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TESTO Quanto il cielo sovrasta la terra

mons. Roberto Brunelli

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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (18/09/2011)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Lo sappiamo, lo vediamo di continuo, quanto i pensieri degli uomini - e i comportamenti che ne conseguono - siano distanti, e soprattutto diversi, da quelli di Dio. E' sempre stato così; lo rilevava già secoli prima di Cristo anche il profeta Isaia il quale, esprimendosi a nome di Dio, lasciò scritto: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri" (prima lettura, Isaia 55,6-9).

Naturalmente il profeta non si limita a un rilievo di situazione, come farebbe un sociologo o un esperto di statistica: egli considera la realtà per valutarla col metro di Dio e invitare gli uomini a cambiare. Prima delle espressioni riportate, nel suo libro si leggono queste: "L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui, ritorni al nostro Dio che largamente perdona". E l'invito non si riferisce soltanto ai comportamenti delittuosi, alla specifica violazione dei comandamenti: come si comprende meglio dal vangelo, si tratta di fare nostro in tutto l'atteggiamento di Dio, guardare a noi stessi e agli altri con l'occhio - o per meglio dire con il cuore - di Dio, come si è apertamente manifestato nelle parole e nell'esempio del suo Figlio.

In proposito risulta illuminante anche la pagina del vangelo che si legge oggi (Matteo 20,1-16), costituita dalla parabola dei vendemmiatori. L'uva è matura, e il padrone, secondo gli usi di allora, all'alba va nella piazza del paese dove stazionano i disoccupati in cerca di un ingaggio e assume per la giornata quelli che trova, concordando con loro il salario di un denaro. Ma non bastano: esce allora più volte ad assumere quelli radunatisi in seguito, garantendo loro un giusto compenso. Esce alle nove del mattino, a mezzogiorno, alle tre, alle cinque. Alle sei comincia a imbrunire, la giornata lavorativa è conclusa, e su disposizioni del padrone il fattore congeda tutti con la paga, in ordine inverso rispetto all'assunzione. Agli ultimi dà un denaro, e altrettanto agli altri compresi i primi, i quali però mugugnano contro il padrone: "Ma come! Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto, e li tratti come noi che abbiamo sopportato il peso dell'intera giornata!" "Amico, io non ti faccio torto" risponde il padrone a uno di loro; "non hai forse concordato con me per un denaro? E non l'hai forse ricevuto? Se voglio dare agli ultimi quanto a te, non posso fare delle mie cose quello che voglio?"

Il significato della parabola è complesso. Tra l'altro, considerando quel padrone come simbolo di Dio, la vigna come il suo Regno e la giornata come l'arco della vita, la parabola dice che Dio invita tutti all'amicizia con sé, fanciulli, giovani, adulti, anziani; e il compenso è uguale per tutti, perché consiste nella vita eterna: che è una, non divisibile né moltiplicabile. Da un altro punto di vista, la vigna della parabola è la Chiesa, in cui tutti sono chiamati a impegnarsi: si ricorderà la bella espressione di Benedetto XVI il quale, parlando appena eletto dalla loggia di San Pietro, definì se stesso un umile operaio nella vigna del Signore. E ancora: la Diocesi di Mantova ha appena concluso la sua settimana pastorale, che quest'anno mirava proprio ad aiutare i laici a comprendere la possibilità, la necessità e la bellezza di lavorare nella e per la Chiesa.

Tenendo presente la pagina di Isaia, la parabola assume poi un ulteriore significato. Guardare gli altri con il cuore di Dio, si diceva: i vendemmiatori della prima ora non sono così; pur essendo trattati secondo giustizia, vogliono di più. Sono invidiosi, mancano di solidarietà verso i compagni (avrebbero preferito vedergli ridurre la paga?), sono meschini. Dio non è così. Lui non fa il ragioniere. Lui "guarda col cuore".

 

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