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TESTO Commento su Isaia 65, 13-19; Efesini 5, 6-14;Luca 9, 7-11

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

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Vangelo: Is 65, 13-19; Ef 5, 6-14;Lc 9, 7-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Lettura del profeta Isaia 65, 13-19
Se il capitolo 64, precedente a quello che stiamo in parte leggendo, racchiude una grande preghiera penitenziale, rivolta al Dio di Israele, questo successivo capitolo (65) si presenta con due sezioni, divise a loro volta in due parti, e ripropone come un grande giudizio. Esso si svilupperà nella storia a cui Dio mette mano e in cui la misericordia di Dio e la sua amicizia per i giusti si esprimerànno con pienezza.
Si parla inizialmente del destino dei ribelli e si stabilisce un confronto con i servi di Dio rispetto a coloro che lo hanno abbandonato (vv 1-12); nella seconda parte, che leggiamo oggi, nei primi versetti, si apre l'orizzonte sulla sorte dei giusti e dei ribelli per concludere nella descrizione del destino dei giusti.
La sorte dei fedeli e dei ribelli è presentata in una serie di quattro contrapposizioni (versetti 13-14) a cui segue la sentenza definitiva dei rispettivi destini (versetti 15-16 a). Le quattro contrapposizioni, "sulla fame, sulla sete, sulla gioia del successo e sulla contentezza del cuore", iniziano tutte con: "Ecco i miei servi". Nel versetto 15 c'è il richiamo al destino definitivo che suonerà come imprecazione di morte. Ai servi del Signore, invece, è promesso un nome diverso nel quale si esprimerà l'inizio della nuova era, caratterizzata dalla salvezza di Dio.
Il nome di Dio garantirà la benedizione, l'accordo è pieno, la fedeltà della parola sarà senza ambiguità, il ricordo di una vita che aveva superato la paura e l'angoscia del male sarà dimenticato, diventando solo memoria di benedizione. "Si invocherà la benedizione del Signore e si giurerà nel nome del Dio fedele". La promessa della salvezza futura si compirà (vv 18-19).
Il mondo, trasformato e rinnovato dalla forza del Signore, acquista lineamenti cosmici di splendore impensabili (" nuovi cieli e nuova terra"), Questo linguaggio è presente in Geremia (31,31-34), prosegue con Ezechiele (36,24-28). Ma lo si ritrova ancora in Isaia 51,6 e 66,22.
A questa visione ci si collega con la letteratura che si apre al futuro (l'apocalittica), per annunciare la fine di questo mondo e la promessa del mondo che deve venire. Non a caso, nell'Apocalisse di Giovanni (Ap 21,1), ci si richiama allo splendido profilo di Gerusalemme "come la sposa adorna per il suo sposo nel cielo nuovo e terra nuova".
Ma il testo è anche fatto proprio da Pietro (2 Pt 3,13), e da Paolo (Rom 8,19-23).
I "cieli nuovi e terra nuova" sono la svolta radicale nella storia e nell'universo, col centro in Gerusalemme, nella sua rinascita che diventa città della felicità. Non va dimenticato che siamo nel periodo del post esilio, in un tempo di grande fatica ed anche di grande miseria, con pochi mezzi e con l'impegno di dover ricostituire le mura e il tempio. Ma il futuro si apre nella speranza: il Signore non farà mancare le sue promesse e manterrà il benessere. È molto interessante l'esemplificazione che segue al testo che oggi non abbiamo letto: cesserà la mortalità infantile (Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni" (v 20)) e gli anziani raggiungeranno e supereranno i 100 anni di vita, ottenendo così la pienezza degli anni.
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 5, 6-14
Il mondo ebraico è molto sensibile alle contrapposizioni, ed ha ripensato con stupore alle albe nell'orizzonte di Gerusalemme. Il sole, che sorge ad oriente, fa fuggire le tenebre verso occidente. Ed i cristiani, che sono figli della luce, sfuggono ogni ambiguità, il male, la malignità che vengono svelati mentre si sviluppano "bontà, giustizia e verità".
"Eravate tenebre, ora siete luce del Signore". Siete la luce, dice, e non solo "siete nella luce". Perciò, come logica conseguenza, "camminate come figli della luce".
Generati dalla luce, immagine di Dio luce, figli di Dio e figli della luce, noi viviamo il tempo dell'incontro, della familiarità intima di Dio.
