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TESTO Traccia di comprensione Sir 17,1-4.6-11b.12-14; Rm 1,22-25.28-32; Mt 5,43-48

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

II domenica dopo Pentecoste (Anno A) (26/06/2011)

Vangelo: Sir 17,1-4.6-11b.12-14|Rm 1,22-25.28-32|Mt 5,43-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,2.43-48

2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Lettura del libro del Siracide. 17,1-4. 6-11b. 12-14

Dopo un richiamo all'ascolto della sapienza e all'attenzione del cuore ("Ascoltami, figlio, e impara la scienza, e nel tuo cuore tieni conto delle mie parole". " v 6,24), viene manifestata l'opera di Dio creatore. Con sguardo stupito, l'autore contempla le perfette leggi del creato (16,24-30): l'opera di Dio nel cosmo e sulla terra.

Nel cap. 7, che leggiamo oggi, continua il richiamo della creazione sulla falsa riga del cap.1 della Genesi, esaltando la grandezza dell'umanità e, nello stesso tempo, richiamando la mortalità dell'uomo, frutto del rifiuto della legge di Dio e frutto del peccato (Gen capp 2-3).

Eppure l'umanità, poiché modellata a immagine di Dio, continua ad avere potere sugli esseri viventi, creati da Dio stesso (v4). Così, tra i due piani tradizionalmente ricordati del cielo e della terra, con le creature celesti e terrestri, l'umanità partecipa dell'azione di Dio e dello stesso dominio sulle cose di Dio (v3); e tuttavia, come realtà mortale (v1), partecipa alla stessa fragilità degli esseri viventi. E poiché continua la propria vocazione al dominio sulla creazione, è attrezzato con sapienza poiché dotato dei sensi e della ragione che lo rendono superiore agli animali (vv 1-6); è ricco di facoltà morali e intellettuali che lo rendono capace di discernimento (v 6 e v 15) ed è provvisto delle capacità sensoriali del parlare, del vedere e del sentire. L'uomo è grande nella sua pienezza e veramente è la gloria di Dio (Sal 8).

Si risente, in questo testo, particolarmente, anche l'attenzione alla cultura greca e tuttavia gli elementi culturali ebraici e greci sono apporti molto bene amalgamati nella consapevolezza ebraica che viene dalla Parola di Dio.

Interessante la rilettura del timore: il timore dell'uomo negli animali, il timore di Dio

nell'uomo: due intuizioni che riportano un equilibrio nella realtà e il rispetto di gerarchie e di valori. Il timore, in questo caso, non è paura né angoscia, ma rispetto, equilibrio e

consapevolezza di dover mantenere le distanze rispetto a realtà più grandi.

Nel cuore dell'uomo il timore di Dio, con il senso religioso (vv 7-14), permette di

riconoscere le opere divine e di apprezzare i comandamenti di cui Dio gli ha fatto dono

affinché ognuno impari la giustizia e la generosità. Come un padre saggio e discreto, Dio guida e istruisce i suoi figli e, in particolare, Israele, il suo primogenito a cui si è mostrato nella sua gloria ed ha parlato sul Sinai. Egli osserva la condotta umana e non gli sfugge alcuna azione buona o cattiva che, a suo tempo, sarà remunerata.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 1, 22-25. 28-32

Paolo chiarisce il significato fondamentale della missione per cui si risente inviato e ne fa argomento centrale della sua "Lettera ai romani": la salvezza è una grazia elargita da Dio a tutti coloro, Giudei e pagani (1,16) che credono al Vangelo.

Perciò Paolo traccia le linee fondamentali della condizione morale dei pagani (1,18-32: testo che viene letto oggi) e, successivamente, richiama il mondo giudaico (2,1-3,8): tutti e due questi mondi sono fuori della salvezza che Gesù porta. La riflessione di questi capitoli è fondamentalmente teologica. Paolo vuole parlare della salvezza indispensabile di Gesù più che sviluppare un'analisi del problema morale per giudicare e condannare.

Paolo non parla di castighi di Dio per l'uomo quanto piuttosto "dell'ira di Dio" (1,18:

immagine colorita per ricordare il rifiuto del male da parte di Dio). L'uomo riceve il suo

castigo nell'essere abbandonato a se stesso, e riceve in tal modo la sua punizione, avendo rifiutato la verità su Dio. Gli uomini si sono rivelati ingiusti, si sono dati all'idolatria e hanno soffocato la verità. Infatti, attraverso la creazione, essi potevano percepire " la potenza e la divinità" di Dio, cioè la sua onnipotenza creatrice e la Sua maestà. Proprio questi attributi di Dio avrebbero dovuto creare un rapporto di amore coerente e pulito. E invece, rifiutando l'accoglienza di questi segni, da sapienti sono diventati stolti, soggetti a confusioni terribili per cui "hanno scambiato la gloria di Dio con l'immagine dell'uomo corruttibile, oppure con l'immagine di uccelli, di quadrupedi e di rettili" (1,18-23). Così il mondo dei pagani, abbandonato (viene ripetuto tre volte vv 24. 26. 28), dalla oscurità della verità è caduto nell'oscurità della vita morale, colmo di ogni ingiustizia e bramoso di ogni depravazione.

Viene riportato qui uno dei "cataloghi dei vizi" che Paolo riprende spesso nelle sue lettere: egli elenca la storture di atteggiamenti morali che diventano drammatiche e pericolosissime.

Costruiscono corrosive mentalità che influenzano costumi e comportamenti, rischiando di diventare, nel mondo, esempi suggestivi di stili di vita.

E' probabile che Paolo abbia sotto gli occhi il clima morale della "Roma dei cesari" che ha sviluppato una depravazione crescente, derivante dalla violenza e dalla immoralità delle classi dirigenti.

Lettura del Vangelo secondo Matteo. 5, 43-48

Dopo il "Discorso della Montagna" in cui Gesù ha elencato inizialmente le "beatitudini", dice Matteo, (discorso fondativo della linea morale della nuova alleanza), la proposta di Gesù continua, sviluppando attraverso sei antitesi, che possono sembrare contrapposizioni ma che si risolvono in esempi di revisione e di reinterpretazione della legge ("Avete inteso che fu detto dagli antichi...Ma io vi dico": 5,21-48). Quest'oggi leggiamo l'ultimo esempio.

Siamo a confronto con testi che Gesù offre alla sua comunità perché sappia misurare le

proprie mentalità, e quindi scelte e stili di vita morale su alcuni criteri che Gesù ritiene
indispensabili per le scelte quotidiane dell'esistenza.
Qui si parla di amore senza escludere nessuno.

"Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico". Gesù trasforma radicalmente tale mentalità, suggerendo la misura su cui ci si deve giudicare. Misura è la perfezione del Padre nella sua misericordia e nel suo perdono:: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste".

Per sé nel Primo Testamento non si parla di odio ai nemici, salvo in alcuni salmi in cui

vengono ricordate le "guerre sante" in un linguaggio molto arcaico: "Non odio forse i tuoi

nemici, Signore? Li detesto con odio implacabile" (Salmo 139,12-22). In alcuni scritti delle comunità di Qumran (comunità religiose ebraiche al tempo di Gesù), si ritrovano anche espressioni di amore per i credenti (i "figli della luce") e odio per i pagani ("i figli delle tenebre").

E tuttavia anche nella Bibbia alcuni testi incoraggiano a non ricambiare il male: "Non dire: «Come ha fatto a me così io farò a lui, renderò a ciascuno come si merita». (Prov 24,29) oppure "Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico" (Es23,5). In questo caso i rabbini incoraggiavano ad un'attenzione particolare verso i connazionali. Comunque il tutto si racchiudeva in un'attenzione agli appartenenti al popolo ebraico.

"Quali ricompensa per quali interventi?". La ricompensa corrisponde al salario che un

lavoratore riceve per un lavoro eseguito bene. Il testo può incoraggiarci a capire che

l'elemento fondamentale della ricompensa sia la gratuità, base di misura su cui Dio poggia il suo riconoscimento. Ci si gioca infatti sulla novità, sulla sorpresa della stile di Dio tra noi, sulla misericordia ed il perdono in un tempo di normale sospetto, di dominio ingiusto, di eserciti di conquista che si impongono con la violenza.

L'amare solo i propri amici corrisponde a ciò che fanno anche le persone del più basso livello morale, additate al disprezzo pubblico, che sono "i pubblicani", dipendenti e servi dell'impero romano, normalmente colpevoli di estorsioni: appaltatori e raccoglitori di imposte.

Gesù invece dice: "Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori". Se amare

suppone una faticosa revisione dei propri sentimenti e quindi dei propri comportamenti, il

pregare richiede, più chiaramente, un puro atto interiore che spesso fa diventare drammatica la scelta ed è, però, l'inizio di una conversione. La preghiera ha proprio il significato di unirci al Signore, purificarci la mente e il cuore e accostare l'altro come un figlio di Dio.

Proprio questo Dio è colui che si mostra disponibile verso tutti e, attraverso Gesù, è colui che predica e vive per il perdono di tutti.

Perfetto è colui che è disposto a rivedere i propri criteri per unirsi alla volontà di Dio.

Perfetto allora è colui che si unisce a Dio profondamente, che raccoglie la sua volontà in tutta la sua grandezza. Perfetto è colui che sa di non essere perfetto, ma sa di dover camminare poiché la perfezione è sempre oltre il proprio orizzonte.

 

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