TESTO A Cesare... a Dio
Domenica che precede il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno A) (28/08/2011)
Vangelo: Mc 12,13-17
13Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. 14Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». 15Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». 16Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». 17Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.
La memoria del martirio di Giovanni Battista, ucciso da Erode per la denuncia del suo adulterio, ci immerge nell'odierno clima di persecuzione scatenato contro i cristiani da fanatismo religioso e da poteri dittatoriali.
L'uomo fatto a immagine di Dio esige libertà di coscienza e proclama il primato di Dio; non può essere sopportato da quanti si pensano padroni di persone e di "valori" che sono in contrasto con quella visione di vita e di storia. "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Gv 15,18.20).
Scontro ma anche necessità di una sopportabile convivenza. Ecco oggi i criteri di Gesù per giusti rapporti tra fede e "politica", tra esigenze di valori non negoziabili e apporto di partecipazione positiva al bene comune.
Sullo sfondo anche la già difficile battaglia che il credente deve affrontare ogni giorno per la coerenza interiore nel vivere il vangelo.
1) A Dio
Era l'anno 175 a.C. A Gerusalemme si era insediato uno dei quattro generali ai quali Alessandro Magno aveva diviso l'impero. La cultura greca, diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, si imponeva con crescente intolleranza verso ogni altra forma di dissenso, alimentando l'idolatria. "Il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze". Scoppiò una violenta reazione da parte dei Maccabei per mantenersi fedeli alla legge di Dio e all'alleanza. Rifugiatisi nel deserto, furono massacrati, un migliaio circa, bambini compresi. "Moriamo tutti nella nostra innocenza. Ci sono testimoni il cielo e la terra che ci fate morire ingiustamente". Né si difesero per non profanare la legge del riposo sabbatico: "Non usciremo, né seguiremo gli ordini del re, profanando il giorno del sabato" (Lett.).
Persecuzione religiosa che ha invaso la storia, divenendo massiccia ai nostri tempi se - come è documentato - il secolo XX ha visto il numero di 6,7 milioni di credenti massacrati da regimi atei e totalitari. Ogni settimana si registrano fatti di sangue contro missionari, incendi e distruzioni di chiese cristiane, per motivi di intolleranza religiosa (fondamentalismo islamico e buddista) o di oppressione politica. Il martirio è ritornato di moda, in Asia come in America Latina. In Europa con una subdola ma non meno precisa emarginazione di ogni segno del sacro. In Italia per reazione alla denuncia contro la mafia e altre forme di schiavitù sociali. Ogni anno la Chiesa ricorda questi martiri il 24 marzo per tener viva la memoria di chi ha preso sul serio con eroismo la propria professione di fede.
Ma, dice Paolo, "la nostra battaglia non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti" (Epist.). Cioè contro satana e il suo scatenarsi a distogliere gli uomini dalla adorazione di Dio. L'Apocalisse fa la storia di questa battaglia: del "grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il satana e che seduce tutta la terra abitata" (12,9); che si incarna nel potere politico, "la bestia, cui fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie; le fu concesso di fare guerra contro i santi e di vincerli" (3,5-7); e ha come suo affascinante seduttore "un'altra bestia che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, ma parlava come un drago (qualche commentatore l'identifica con i media di oggi). "Essa fa sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un marchio sulla mano destra e sulla fronte, e che nessuno possa comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia e il numero del suo nome" (13,16-17). Una globalizzazione culturale soffocante che non è molto distante da noi!
2) A Cesare
Paolo oggi ci esorta a saperci difendere con le armi della fede, della verità, della giustizia, e con "la spada dello Spirito, che è la parola di Dio" (Epist.). E' con la forza di Dio che si può vincere lo scontro: "In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi" (Idem). Nondimeno dobbiamo convivere con questo mondo divenuto pluralistico e, anzi, portarvi il nostro contributo per una sua salvezza e una crescita in umanità più solidale. Anzitutto rispettando le sfere di competenza per "rendere a Cesare quello che è di Cesare", cioè la distinzione tra fede e politica, contro ogni integralismo, nel "rispetto dell'autonomia delle realtà terrestri che hanno leggi e valori propri voluti dal Creatore" (GS 36).
Oggi in Europa si parla di "laicità positiva", che vorrebbe richiamare propriamente un dovere grave dello stato democratico, quello del rispetto della libertà religiosa e quindi di quei valori trascendenti che la comunità religiosa vuol anche pubblicamente professare. Anzi bisognerebbe giungere fino a riconoscere - dietro i conclamati diritti della persona umana - le radici antropologiche iscritte nella natura umana ed espresse nelle istanze etiche che la coscienza suggerisce a tutti. Democrazia non è vuoto neutro di valori, ma somma - rispettata e in dialogo - di valenze culturali di diverse provenienze, tutte da coordinare al bene comune. Proprio qui trova spazio l'apporto proprio della comunità cristiana e l'impegno del credente "pronto sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi; tuttavia questo fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza" (1Pt 3,15-16).
Proprio questa testimonianza discreta e chiara deve il cristiano allo stato. "Come l'anima è per il corpo, così il cristiano è per la società", si diceva già nel secondo secolo nella Chiesa. Anima che aiuta a formulare la più completa e vera idea di uomo, con tutte anche le sue esigenze spirituali. Anima che ispira e difende quei valori decisivi per l'esistenza di ogni uomo: il rispetto della persona, della vita, dell'amore autentico, del creato. Soprattutto anima che suggerisce e testimonia le motivazioni più profonde del servizio al bene di tutti, a cominciare dai più deboli e indifesi. Infine contribuire con una partecipazione dialogante alla formulazione di proposte e programmi che in politica non sono mai il meglio in assoluto, ma il meglio possibile con l'apporto di tutti.
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La Chiesa ha lavorato molto in questo campo del sociale, con una mole di Dottrina tratta dalla sua "esperienza in umanità" e dai principi razionali fecondati dal vangelo. Merita di conoscerla bene, soprattutto da parte di chi - con la più alta forma di carità - si impegna con rettitudine e coerenza a fare politica a nome e per il bene di tutti.
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