Con la luce cresce il frutto (v.9) e con le tenebre sorgono le opere infruttuose (v.11).
La luce richiama la trasparenza e la visibilità, le tenebre richiamano vergogna e fatti innominabili, avvenuti nel segreto, probabilmente conosciuti dai destinatari di questa pagina di cui, però, si vuole mantenere il segreto.
Tutto il testo porta il richiamo del battesimo (n.14) ed è squisitamente pasquale il riferimento alla luce, al comportamento nella luce, ai frutti della luce. Ma il battesimo sorregge la ricerca di una reinterpretazione della realtà: "Cercate di capire ciò che è gradito al Signore" (v.10) dove la luce di Cristo è filtrata nel nostro tessuto quotidiano.
Non si tratta tanto di comportarsi secondo valori, comandi, etiche particolari ma secondo lo stile del Signore Gesù, nel confronto con Lui, il cui legame è grazia, garanzia e speranza: tutti doni che ci sono stati offerti nel Battesimo. Coinvolti nella sua luce e nelle sue scelte, ogni credente sa di poter contare su una comprensione nuova, su sapienze finora sconosciute perché frutto della luce di Dio.
I cristiani vengono incoraggiati, nella lettura della luce, ad esprimere con chiarezza il valore morale di ciò che è bene e ciò che è male. Non si deve aver paura di dichiarare il proprio giudizio sulle cose (certo, non sulle persone)."Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose, apertamente condannate, sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce." (vv 11-13).
Lettura del Vangelo secondo Luca 9, 7-11
Bianco e nero, luce e ombra, Cristo ed Erode, sazietà e fame, vecchio e nuovo: siamo davanti ai contrasti, agli estremismi senza sfumature, alle delimitazioni nitide, senza confusioni.
È avvenuto qualcosa che ha obbligato alla decisione.
Giovanni Battista è venuto a parlare: è stato preciso nell'annuncio, preciso nella predicazione, preciso nell'accusa di Erode. È stato ucciso per questo. Ma la sua morte ha obbligato alla scelta.
Luca parla di Erode e di Cristo.
- Erode può tutto sui suoi sudditi nella sua grandezza di tetrarca assoluto, eppure non trova Gesù. E' agitato nella paura e nell'incertezza. Ritiene di avere potere assoluto anche su Cristo, potere di vita e di morte come su Giovanni Battista, eppure non lo trova e non lo conosce. Luca prepara l'incontro tra Erode e Gesù nella passione, a Gerusalemme (Lc 23,8-12). Erode non scoprìrà niente e resterà sconcertato dal silenzio del profeta. Eppure, ciascuno a suo modo, Giovanni il Battista e Gesù avevano lanciato un altissimo messaggio. Erode non seppe far altro che insultare: "farsi beffe di lui e mettergli addosso una splendida veste", il segno della ricchezza stolta che vuol coprire il male nel fasto.
- Gli apostoli sono stati mandati da Gesù come per un apprendistato e hanno moltiplicato la fama di Gesù e il suo messaggio: ora, ritornano. Lo trovano senza sforzo poiché hanno portato Dio agli uomini nella loro prima missione. Essi hanno scelto Dio. Perciò Cristo da loro si fa vedere, si fa capire, anzi, con loro si ferma, richiama, li apparta per farli riposare, per parlare loro del regno di Dio e per riempirli di gioia. Gesù, quando è chiamato con speranza e fiducia, ci si fa vicino, ci incontra perché si possa essere con lui in sintonia, perché si accettano le scelte del regno.
- Gesù è incontrato dai dodici ed è incontrato dalle folle che hanno bisogno di lui, sia per sentirlo sia per essere liberati dal male.
Il cerchio si chiude quando c'è veramente il desiderio di voler scoprire ciò che conta, anche a proprio rischio. A questo punto non solo Gesù svela e libera, ma, nella sua compassione, invita la gente a fermarsi perché egli ha pietà della fame, dei loro bisogni, della loro ingenuità e sprovvedutezza. Nel volerlo cercare a tutti i costi, si sono allontanati da casa senza preoccuparsi di quello che avrebbero mangiato. Ma allora Gesù completa il suo intervento: li ha arricchiti della sua parola aprendo orizzonti, li ha liberati del male rendendoli liberi e sani, quindi li sfama, con l'aiuto dei Dodici, spezzando cinque pani e due pesci (Luca 9,12- 17). "Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: 12 ceste".

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