza del verbo prendere, dimentichi ormai del verbo donare. Ciò che conta è accalappiarsi il più possibile nella vigna. Che essa sia la politica piuttosto che la nostra terra, che sia la chiesa piuttosto che lo stato, la scuola come il circolo privato: scorre la voce del verbo prendere, sempre più grande, sempre più in piena.

Ci arrenderemo a tutto ciò? Oseremo rialzare la testa e girovagare incuriositi alla ricerca dello smarrito verbo donare? Possibile che sia stato nascosto così bene? Oseremo cercare il lumicino nella tenebra?

Gesù continua con la sua storia. Parla di un figlio, ed ora è chiaro che parla di sé. Mi ricorda dei suoi ultimi tre anni, degli entusiasmi e delle passioni, di coloro che lo hanno seguito, delle parole dette con amore, delle beatitudini e della perla preziosa, del cielo e della terra, del lievito e del tesoro...
S'infiamma s'accalora e si commuove.

È sceso anche lui nella vigna, ancora e più che mai, per prendersi cura di ogni tralcio. Eppure le cose da tempo hanno preso un'altra piega, le folle pretendono i miracoli, vogliono riempirsi la pancia e basta, i fedelissimi litigano su chi sia il più grande, s'accapigliano per le poltrone da spartirsi.
Tira una brutta aria. Il Golgota si profila all'orizzonte.

Uccideranno anche il figlio quel manipolo di affittuari senza scrupoli? Arriveranno a tanto?

So che è andata così. Mi vien voglia di giudicare con troppa facilità coloro che hanno condannato il figlio. Con disinvoltura dico a me stesso: "Io no, io non farei mai una cosa simile". Come è possibile gettare fuori il figlio? Come è comprensibile la loro cecità ed ottusità? Chi credevano d'essere?

Così mi sfogo con Gesù, gli butto in faccia tutto quel che penso di quei bastardi mercenari.
E Gesù mi guarda... e parla...

Non sai che la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo? Non sai che Dio fa fiorire i deserti? Che il crimine degli uomini verso il figlio è divenuta la meraviglia di Dio?

Fuori dall'immaginazione, eppure con Lui accanto a me, stoppo il mio passeggiare. E mi ritrovo a credermi migliore di altri per la mia fede in Cristo, mi ritengo superiore per il mio modo di vivere, mi sento padrone del mio contesto, padrone di questo mio piccolo grande mondo.
È così ho buttato anch'io fuori Cristo dalla vigna.

Sì, l'ho buttato fuori a calci: son sceso a compromessi con il potere di questo mondo, ho instaurato legami dubbi per avere un tornaconto (sempre per il bene della chiesa, s'intende), impantanato nelle leggi da rispettare e nelle rubriche salva coscienza.

Ho buttato fuori Cristo, radicato solo più in me stesso e nel mio ruolo social-culturale, appeso all'applausometro ecclesiale, schiavo dei complimenti striscianti, invidioso della bellezza altrui. Accecato dal verbo prendere. Prendere la giusta poltrona, prendere punti di fronte a Tizio e Caio, prendere tempo...

Ecco, alla fine si svela l'identità del peccato: ho sostituito Dio con io, mi son fatto padrone di tutto, compresi i frutti della vigna. Ho mentito a me stesso. Ho radicato me in me. Ora sono albero senza radici e senza fusto, senza riserve di cielo ed così orfano di terra.

E Gesù mi guarda...

E mi lascio guardare. La pietra scartata dai costruttori è divenuta meraviglia...
È nella tenebra che risplende la luce...

Allora riprendo il cammino, si muovono ancora i piedi e si sciolgono ancora le parole. Ed in Lui ritrovo il mio cielo, le mie radici. Con il salmista mi sento beato perché radicato in Cristo, come albero piantato lungo corsi d'acqua che darà frutti a suo tempo.

Così nello sfogo di Cristo fondo le mie radici, nella pietra scartata poggio la mia vita, nel verbo donare coniugo il mio passeggiare in questo mondo.

Rientro a casa, grato a Cristo che cammina con me. Si racconta con sincerità e nelle sue parole ritrovo il profumo della mia vita.
E riparto declinando il verbo donare...

 

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