PERFEZIONA LA RICERCA

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Isaia 63, 19b - 64,10; Ebrei 9, 1-12; Giovanni 6, 24-35

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

()

Vangelo: Is 63, 19b - 64,10; Eb 9, 1-12; Gv 6, 24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Lettura del profeta Isaia 63, 19b - 64,10
L'esperienza drammatica della distruzione di Gerusalemme, avvenuta alcuni anni prima, è rimasta nel ricordo dei deportati a Babilonia come una enorme e sorprendente umiliazione. Nel luglio del 587 a.C. i Babilonesi demolirono le mura della città santa, incendiarono i palazzi, le case del re e il tempio; gli Edomiti, al seguito dei Babilonesi, si gettarono anche loro nella strage del popolo d'Israele (sal 137,7).
I deportati continuarono a cercare le ragioni di questa sciagura, sapendo di essere un popolo santo, amato da Dio e liberato dalla schiavitù alcuni secoli prima, attraverso Mosé. Questo brano è una grande preghiera, una delle più belle della Scrittura, in cui Dio è chiamato Padre e Redentore (v 16).
La tragedia dimostra che Dio è lontano e questa lontananza ha rovinato il popolo, non più disposto al timore di Dio, non più consapevole della propria dipendenza da Lui, della sua potenza e del suo amore. Il Signore si è ritirato al di là del cielo. E la terra non percepisce più né il suo potere di protezione, né la sua potenza. "S'è allontanato perché abbiamo peccato e ci siamo ribellati, diventando così, senza rendercene conto, una cosa impura e un panno immondo".
"Solo tu sei il nostro Padre" perché non ci sono più padri a cui rivolgersi. "Abramo non ci riconosce e Israele (Giacobbe) non si ricorda di noi" (v 16). Solo Dio è Padre.
Questa è la prima volta che si applica a Dio questo attributo nella Scrittura. Gli ebrei erano restii a chiamare Dio Padre come, spesso, i popoli pagani chiamavano i loro dei. Un tale linguaggio avrebbe facilmente equivocato su ipotetici matrimoni con "le figlie degli uomini" come la mitologia pagana, invece, ricordava facilmente.
Qui il rapporto è una profonda meditazione che risale all'incontro con il Signore nel deserto, alla protezione e all'itinerario di molti anni, alla iniziale conversione del cuore mentre il Signore, passo passo, proteggeva il suo popolo.
È' anche suggestivo il richiamo a Dio come "Redentore" perché ci si riferisce ad una cultura radicata di responsabilità e di rispetto verso i propri parenti. In caso in cui un membro della famiglia avesse perso la libertà o perché prigioniero o perché oberato di debiti, il parente prossimo diventa moralmente responsabile della schiavitù e quindi si impegna a riscattare lo schiavo con una somma di riscatto o addirittura consegnandosi, in sostituzione del proprio congiunto. Ora, purtroppo, pensa il popolo pentito, non ci sono padri e non ci sono possibili redentori: resta solo Dio che è l'unica speranza nuova. Il testo riassume la memoria riconquistata della potenza di Dio liberante, del proprio abbandono, e rilegge la desolazione della città deserta e del Tempio distrutto come prova del male avvenuto e quindi come prova del castigo di Dio. Tutto il testo è coraggioso: rilegge la propria storia e accetta di mettersi nelle mani di Dio di cui, comunque, ci si fida.
Ma tutto il testo apre anche ai grandi interrogativi della vita: perché il dolore, perché il male, perché le distruzioni, perché la morte, perché una sofferenza così drammatica a un popolo, se Dio è Padre ed unico Redentore?. L'interrogativo fondamentale tocca anche noi tutti, e prospetta il mistero della libertà dell'uomo che spesso apre alla tragedia che il male provoca nel cuore e nel mondo. In questa lettura e questa esperienza, la presenza di Dio di fronte alle tragedie, nel rispetto della libertà di ciascuno, sembra impotente.
Nell'oscurità della nostra storia, però, c'è bisogno di persone che continuino a fidarsi di Dio. Nella loro giustizia conservano la speranza per il mondo e il perdono Dio. "Almeno dieci giusti" (La preghiera di Abramo Gen 18,17-33).
Lettera agli Ebrei 9, 1-12
L'autore biblico ha annunciato la nuova Alleanza nel cap 8. Ora, nel capitolo successivo, ritorna a delineare, con molta attenzione e molti particolari, le prescrizioni che legavano l'Alleanza al culto del Tempio. La particolareggiata e minuziosa descrizione fa memoria delle prescrizioni dell'Esodo (capitoli 25-26) e manifesta la competenza e l'esperienza ebraica sacerdotale. Si parla di tenda e quindi ci si rifà alle origini, al tempo dell'uscita dall'Egitto mentre non si parla del Tempio, anche se è continuamente sottinteso. Viene ricordata la divisione della tenda in due parti in cui si svolgeva il culto. Nella prima parte della tenda i sacerdoti offrivano i doni del popolo, nella seconda, solo una volta all'anno, nel giorno dell'espiazione, solo il sommo sacerdote, spargeva il sangue per la purificazione del popolo e del sacerdote stesso. Le due parti sono separate da una pesante cortina ( il velo) che non poteva essere superato da nessun altro e nessun altro tempo. La tenda è espressione del tempo presente, dice l'autore, con offerte di doni e abluzioni: tutte queste prescrizioni umane valgono per il tempo dell'attesa.
In questo caso "lo Spirito Santo intendeva mostrare che non era ancora aperta la via del santuario definitivo".
"È Gesù colui che viene nella tenda perfetta, non costruita da mano d'uomo, non appartenente alla creazione, e vi entra una volta per sempre con il suo sangue ". In tal modo ottiene una redenzione eterna.
L'antico culto provvisorio ha svolto la sua missione e funzione per il tempo di attesa, ma è Gesù che porta "i beni futuri", che sono la salvezza, la vita e la felicità eterna nella casa di Dio, ormai aperta a tutti. Non ci sono più veli, non ci sono doni da offrire, non c'è selezione: Gesù porta la salvezza a tutti per sempre.
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 6, 24-35
Giovanni dedica tutto il capitolo 6° al racconto della condivisione di Gesù con la folla e quindi, per gradi diversi, al significato della sua presenza, iniziando dal miracolo del pane.
- Egli comincia con il messaggio nuovo della sua Parola, di cui la gente è affascinata.

