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TESTO Commento su Primo Samuele. 3, 1-20, Efesini. 3, 1-12, Luca. 13, 22-30

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

VIII domenica dopo Pentecoste (Anno A) (07/08/2011)

Vangelo: 1Sam. 3, 1-20, Ef. 3, 1-12, Lc 13, 22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 4,18-22

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Lettura del primo libro di Samuele. 3, 1-20
Questo è un racconto di vocazione profetica. Sono molti gli sviluppi del tema della vocazione nei profeti: Amos (7,15), Isaia (6,1-10), Geremia (1,4-10), Ezechiele(cc. 2-3) ma si risale ad Abramo (Gen. 12,1-3), ed a Mosé che svolge il ruolo di liberare di schiavi (Es.3). Si esprime così l'idea fondamentale che la storia degli uomini e del mondo è nelle mani di Dio che indirizza verso progetti che solo lui conosce con la forza della sua Parola.
Samuele era figlio di Anna, una donna sterile che - pregando il Signore a Silo, dove era sacerdote Eli - ottiene di partorire un figlio, mettendo così fine alla sua afflizione. Essa ha offerto, in ringraziamento, come voto al Signore, il suo primogenito facendolo servire presso il santuario di Silo, dove risiedeva l'arca del Signore (1Sam 1-2).
Il racconto è drammatico poiché proprio l'intermediario: Eli, che aiuta Samuele a scoprire la voce del Signore, sarà rifiutato con tutta la sua famiglia e tuttavia egli sosterrà con forza il giudizio di Dio, riferito da Samuele bambino, di una condanna per la troppa accondiscendenza di sé, padre verso i propri figli malvagi (22,22-25). Eppure in lui, sacerdote del Signore, colpito da castigo, continua la grande dedizione di chi non teme di perdersi, pur di garantire la continuità della Parola di Dio al suo popolo, visto che "la Parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti" (3,1). E Samuele ogni volta che viene chiamato è disponibile all'obbedienza verso il vecchio sacerdote e si vedrà compensato in un dialogo diretto con Dio.
Il bambino diventa sempre più grande e resta fedele; è chiamato "figlio mio" (3,6) da Eli che deve invece lamentare la disonestà dei suoi veri figli, depravati e senza scrupoli. Samuele sente il suo nome nella notte: la parola di Dio finalmente risuona ancora in Israele e si rivolge personalmente a lui. Eli, quasi completamente cieco, si fa mediatore con il Signore e suggerisce di rispondere: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta (3,9). Da "figlio mio" diventa "servo tuo". La paternità spirituale ha educato finalmente il ragazzo e il discepolo diventa maestro poiché Dio direttamente gli parla. Samuele infatti è arrivato ad ascoltare Dio ascoltando Eli, è arrivato ad obbedire Dio obbedendo Eli, è arrivato a servire Dio servendo Eli. L'entusiasmo del giovane e l'esperienza dell'anziano si fondono insieme per diventare servi di una parola nuova che finalmente diventa abbondante per tutti.
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini. 3, 1-12
Negli scritti di Paolo e nell'Apocalisse di Giovanni ricorre spesso la parola "mistero", molto poco usato nei Vangeli: "a voi è dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli" (Mc 4,11; Mt 13,11). Si vuole identificare il progetto di Dio sul mondo, progetto inaccessibile che gli uomini non possono comprendere perché si colloca molto al di sopra della nostra intelligenza come il cielo è molto al di sopra della terra (Isaia 55,9).
E se al tempo di Gesù si pensava che il progetto di Dio si dovesse rivelare come dono, comunicato attraverso sogni e visioni per alcuni uomini, Paolo richiama che i piani di Dio vengono annunciati dai predicatori, dagli apostoli e dai profeti delle comunità cristiane. Essi raccolgono ciò che Dio opera nel suo popolo ed esse hanno il compito di sviluppare una profonda attenzione dell'azione di Dio tra noi. Attraverso la storia, gli avvenimenti e il richiamo della Parola di Gesù si svela passo passo il piano di Dio.
Paolo sente in se stesso di far parte di queste persone che hanno scoperto il progetto di Dio e quindi sente la responsabilità di offrire il significato della sua vocazione apostolica, "lo Paolo sono apostolo dei pagani perché diventino un popolo solo, salvato, cosciente, credente con il popolo ebraico, in Gesù". Perciò "le genti" (da cui i "gentili" -pagani) sono diventate "coeredi", "incorporati", "compartecipi". Così Paolo esprime il mistero svelato: è importante restituire un'unica Chiesa, corpo di Gesù e popolo di Dio. Questo progetto di unità e l'eredità di Abramo per tutti i popoli, e non semplicemente per Israele, contrasta con un esasperato razzismo che divide i popoli tra ebrei e pagani, greci e barbari, liberi e schiavi, uomini e donne, colti e ignoranti. Sono divisioni che si ripropongono ancora oggi, non allo stesso modo, per alcuni aspetti, ma in forme esasperate per altri: bianchi e neri, stanziali e nomadi, nativi e immigrati. Il progetto di Dio è quello di costituire una realtà sola.
"Apostoli e profeti": i primi sono incaricati di annunciare questa unità agli ebrei e ai pagani; i profeti possiedono il dono e il compito di formare, delle due componenti diverse, un'unica comunità di fede fino a renderli "un corpo solo" (così la Chiesa amava definirsi nei primi tempi).
