TESTO Io sono il pane della vita
()
Vangelo: Gv 6,24-35
"Se tu squarciassi i cieli e scendessi!". Il bisogno di un Dio vicino è la forza di ogni religiosità. Tutte le religioni ne ipotizzano forme e "vie". Nella Bibbia l'esperienza di Israele giunge a dire: "Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui" (Lett.). Lì Dio s'è rivelato e si è fatto veramente vicino, segnando quella vicenda di popolo con "cose terribili che non attendevamo", gesti cioè di liberazione e di salvezza tanto da creare la coscienza sicura di appartenergli come proprietà speciale: "Ecco, guarda: tutti siamo tuo popolo".
Ma era solo una premessa e la prefigurazione di un avvicinarsi di Dio che avrebbe scavalcato ogni barriera di tempo e spazio: prima con l'Incarnazione, e poi con l'invenzione sorprendente del sacramento dell'Eucaristia. Un Dio con noi, tutto per noi, che giunge ad essere quasi fisicamente in noi col "pane dal cielo, quello vero".
1) Una tenda
Gerusalemme e il suo tempio furono il primo luogo fisico in cui era la ‘Presenza' del Signore in mezzo al suo popolo: "Fu costruita una tenda, la prima; essa veniva chiamata il Santo. Dietro il secondo velo, poi, c'era la tenda chiamata Santo dei Santi, con l'arca dell'alleanza, un'urna contenente la manna, e le tavole dell'alleanza. E sopra l'arca stavano i cherubini della gloria" (Epist.). Lì si offrivano sacrifici da parte dei sacerdoti "per celebrarvi il culto", e da parte del "sommo sacerdote, una volta all'anno, non senza portarvi il sangue, che egli offre per se stesso e per quanto commesso dal popolo". Ma erano "doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, colui che offre: si tratta soltanto di cibi, di bevande, di varie oblazioni, tutte prescrizioni carnali, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate" (idem).
La tenda e il tempio erano "solo figura del tempo presente". E' con l'incarnazione che Dio si fa una sua tenda tra gli uomini, "una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d'uomo, cioè non appartenente a questa creazione". Attesta san Giovanni: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare (porre la tenda, nell'originale greco) in mezzo a noi" (Gv 1,14). Dio è ora presente "corporalmente con la pienezza della sua divinità" (Col 2,9) e può esercitare un sacerdozio efficace che tocca e trasforma la coscienza di ogni uomo: "Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna", cioè definitiva.
Quel desiderio di vicinanza era in realtà bisogno e sospiro di purificazione. "Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento" (Lett.). E' la coscienza di una ribellione e di un distacco da Dio: "Abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli" (idem). Nasce quindi il pentimento e la certezza del perdono: "Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie". Fino alla piena docilità nella mano buona di Dio che guida la vita di chi si fida di lui: "Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani".
2) Il pane
La manna fu il segno della premura divina per Israele: "Sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo". Ma ora c'è un altro segno, un altro pane, ben più vero di quello di Mosè: "Non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero". E' la persona di Gesù, "perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". Lui è la salvezza piena, ormai il pane definitivo per la sazietà dell'uomo: "Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo". Tutta la sua opera è quanto ora Dio offre per la vita piena, divina ed eterna, dell'uomo: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati" (At 4,12). Cioè a dire: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà sete, mai".
"Signore, dacci sempre questo pane". Chi cerca sinceramente la salvezza vera, non ha altra scelta che aderire a Gesù nella fede: "Questa è l'opera di Dio (ciò che Dio richiede da noi): che crediate in colui che egli ha mandato". Non c'è da cercare altre salvezze, né in forme religiose, né tanto meno in salvezze umane. La decisione unica da prendere è cercare questo cibo che salva per sempre: "Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà". Ritorna alla mente il primo richiamo di Gesù: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4). E qui ora, in Gesù di Nazaret, v'è il Logos, la Parola divina fatta carne e persona concreta.
Questo tema del cibo, e in particolare del pane, Gesù lo svilupperà in un altro sorprendente passo compiuto verso ogni uomo, con l'invenzione dell'Eucaristia. E' il segno - il pane spezzato - che contiene e comunica la sua persona viva nell'atto stesso del compiere il suo sacrificio di salvezza. "Questo è il mio corpo dato per voi; fate questo in memoria di me" (Lc 22,19). E' il modo più pieno di assimilarci a Cristo, mangiando di lui: "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6,51). "Colui che mangia me, vivrà per me" (Gv 6,57). Quello del "lasciarsi mangiare" è il sogno tipico di un innamorato. Tale lo è il nostro Dio. Che "rimane con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20), discreto ma vivo nei nostri tabernacoli. Amante solitario, ma che ha sempre "sete" di noi (cf. Gv 19,28).
******
Ritorniamo all'immagine del vasaio che plasma la nostra (ribelle) creta. Esprimiamogli la nostra disponibilità a lasciarci modellare da lui, con la bella preghiera di sant'Agostino:
Mi consegno, Signore, nelle tue mani:
gira e rigira questa argilla
come il vaso che si fa nelle mani del vasaio!
Dagli una forma, come vuoi;
poi spezzala, se ti pare:
è roba tua;... non ho niente da dire!
A me basta che serva a tutti i tuoi disegni
e che in nulla resista al progetto che tu hai su di me.
Chiedi pure, ed esigi, Signore:
che vuoi che io faccia? che vuoi che io non faccia?
Successo o insuccesso, perseguitato o consolato,
a letto o impegnato per le tue opere,
utile o inutile in tutto,
non mi resta che dire, sull'esempio di Maria:
"Si faccia di me come tu vuoi!".
Visitate il sito www.liturgiagiovane.it ed il relativo blog, sul quale è possibile aggiungere i vostri commenti, osservazioni, suggerimenti, proposte.