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TESTO Traccia di comprensione Gen 11, 31. 32b - 12, 5b; Eb 11, 1-2. 8-16b; Lc 9, 57-62

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

V domenica dopo Pentecoste (Anno A) (17/07/2011)

Vangelo: Gn 11, 31. 32b - 12, 5b|Eb 11, 1-2. 8-16b|Lc. 9, 57-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,57-62

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Lettura del libro della Genesi. 11, 31. 32b - 12, 5b
Viene accennata qui la conclusione di una genealogia che ricongiunge l'epoca del diluvio e il tempo di Abramo. Si passa così dal racconto dei grandi avvenimenti sull'umanità, percepiti come itinerari di violenza, di peccati e di grazia a peregrinazioni e incontri nella storia in cui si costituisce il nuovo popolo di Dio. In questo caso il clan ebraico rimarrà in rapporto per tre generazioni.
Esso nasce in Ur, antichissima città dei Sumeri a sud del territorio del Tigri ed Eufrate e intraprende una migrazione verso Harran, ancora oggi esistente, a circa 1000 km di distanza da Ur, in direzione nord ovest. Si parla di nomadi, pastori, e infatti il clan di Abramo è considerato, ovunque andasse, "un elemento estraneo e quindi forestiero" al paese. "Mio padre era un arameo errante", dice il popolo di Israele nella sua professione di fede (Deut 26,5).
Poi lo stesso Abramo, improvvisamente, per un avvenimento radicale (ma non si sa quale), a sua volta, è costretto ad abbandonare la sua terra. La Bibbia ci dà una lettura teologica dei fatti. Abramo vede negli avvenimenti la volontà di Dio, comprendendo, in tal modo, che il Signore lo chiama ad una grande missione ed ha accettato, lasciandosi condurre da Lui.
Senza segni premonitori, il Signore entra nella vita di Abramo con un comando preciso: "Vattene dal tuo paese verso il paese che io ti indicherò". Nella assegnazione di una vita tutta uguale interviene un richiamo nuovo. Può capitare a
ciascuno di noi, attraverso situazioni particolari: un incontro, il consiglio di un amico vero, una comunicazione interiore. Ad Abramo non viene rivelato fin dal principio dove sarà condotto e, come per ogni persona, deve misurare la sua strada ogni volta. E così Abramo con la moglie Sara, lui anziano e lei sterile, che già vivevano in un paese di pagani, a Ur di Caldea e che già è già emigrato, in un particolare momento della storia della sua vita, deve accettare un capovolgimento improvviso. E se non ci viene descritto nulla di ciò che precede, improvvisamente sorge solamente un comando di Dio (quale Dio? Abramo lo scoprirà via via). Il comando ha la stessa forza, gravità e potenza dei tempi della creazione: "Dio disse" (v.1). La Parola di Dio è una novità che sradica, è invito al nuovo, a cercare una terra per ricominciare da capo.
Ci sono i termini di una promessa che più avanti diventerà "un'alleanza". E la promessa che viene innovata almeno tre volte (15,18; 17,1-8, 22,16-18) comprende cinque punti:
- da Abramo discenderà una progenie numerosa;

- la discendenza di Abramo verrà in possesso della terra di Canaan;

- Abramo e i suoi discendenti avranno un grande posto fra le nazioni;

- gli interessi di Dio e quelli di Abramo saranno associati: "Benedirò coloro che ti benediranno";
- Abramo, nel suo seme, sarà strumento di benedizioni per tutte le stirpi della terra.
E questa promessa verrà ripetuta ad Isacco (21 26,5) e a Giacobbe (28,14). Si nota un richiamo alla potenza demografica e al possesso territoriale da una parte; dall'altra vengono ripresi e ricordati elementi spirituali e universalistici: il rapporto di amicizia con Dio e l'essere strumento di benedizione per tutte le stirpi della terra. Il
significato di questa benedizione può essere inteso in senso messianico: le stirpi della terra avranno motivo di sentirsi fortunati in grazie al "seme di Abramo".
E nel Secondo Testamento si traduce questa benedizione come la nascita del Messia dal popolo d'Israele. "Nascerà un popolo da te, sarà benedetto il tuo nome (la benedizione suscita fecondità) e nel tuo nome saranno benedette tutte le famiglie della terra" (v.3).
Quando, molti secoli dopo, gli ebrei tornarono a Gerusalemme dopo l'esilio (nel sec. VI a.C.), trovarono conferma nella profezia. Dio ricostruisce e raduna il suo popolo.
E se vogliamo contare le popolazioni che si riconoscono discendenti di Abramo, dovremmo contare almeno due miliardi di persone che fanno parte della religione Ebraica, Cristiana e Musulmana.
Lettera agli Ebrei. 11, 1-2. 8-16b
Dopo quarant'anni dalla morte di Gesù, Gerusalemme è stata distrutta con il suo tempio. Molti ebrei sono stati uccisi, molti sono fuggiti e si sono dispersi nel mondo. Lontani dalla loro terra, molti di essi hanno abbracciato la fede cristiana, ma sono comunque disorientati. "Perché tanta tragedia e tante catastrofi? Perché gli stessi fratelli nella fede nel Dio di Abramo ci condannano e ci perseguitano?"
Il capitolo 11 è dedicato alla fede in Dio e, in ultima analisi, alla fede in Gesù. Egli sostiene e fa crescere la fede nella comunità cristiana affinché essa testimoni, nella coerenza della vita, la gioiosa certezza (10,35) delle promesse messianiche (8,6).
E' la fede "il fondamento" della vita cristiana.
- Essa sostiene in noi uno stile nuovo di vita di figli di Dio.

- Garantisce solidità e stabilità per seguire le scelte che Gesù ha compiuto nella sua vita.
- Nello stesso tempo la fede garantisce chi ci sta vicino e prova valori e presenze che possono aiutare a persuadere. In tal modo essa diventa come una "dimostrazione".
In una parola, rassicura in noi la realtà celeste che Gesù ci ha manifestato ed offre, attorno a noi, garanzie di realtà non visibili.
L'autore di questa lettera esemplifica, attraverso molti personaggi conosciuti nella Scrittura, lo stile di fede che bisogna sviluppare nel nostro cammino verso Dio.
Nel testo della liturgia di oggi ci vengono richiamate la fede di Abramo e la fede di Sara.
Abramo, a 75 anni (Gen 12,4), nell'età in cui si ritiene di essersi conquistato un giusto riposo, parte per una terra sconosciuta (vv8-10).
Sara crede, nonostante tutte le contrarie logiche umane, che avrà un figlio, garanzia ed elemento che permetterà lo sviluppo delle benedizioni che Dio ha dato a questa famiglia. L'autore biblico, però, per mettere in evidenza la profondità della loro fede, ricorda la povertà delle garanzie e dei risultati nella fede di Abramo e di Sara. Morirono senza aver visto il compimento della promessa. Ebbero solo un figlio e non una moltitudine; continuarono a peregrinare sempre, come stranieri, in terre diverse. L'unica proprietà, che Abramo si permise di avere nella terra che le era stata promessa, era una grotta che si comprò a caro prezzo per seppellire Sara (Gen 23,1-20) e divenne così "pegno e caparra" della promessa. E tuttavia Abramo continuò a fidarsi fino in fondo, nella sua vita, di Dio e delle sue promesse. Questo vale anche per ogni credente ogni volta che ripensa alla Parola di Gesù: è morto per la salvezza di tutti. Noi non verifichiamo questa salvezza, spesso scopriamo il male che dilaga e ci sentiamo come sconfitti. Eppure la Parola del Signore è una parola grande, viva, che garantisce il trionfo del bene e la pienezza della misericordia.
Certamente, come per Abramo, siamo chiamati a credere, ad operare come se avessimo chiari gli effetti e chiari i risultati. La nostra collaborazione è preziosissima e il Signore ne ha bisogno e tuttavia egli opera con noi, nonostante
noi, oltre noi.
Lettura del Vangelo secondo Luca. 9, 57-62
In quel tempo. Nel Vangelo di Luca siamo all'inizio del grande cammino verso Gerusalemme che si concluderà con l'ingresso nel tempio (9.51-19,46) "Mentre si stavano compiendo i giorni in cui sarebbe stato rilevato in alto, egli prese la ferma
decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme" (v9,51).
Questo cammino rappresenta anche un itinerario di approfondimento del significato del Regno e di vocazione per la sua nuova comunità a cui Gesù svela i segreti del Padre.
"Compiersi" per Luca è un verbo importante: lo usa nella nascita di Gesù (2,6) e nella Pentecoste (Atti 2,1): indica uno degli avvenimenti centrali nella vita del Signore. Il testo greco parla di "indurimento del volto" per significare che egli prende una decisione irrevocabile.
Gesù trova difficoltà fra le persone che incontra sul suo cammino e che si svolge dalla Galilea a Gerusalemme passando, per l'occasione, attraverso la Samaria (rappresenta il percorso più breve ma anche più insidioso). E infatti qui incontra molte persone prevenute e, comunque ostili, verso tutti coloro che stanno andando verso Gerusalemme.
"Non lo accolsero perché il suo volto era in cammino verso Gerusalemme" (v53). E tuttavia Gesù non si scoraggia, anzi deve frenare i suoi discepoli che gli fanno una proposta drammatica, degna di persone che si sentono offese a morte: "Signore, voi che diciamo che scenda un fuoco del cielo e li consumi?" (v 54). Gesù ci preoccupa che i suoi discepoli scelgano la nonviolenza: "Si voltò e li rimproverò" (v 55).
Ma Gesù incontra anche persone coraggiose e generose, disposte a seguirlo.
Un tale, pieno di entusiasmo, vuole seguirlo e Gesù lo mette in guardia da superficialità, chiarendo che il discepolo non ha garanzie. Non può aspettarsi ricchezza e possedimenti da lui poiché la sua esistenza è precaria. Deve essere disposto a passare la notte sotto le stelle e accontentarsi della ospitalità che gli può venire offerta in sistemazioni provvisorie. In altri termini, seguire Gesù non deve avere, come sottofondo, l'attesa della ricchezza, la garanzia del benessere, il potere. Ma il testo può essere anche collegato con un significato che viene dato alla Sapienza (Sir 24,7): la sapienza non trova sulla terra dove appoggiare il piede. "E' Dio che ordina alla sapienza di piantare la tenda in Israele" (Sir 24,8). Gesù sapienza segue la stessa sorte.
Un altro, invitato da Gesù, chiede di andare "prima" a seppellire il padre (e non si capisce se è un funerale o è servizio verso il padre in attesa delle morte). Gesù dice che "prima vocazione è andare ad annunciare il Regno" e pone qui una