Paolo è consapevole e resta continuamente stupito del compito che il Signore gli ha affidato. Essendo stato persecutore e quindi nemico di Gesù, pur dopo il suo profondo cambiamento questo pensiero di rifiuto di un tempo non lo abbandona mai, ma gli fa continuamente vedere la grandezza del Signore che lo chiama, per amore del suo popolo e di tutti gli uomini a cui porta la parola nuova. Eppure, dice, sono il più piccolo tra i santi; e qui non ci viene ricordato la santità come dimensione morale ma la santità come vocazione a cui Dio chiama, indipendentemente dai meriti di ciascuno.
"A me che sono ultimo tra i santi"
Lettura del Vangelo secondo Luca. 13, 22-30
Gesù incomincia la sua predicazione quando Giovanni è arrestato; il popolo, altrimenti, rimane senza la parola nuova di Dio. Il testo di Matteo, pochi versetti prima, colloca la nuova parola nelle terre della Galilea, nel linguaggio delle tribù del nord, sul territorio di Zabulon e di Neftali che nel contesto ortodosso di Gerusalemme viene considerato un luogo di mescolanza con pagani, un luogo di ignoranti e di pericolosi terroristi.
Gesù incomincia dai lontani la sua vocazione,. Egli è la luce di questa regione di tenebra e di morte e, nello stesso tempo, è il Messia atteso e preannunciato da tempo.
Il primo annuncio di Gesù è: "Convertitevi perché il Regno dei cieli è vicino" (4,17) E' la parola nuova che viene finalmente da Dio e richiede il cambiamento di mentalità. La conversione si qualifica in molti modi che segnano però sempre una prospettiva radicale di affrontare l'esistenza su percorsi nuovi. Gesù non pretenderà che tutti facciano la stessa scelta di vita; continueranno ad esserci famiglie, lavori e artigiani, responsabilità e uomini di potere. Ma tutto deve essere ripensato e rivisto alla luce del Dio che viene, del Regno che si apre. E tuttavia a qualcuno viene fatta una proposta ancora più sconcertante: la richiesta di Gesù, per qualcuno, è l'invito ad abbandonare tutto e a seguirlo. Gesù fa questo invito a quattro pescatori.. Non c'è un progetto, ma ci sono riferimenti alle persone, al Signore che si segue e agli uomini che si salvano (si strappano dal male; il mare è il luogo infido, misterioso e pericoloso dei mostri e del demonio). Ma bisogna fare degli strappi impegnativi: lasciare la barca e il padre.
Così Gesù, il maestro, prende l'iniziativa, apre ad un dono ("Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" Gv15,16).
Inizia un'avventura perché bisogna abbandonare ciò che si conosce e ci si imbarca verso lidi sconosciuti, fidandoci di Gesù.
La prospettiva è la stessa di Gesù: "Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (4,23). Il compito nuovo è quello di predicare la buona novella e curare i malati, portare speranza e gioia nel cuore e guarire i mali che affliggono le persone.
La salvezza si realizza dunque nella conversione, non è una liberazione che viene dall'esterno dell'uomo, ma è lo Spirito di Dio che diventa fonte di vita nuova per chi l'accoglie con gioia.
I primi ad accettare sono due coppie di fratelli, che lasciano il lavoro e il padre, cioè la sicurezza della vita, ma anche la tradizione, e spesso gli schemi mentali che proibiscono le scelte nuove di Gesù: spesso, anche oggi, chi fa scelte secondo la linea di Gesù è intralciato e rifiutato, non solo da parte di altre religioni, ma anche dai suoi stessi parenti.
Tutto il testo privilegia i verbi di movimento perché Gesù e quindi la Chiesa è missionaria e va in cerca.
Gesù dunque non si ferma in un luogo, ma percorre la terra d'Israele per annunciare l'evangelo del Regno di Dio e donando la vita con abbondanza attraverso la guarigione del corpo, della mente e dello spirito («ogni sorta di malattie e di infermità»).
Questo Vangelo dovrebbe essere l'inizio di una riflessione sull'impegno pastorale. Ci si è troppo abituati a pensare che i pastori siano i vescovi e i sacerdoti, costituendo così, all'interno della Chiesa, una fascia di persone attive e attente alla evangelizzazione e una fascia di persone ubbidienti, preoccupate solo della propria integrità morale personale. L'evangelizzazione, dice il Concilio Vaticano II, è compito della Chiesa e quindi di ciascun battezzato, pur avendo ciascuno, certamente, ruoli specifici all'interno della Comunità, ma è sostenuto da Gesù pastore con le stesse prospettive di aiutare, guarire, illuminare e trasmettere ad ogni uomo e donna la novità di Gesù. E lo Spirito del Signore fa maturare profondamente l'impegno pastorale di ciascuno nella comunità cristiana e nel mondo.
Non è difficile allora intravvedere in questi tre testi il significato della vocazione di ciascuno:
- profeta nel suo contesto per aiutare a capire ciò che conta e ciò che è giusto,
- costruttore di una unità che superi le divisioni,

- responsabile di una parola nuova che trasformi le persone disorientate in persone di speranza.

Visitate il sito www.liturgiagiovane.it ed il relativo blog, sul quale è possibile aggiungere i vostri commenti, osservazioni, suggerimenti, proposte.

 

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