- Successivamente sfama le persone presenti con il pane ed i pesci.
- Quindi inizia la spiegazione dei segni e la rivelazione di ciò che Egli è: "Inviato da Dio e Figlio, offre il pane vero e la sua vita".
5000 persone si sono sfamate perché Gesù ha condiviso con loro cinque pani e due pesci, aiutato dai discepoli che si sono fatti tramite della distribuzione, fra i gruppetti di persone presenti.
La gente è letteralmente esplosa, nello stupore di aver trovato la grande soluzione ai propri problemi e progetti politici. Hanno così deciso di eleggere Gesù come re- Messia.
Gesù fugge sulla montagna e i discepoli, restati soli, probabilmente un po' delusi, risalgono sulla barca e ritornano a Cafarnao.
La spiaggia è rimasta deserta e quelli che arrivano, non trovando più né Gesù né i discepoli, rivolgono le vele, anch'essi, verso Cafàrnao. Nel frattempo Gesù è sceso dal monte, ha raggiunto i discepoli camminando sull'acqua, li ha rassicurati, impauriti per la violenza del mare e quindi è giunto con loro a Cafàrnao.
La gente, che lo cerca, fa una domanda d'obbligo, stupita di trovarlo all'altra parte del lago, mentre si sono accertati che Gesù non è salito con i suoi. "Quando sei venuto qui?"
Gesù non risponde alla domanda, ma entra nel merito della loro ricerca. Richiama i propri interlocutori alla consapevolezza delle proprie motivazione e, senza aver bisogno di indovinare troppo, ricorda loro che stanno equivocando completamente l'interpretazione del loro incontro. Essi non sanno cogliere i segni, ma desiderano solo trovare soluzioni alla loro ricerca di pane.
Di fatto i segni sono molti:
- C'è il significato della parola nuova che ha investito il loro cuore e che è il vero alimento della loro esistenza.

- Ma c'è, insieme, la compassione per i bisogni delle persone che induce ad inventare un modo nuovo e creativo per superare l'indigenza del momento. Quindi, davanti alle difficoltà, è necessaria la consapevolezza che, se ciascuno fa le verifiche delle proprie risorse, per quanto piccole possano essere, se si offrono gratuitamente, sfamano gli altri.

