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don Luigi Trapelli

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/08/2011)

Vangelo: Mt 16,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 16,21-27

In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Ci sono dei testi biblici che sembrano più facili e in cui la predicazione scorre in modo lineare. Ma quando si presentano testi come quelli di oggi, vorrei affermare come Geremia: "Perché devo dire certe cose? Perché il Vangelo mi impone di parlare di realtà così difficili?" Geremia dice che Dio lo ho sedotto e lui si è lasciato sedurre. La Bibbia usa il verbo che di solito veniva adoperato nel rapporto di coppia.

Il Vangelo presenta Gesù che preannuncia la sua fine: una fine tragica. Pietro vorrebbe intervenire, perché in fondo è come ciascuno di noi. Non vuole che Gesù possa morire in quel modo: ripudiato e ucciso. Gesù lo chiama addirittura Satana e cioè avversario. Pietro pensa non alla maniera di Dio, bensì degli uomini.

Gesù ci invita a portare la nostra croce, quella che gli eventi di tutti i giorni consegnano sul nostro cammino. Non abbiamo bisogno di cercare altre croci: basta quella che già portiamo vivendo. Per salvare la propria vita bisogna perderla, proprio come Gesù ha fatto morendo sulla croce nella debolezza e nella sconfitta apparente. Potremmo dire a Gesù che queste parole sono pesanti e che la nostra autorealizzazione va contro questo principio.

Se guardiamo in profondità, però, ci accorgiamo che siamo veramente noi stessi solo quando comprendiamo il limite della nostra vita. Paradossalmente, è proprio dalla cesura finale, dalla morte, che diamo un senso alla nostra vita. Questo non significa prendere spavento, ma rendersi conto che la vita è stata donata da Dio e dai genitori.

Nessuno l'ha voluta. Quindi l'unica prospettiva per vivere è donarci alle persone, perdendo qualcosa di me per offrirlo agli altri.

E' dare agli altri il dono della vita per una madre e un padre, è donare un'educazione senza sapere quali frutti immediati potrà portare, è capire che stiamo vivendo con altre persone per cui non esistiamo solo noi, è generare persone che possano progressivamente camminare con le proprie gambe. E' proprio grazie a questo perdere che ritroviamo noi stessi, la nostra identità di persone, che sanno scoprire il proprio limite e cercano di comprendere il senso delle cose.

Chi vive nella logica del gratis, del perdere per ritrovare, sperimenta l'amore di Gesù il quale ha vissuto la sua vita come un dono da offrire al Padre e ai fratelli. Rinnegando la parte malata di noi, ossia il nostro egoismo, per seguire quel Gesù che ha un progetto entusiasmante, ci rende importanti anche nelle apparenti sconfitte che subiamo a causa del suo Vangelo.

Nei confronti del mondo che ci circonda tale esperienza ci fa comprendere come due sono gli atteggiamenti più frequenti: o dire che il mondo va sempre male oppure esaltarlo troppo.

Il nostro scopo è quello di cogliere il positivo che ci viene offerto dal mondo, inserendo in questo contesto il germe del Vangelo quale buona notizia.

La parroccchia non è solo il luogo di una semplice aggregazione o di svago, ma l'ambiente dove ogni persona possa seriamente maturare un proprio cammino di fede alla luce della figura di Cristo e del suo Vangelo. Perché il giudizio finale avverrà non tanto in base alle parole o ai buoni propositi, ma alle azioni che avremo in concreto messo in atto.

 

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