TESTO Dio ha mandato il figlio perché il mondo sia salvato
III domenica dopo Pentecoste (Anno A) (03/07/2011)
Vangelo: Gv 3,16-21
«16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Se si è scomodato Dio a venirci a salvare, significa che nell'uomo c'è qualcosa di rotto che da sé non riesce ad aggiustare. E qualcosa di decisivo.., quale è la morte!
La Bibbia dice che ciò che ha rotto l'uomo è il peccato. Realtà non facile da capire: complessa perché riguarda sia Adamo sia ogni uomo con la sua responsabilità. Conviene chiarire allora anzitutto cosa si intende per peccato, che c'entra Adamo e quale sia il ruolo di ognuno di noi.
Ma questa del peccato non è tutta la realtà oggi esistente; e neanche mai esistita nel disegno stesso di Dio. Al peccato s'è contrapposto subito un Salvatore. Detto sinteticamente: l'uomo è stato previsto schiavo del peccato e liberato da Cristo. La sua definizione tecnica - è di sant'Ambrogio - è quella oggi di essere un "liberto", appunto uno schiavo emancipato.
1) Schiavo
La pagina della creazione dell'uomo mette in luce che l'uomo non si è fatto da sé, ma è creatura di Dio. Dio gli ha affidato il creato perché lo "coltivasse e lo custodisse" (Lett.), non che se ne sentisse padrone assoluto. L'immagine del mangiare "dell'albero della conoscenza del bene e del male" significa la pretesa dell'uomo di sentirsi criterio ultimo di valore su ciò che esiste, e che ha già una sua legge intrinseca precedente la libertà dell'uomo. E' stata la tentazione di Adamo e dell'uomo di sempre, e oggi così enfatizzata dalla nostra cultura secolarizzata, soggettivista e relativista. In questo consiste propriamente il peccato: sentirsi Dio al posto di Dio, l'uomo che presume di essere l'unico criterio della verità. Padrone di manipolare anche la vita, oltre che il creato. E alla fine anche manipolatore della coscienza, l'ultima voce interiore di ciò che è bene e male!
"Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, perché tutti hanno peccato" (Epist.). Il peccato originale compiuto da Adamo, in quanto capostipite e rappresentante di tutta l'umanità, ha lasciato tracce in ogni uomo, quasi "una goccia di veleno" (Benedetto XVI) che inquina la libertà, procurando in ognuno il sospetto nei confronti di Dio. Sospetto e ribellione che ogni uomo poi nella vita ratifica con suoi atti personali liberi. "In conseguenza del peccato originale, la natura umana è sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte" (Catechismo Chiesa Cattolica, nn. 76-77), e all'egoismo; mali che si aggravano e si "organizzano" in pesanti condizionamenti che determinano addirittura "strutture di peccato" nei quali l'uomo rimane coinvolto. Paolo parla di "un corpo di morte: nella mie membra vedo un'altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato" (Rm 7,23). Fino a dichiarare: "In me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo" (Rm 7,18).
Bisogna prendere coscienza di questa ferita che inquina nel profondo la nostra esistenza causando grandi guai. Delle guerre, violenze e ingiustizie.. magari troviamo spiegazione. Inspiegabile alla nostra ragione invece è dolore, sofferenza e morte ..: costituiscono l'enigma della vita e provocano ribellione e disperazione. Solo la Bibbia indica la radice e la causa di ogni male, appunto nella ribellione a Dio e in quel che provoca nell'uomo. Solo la fede dice fino in fondo la verità dell'enigma uomo; e contro ogni sguardo ottimista (o autosufficiente) della vicenda umana indica nel peccato il male radicale. Tocca a noi cristiani crederci e proclamare tale verità con realismo. Tenendo presente che questo male non si vince né con la buona volontà né attraverso riforme o soluzioni umane. Proprio da qui nasce la necessità di un intervento divino.
2) Liberto
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; infatti non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui". Dio poteva inventare mondi diversi; ha fatto questo attuale incentrandolo in Cristo Redentore. Ha previsto insieme un uomo peccatore entro però l'orizzonte positivo di un Salvatore. Probabilmente perché voleva un mondo in cui brillasse di più la sua misericordia che non la sua benevolenza. O anche perché si valorizzasse la libertà dell'uomo. O soprattutto perché più concretamente l'uomo capisse che la vita piena non è sua conquista ma solo suo dono. Avendolo creato e destinato ad essere come Dio, erede di Casa Trinità, si manifestasse chiaramente che questo è un destino oltre le forze umane; ma anche oltre ogni opera meritoria umana, cioè attraverso un superdono che è il perdono.
"Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia" (Rm 5,20). Paolo è meravigliato della "stravincita" in perdono voluta da Dio: "Il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono versati in abbondanza su tutti" (Epist.). Questo è progetto fin dall'inizio. Pietro parla "dell'Agnello senza difetti e senza macchia predestinato già prima della fondazione del mondo" (1Pt 1,19-20). Già previsto il male, ma subito già deciso il riscatto. L'umanità non è mai esistita da sola, cioè priva della solidarietà di Gesù Redentore, senza cioè la grazia del suo sacrificio e del suo perdono. Sant'Ambrogio cantava: "O Signore Gesù, sono più debitore ai tuoi oltraggi per la mia redenzione, che non alla tua potenza per la mia creazione. Sarebbe stato inutile per noi nascere, se non ci avesse giovato venire redenti" (In Luca).
Libertà e grazia sono il binomio inscindibile perché l'uomo cammini a costruire una vita buona quaggiù e a raggiunga un destino di vita eterna. Purché la libertà guarita dalla grazia collabori: "Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio". La nostra volontà è sì guarita, ma sempre libera di chiudersi alla luce e di rifiutare la medicina: "La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce. Chiunque fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate". Chi si danna all'inferno è solo per colpa sua, duplice colpa: rifiuto della gratuita giustificazione nel battesimo e della grazia che sostiene, cioè la medicina dei sacramenti.
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"Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?" (Is 5,4), sembra lamentarsi il Signore! A volte lo accusiamo dei guai della vita; ma lui.. "che non ha risparmiato il proprio Figlio ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?" (Rm 8,32).
Guardare la vita sullo sfondo vero del disegno di Dio apre il cuore (e la ragione) a una serenità (e razionalità) maggiore, e soprattutto a una grande speranza. Veramente solo il vangelo è "buona notizia"!