- E se Il segno è la condivisione: spezzare per distribuire, bisogna correggere anche il nostro linguaggio. Nel Vangelo non si parla mai di moltiplicazione dei pani (come noi normalmente ci esprimiamo) ma la dizione "moltiplicazione" si trova solo nei titoli che si stampano per separare i testi.. Gesù non compie l'operazione di moltiplicare il pane, per quanto a noi debba sembrare strano, ma Gesù "spezza il pane" e continua a spezzare per condividere. "Moltiplicare" è un termine economico, "condividere" è un termine di vita, di responsabilità che non seleziona nessuno, ma fa aprire gli occhi sui bisogni. In tal modo ci si abitua ad uscire dal proprio piccolo orizzonte di paure e di pretese, di esigenze e di potere, e insieme si compie una fraternità.

- Tra i tanti segni da interpretare (indicazioni, tracce, sentieri) c'è anche la fuga di Gesù sul monte per non accettare la proclamazione della regalità sul campo; ma questo significa ritrovarsi nella solitudine.

- Ma poi Gesù ritorna tra la gente: vuole aiutare a capire e non vuol manipolare nessuno, né ingannare. Una mancanza di spiegazione corrisponderebbe ad un tradimento. Gesù, invece, spinge oltre l'orizzonte di una propria gloria per giungere alla comunione con il Padre e nella piena fiducia in Lui.
- Tanti altri segni si sono manifestati, come la non-violenza e come la gratuità che non vuole contropartite.
Continua, allora, ovviamente, la domanda che Gesù per primo ha posto: "Perché mi cercate?". Non è spesso una ricerca di soddisfazione, di interessi personali e quindi di guarigioni, di soluzioni di problemi e di carriere, di danaro o dello star bene? "Cercare il cibo che non perisce" corrisponde al cercare la volontà di Dio e a non esaurire la propria ricerca nel successo, nel benessere, nella salute, nella protezione contro le difficoltà della vita.
Gesù insiste che "il nuovo pane è Lui e il Padre su di lui ha messo il suo sigillo".
E mentre propone e suggerisce, offrendo nuove prospettive, utilizza l'immagine del lavoro (nel verbo greco): "Datevi da fare" (v 27). L'illusione di trovare soluzioni pronte, con Gesù, si profila nella prospettiva di lavoro più difficile.
A questo punto, però, la folla fa una richiesta interessante. Infatti, se in una ricerca si discute e si arriva alla domanda: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio"?, è un buon segno: si comincia a camminare insieme, e si aprono disponibilità di comprensione.
Ma la risposta di Gesù riapre abissi di incomprensione. "Non è il fare ma il credere in colui che il Padre ha mandato. Questa è l'opera di Dio".
Gesù sa che il popolo d'Israele è particolarmente "disponibile a fare": la legge si è infittita di infinite regole che un buon ebreo si impegna a rispettare tutte. Il problema che Gesù torna a porre non è, prima di tutto, il fare ma è il cambiamento di cuore e il modo nuovo di impostare la vita. Perciò bisogna lavorare per fidarsi profondamente di Gesù, condividere le sue scelte, disposti a giocarsi la propria vita perché egli è l'unica realtà di valore.
La richiesta è troppo alta. Crollano fiducia e simpatia. A questo punto ci si contrappone "Che segni dai?" Gli chiedono allora "segni e opere perché vediamo e crediamo". In fondo Mosè, dicono, è più grande perché ha mantenuto il suo popolo per quarant'anni, sfamandolo nel deserto.
Gesù riprende la sua proposta facendo risuonare, nelle loro orecchie, gli inviti che vengono fatti, nella Scrittura, dalla Sapienza, nel libro dei Proverbi (Prov 9,1-6): «La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne....«Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l'inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza»., e nel libro del Siracide (Sir 24, 19-22): «Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti,»
Gesù riprende la traccia delle sue riflessioni e, nella lettura della Sapienza, dà gli elementi fondamentali per la sopravvivenza nel deserto: il pane e l'acqua sono stati i doni indispensabili di Dio. Sono i doni di Gesù che è vero "pane di vita".

Visitate il sito www.liturgiagiovane.it ed il relativo blog, sul quale è possibile aggiungere i vostri commenti, osservazioni, suggerimenti, proposte.

 

Ricerca avanzata  (54728 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: