TESTO Ultimi che saranno primi e primi che saranno ultimi
VII domenica dopo Pentecoste (Anno A) (31/07/2011)
Vangelo: Lc 13,22-30
22Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
"Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Come a dire: ci sarà posto anche per me?
La domanda sulla vita eterna deve essere sempre presente ad un cuore attento. Giosuè, conducendo finalmente il popolo d'Israele entro la Terra Promessa, al passaggio del Giordano, volle si ricordasse quell'evento, tutto frutto della iniziativa - paziente - di Dio.
Dio opera sempre per la salvezza di tutti, con gratuità, ma vuole che ci sia disponibilità, senza pretese, ad accogliere la sua iniziativa e a corrispondervi con serietà. Perché non capiti alla fine di sentirci dire: "Non so di dove siete", "quando il padrone di casa chiuderà la porta".
1) Primi che saranno ultimi
Primi si sentivano quei Giudei che al tempo di Gesù si credevano privilegiati (e sicuri) per l'appartenenza al popolo eletto e rifiutavano l'adesione a lui. Primi si sentono oggi quei cristiani che sono "del giro", sempre in chiesa, lavoro in parrocchia.., ma magari incoerenza tra fede e vita, litigiosi tra i gruppi, e soprattutto xenofobi nei confronti dei nuovi, degli ..altri che sono discreti e timorosi. "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Siamo cristiani dalla nascita.., noi non possiamo non dirci cristiani! Ma manca una fede personale, manca quel lasciarsi trasformare dalla grazia dei sacramenti; è un cristianesimo d'abitudine, anonimo che .. sfiora un paganesimo borghese, magari pulito. Magari - come è moda - con estetismi liturgici che snaturano l'autentica preghiera partecipata.
"Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori di ingiustizia!". Ingiustizia è chiamato il dire e il non fare, o il fare senza fede e incoerente: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa' la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7,21). O la presunzione di una pratica cristiana soggettiva e non ecclesiale, e magari una morale.. del buon senso e di quel che fanno tutti! Ma, più profondamente, è "ingiustizia" la pretesa di una salvezza derivante delle proprie opere: era il peccato che Gesù rimproverava ai farisei, e che rimprovera oggi a quelli che - come è nella parabola del figlio prodigo (Lc 15,25ss) - si mettono dalla parte del figlio maggiore. O del fariseo nei confronti del pubblicano che si sente indegno di meritare una salvezza (Lc 18,9-14).
"Sforzatevi di entrate per la porta stretta". La salvezza, se è dono di Dio, richiede però la nostra libera collaborazione, è uno sforzo difficile e vuole il massimo impegno: "Il Regno dei cieli - dice Gesù - subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono" (Mt 11,12). Come minimo ci discrimina rispetto alla cultura e al vivere pagano che ci circonda: "Larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano" (Mt 7,13-14). A un certo punto la porta viene chiusa, e per chi sta fuori è troppo tardi. "E voi cacciati fuori". Forse l'invito è ad essere sempre pronti di fronte al giudizio di Dio; la libertà finisce. Dicevano gli antichi: "Dum tempus habemus.. finché abbiamo tempo facciamo il bene!". Paolo della sua vita parla di una corsa e di una battaglia: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede" (2Tm 4,7).
2) Ultimi che saranno primi
Precisiamo che questa lotta non è per pochi eroi che pensano di diventare bravi e così guadagnarsi il paradiso. Questa lotta è simile a quella vissuta da Gesù al Getsemani, la scelta di abbandonarsi a Dio, al suo progetto, di fidarsi completamente di Lui: "Padre, non la mia ma la tua volontà sia fatta!" (Lc 22,42). Dice la Lettera agli Ebrei: "Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento" (12,1). E' la dura lotta del rischio vissuto da Abramo nella prova. "Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato!" (Eb 12,4). E' appunto l'obbedienza della fede. Questa è la vera e unica condizione per la salvezza. "Unico è Dio che giustificherà i circoncisi in virtù della fede e gli incirconcisi per mezzo della fede" (Epist.).
Se è la fede, questa è aperta a tutti: "Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti" (Epist.). "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). E allora, al posto di chi "sarà cacciato fuori", "verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio". Agli Ebrei che avevano rifiutato il Messia, Gesù disse: "La pietra che i costruttori hanno scartato, diventata la pietra d'angolo. Perciò io vi dico: A voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato ad un popolo che ne produca i frutti" (Mt 21,42-43). Sarà la sorpresa sconsolata d'aver sbagliato tutto nella vita e d'aver perso le occasioni di Dio: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo servito? Allora egli risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno di questi più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno questi al supplizio eterno" (Mt 25,44-46).
"Ho paura del Signore che passa...", diceva sant'Agostino, cioè di perdere le occasioni di Dio. Avremo certo più responsabilità noi che siamo cresciuti da sempre in un ambiente saturo di stimoli e agli esempi di fede, rispetto a chi non ha mai conosciuto la salvezza di Cristo. Sempre impressiona il fervore dei convertiti...: impressiona noi che prendiamo ancora la messa come una ministra riscaldata! Più grave è il peccato di ribellione, di indifferenza e di apostasia. E' una pena vedere battezzati che s'infatuano di religiosità indiane, o si fanno islamici, o, peggio, si vendono ai Testimoni di Jeova! Dio non lascia mai mancare le sue occasioni di richiamo o di perdono. Ma guai all'indurimento di cuore.
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Beh, diciamolo con schiettezza: ci sorprende sentir parlare del cristianesimo come di una lotta a gomitate per trovare posto in paradiso, come si usa qualche volta oggi fuori dello stadio...; siamo così abituati, noi borghesi, a veder come un di più folklorico e festivo il nostro interessarci dell'anima, anzi ci sembra già troppo il venire noi con regolarità a messa tutte le domeniche...: cosa si vuole di più? E gli altri che non vengono neanche...? Ci sorprende anche sentire che c'è calca per entrare nel Regno dei cieli: a noi parrebbe invece che tutti se ne infischino...!
"Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi". Quanto è affare più serio il problema della nostra salvezza! E quanto è facile che altri ci scavalchino..., noi chiusi nel nostro orizzonte secolarizzato che ci ostiniamo ancora credere il più evoluto..!