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TESTO Sincerità e coerenza davanti a Dio

don Roberto Rossi   Parrocchia Regina Pacis

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/09/2011)

Vangelo: Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

La parabola del Vangelo condanna un cristianesimo fatto di parole, di proclami, di professione di fede, ma vuoto di fat­ti concreti e convincenti.

Non bastano le prese di posizione. Alle parole devono seguire le azioni. Alle parole deve seguire la condotta coe­rente e l'esempio personale. Al «Credo» che recitiamo, deve seguire una vita che non lo smentisca clamorosamente!

Scriveva giustamente San Cipriano: «Mostriamo con i fatti ciò che crediamo e diciamo di essere». Quanta incoe­renza ci può essere nella vita cristiana! Ci può essere il cristiano che dice sì a Dio nelle affermazioni di principio, nella difesa delle tradi­zioni religiose, nelle pratiche... ma poi si mostra duro nei confronti del prossimo. Rifiuta il per­dono. Non esita a ferire, a umiliare, a disprezzare, a diffon­dere la calunnia e il pettegolezzo...

Il primo figlio della parabola: Ha detto subito sì, e poi è stato no! Ma proprio il rifiuto ad amare, a rispettare gli altri, an­nulla tutti gli altri sì. Possiamo anche illuderci di lavorare per la Chiesa e nella Chiesa. Ma se non facciamo opere di carità e di verità, il nostro lavoro è inutile. C'è anche il cristiano che bada alla facciata, all'apparen­za, al rispetto delle forme. Ma che nasconde l'opportunismo, il calcolo interessato. E nella nostra società, tante volte, ven­gono premiate proprio queste persone, sempre pronte al sor­riso, all'inchino, all'applauso servile...

Ma, abbiamo sentito le parole severe della prima lettura: «Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?». Per fortuna Dio guarda il cuore!

Per vivere un cristianesimo autentico dovremo praticare quello che dice San Paolo nella seconda lettura: «Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria. Ognuno di voi consi­deri gli altri superiori a se stesso. Non cercate il vostro inte­resse, ma quello degli altri...». E' un cammino importante. C'è un proverbio che afferma: «Chi vuoI fare qualcosa trova un mezzo; chi non vuoI fare nulla, trova una scusa». Non cer­chiamo alibi al nostro impegno! Se non vogliamo vederci sorpassare dai chi si è convertito anche da situazioni difficili e vive con fedeltà e coerenza, è necessario che risvegliamo il nostro modo di vivere la fede.

"Invece di perdere tempo a giudicare, a criticare, a condannare gli altri, rispon­diamo sì a Dio, e invece di muovere la lingua muoviamo le mani e il cuore" (Leonardo Sapienza). «Non avremo mai finito di cominciare ad essere cristiani!» (G. Bessière).

Testimonianza di un sacerdote.

Non ho mai fatto un mistero della mia convinzione che in questo nostro mondo, letteralmente sommerso dalle parole o forse in maniera più vera dalle chiacchiere, solamente la testimonianza di convinzioni più profonde, di sogni e di ideali, hanno qualche probabilità di incidere sulle coscienze. Quando accendo la radio in macchina, c'è sempre qualcuno che parla sugli argomenti più svariati. Talvolta provo invidia a sentire persone che hanno voci piacevoli ed un modo di dialogare scorrevole e suadente, mentre io, non ho né questo né quello, e talvolta mi irrito per tante parole inutili e fatue. Mentre quando colgo qualche testimonianza positiva, quella si conficca sulla coscienza come un chiodo affilato e profondo.

Domenica mattina, nel mio andare tra sacrestia e chiesa, mi accorsi del volto di una persona che conoscevo. Per qualche mese questo signore ci aveva dato una mano ai magazzini. Sapevo che stava cercando un bar da gestire e qualche settimana prima mi aveva informato che aveva cominciato il suo lavoro. Rimasi sorpreso di trovarmelo di domenica in chiesa in attesa della messa. "Come mai, ma non mi aveva detto che aveva cominciato a gestire il locale?" - "Si di certo, ho già cominciato!" - "Ed allora come mai è qua?" - "Mia moglie ed io abbiamo scelto che di domenica teniamo chiuso, sia per il riposo festivo che a motivo delle pratiche di pietà!" Rimasi di stucco. Io prete non mi sarei mai aspettato una risposta che dovrebbe essere la più ovvia e la più scontata per un cristiano e tanto più per un prete!

Il barista faceva festa alla domenica, il giorno in cui molto probabilmente avrebbe potuto guadagnare di più, faceva festa per i motivi di coerenza religiosa!

Il barista che fa festa alla domenica, mi ha fatto più bene dell'ultima enciclica di Papa Benedetto! Così potrebbe essere per lo sport e per tanti altri settori della vita sociale....

 

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