forte radicalità. Gesù non annulla l'amore filiale, ma vuole chiarire che cosa viene prima, altrimenti la morte continuerà ad essere morte. Per un giudeo questa è una risposta scandalosa poiché il compito di seppellire i propri genitori viene prima di qualunque precetto della legge. Ma Gesù pretende che non si metta il Regno a nessun secondo posto, compreso i sentimenti più sacri dei figli verso i genitori. Si potrebbe anche leggere qui la preoccupazione di rivedere gli schemi della propria cultura tradizionale: il padre rappresenta il passato, la consuetudine, l'ambiente culturale. Luca vuole aiutare a capire che esiste un tempo nuovo in cui vanno rivisti tutti gli schemi mentali, nella linea della Parola di Gesù. Ciò che blocca ed impedisce di seguire Gesù rende comunque schiavi.
Anche nel linguaggio del terzo anonimo c'è un "prima": "Prima lascia che mi congeda da quelli di casa mia". Gesù 'non concede neppure il saluto ai suoi (lo aveva invece concesso Elia ad Eliseo 1Re 19,16-21), poiché Gesù è più grande di Elia stesso.
Gesù è deciso, nella sua scelta, di voler camminare verso il Padre, passando per la fatica e la tragedia che si prospetta per Lui a Gerusalemme. Chiede ai suoi di essere altrettanto essenziali, coraggiosi e radicali per operare scelte che passino, prima di tutto, per le esigenze del Regno.
Siamo quindi alla lettura della radicalità così come Gesù ci richiama. Tutto il tema del Regno è legato al cammino (annuncio) ed è legato alla fede, come quella di Abramo, che cammina su strade nuove e si fida di Dio. Tutto quello che si frappone, blocca, ridimensiona o che immiserisce il messaggio impoverisce la persona che lo porta, impoverisce il mondo, costruisce idoli e oscura il volto di Dio.
Pur nella povertà della persona umana, fragile e insicura, Gesù ci sostiene in un progetto che Lui, per primo, accetta e in cui crede. Il camminare verso Gerusalemme, insieme con i discepoli, nonostante la fragilità dei loro comportamenti, è garanzia. Il Signore non abbandona e sosterrà scelte, fatiche, incontri, comunità che arricchiscano la speranza e diano forza. In questo caso il valore della comunità cristiana diventa sempre più preciso e sempre più profondo: la fedeltà di uno diventa fiducia per tutti.

 

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