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TESTO Traccia di comprensione At 4,8-14; 1Cor 2,12-16; Gv 14,25-29

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

VI domenica T. Pasqua (Anno A) (29/05/2011)

Vangelo: At 4,8-14|1Cor 2,12-16|Gv 14,25-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,25-29

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Lettura degli Atti degli Apostoli. 4, 8-14

Gli Atti degli Apostoli (4,8 -14) ripropongono il discorso di Pietro davanti al Sinedrio il giorno dopo la guarigione compiuta su uno storpio alla porta Bella del tempio. Infatti, la spiegazione alla gente che si era assiepata intorno, stupita del fatto, aveva irritato i responsabili del tempio che avevano arrestato subito Pietro e Giovanni, e avevano quindi condotto il giorno dopo davanti al tribunale religioso, (lo stesso che aveva condannato Gesù) per un processo che si profilava severissimo, nella linea di quello che era stato sviluppato per Gesù.

Ci sono due accuse. Una viene dai Sadducei che non credono alla risurrezione (Mt 22,23) e contestano che predichino al popolo la risurrezione dai morti di Gesù. La seconda viene dall'autorità costituita che si sente scavalcata e messa sotto accusa dal nuovo movimento cristiano: "Con quale potere e in nome di chi avete fatto questo?" (v 7).

Emergono nella descrizione di questi avvenimenti le linee di fondo del testo degli Atti.

- L'attualità dell'annuncio della Resurrezione per cui Gesù è vivo e continua ad operare per la salvezza dell'uomo.

- Viene colta la continuità tra l'azione di Gesù e l'azione della Chiesa. L'azione di Gesù (dice Luca), raccontata nel Vangelo, continua nella Chiesa e nel mondo. E come Gesù è stato perseguitato, così la Chiesa è perseguitata ma porta la presenza rassicurante dello Spirito.

Pietro, da accusato, sembra diventare accusatore con 3 motivazioni che sono testimonianza.
· Pietro mostra lo stesso malato guarito.

· Gesù, considerato malfattore, diventa invece, per il Padre, fondamento dell'esistenza e della salvezza del mondo.

· La Scrittura, che è riferimento fondamentale per Israele, ricorda che i responsabili del popolo hanno "scartato" Gesù mentre egli è la pietra angolare (Sal 118,22)

Sono soprattutto i capi che hanno bisogno di salvezza perché essi, più degli altri, rischiano di farsi nemici di Dio e del suo progetto di salvezza in Gesù. E gli apostoli, con molta libertà, invitano a capovolgere ogni comprensione.

Come responsabili del popolo di Dio, se non filtrano giudizi e criteri di vita nella fede in Gesù, tradiscono Dio e il suo popolo.

La situazione è sconcertante: Ci sono persone "semplici e senza istruzione", c'è franchezza, c'è un paralitico guarito, c'è un messaggio assolutamente sconvolgente. E il tutto non viene proposto in termini pubblicitari, quasi una concorrenza. Si richiede una conversione totale sulla persona di Gesù.

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 2, 12-16

Dopo il fallimento della predicazione ad Atene e l'amarezza dell'esperienza di attendere senza risultati, Paolo si reca a Corinto dove inizia il proprio ministero "in debolezza e con molto timore e trepidazione" (1 Cor 2,3). In sordina.

Al principio egli impiega i suoi giorni feriali nel lavoro manuale, fabbricando tende nella casa di Aquila e Priscilla, una coppia di cristiani scacciati dall'imperatore Claudio da Roma per tensioni e scontri sorti nella capitale dell'impero, all'interno delle comunità ebraiche. All'esterno tutto veniva interpretato come litigio nell'ebraismo. In verità si sono verificate tensioni per le conversioni al cristianesimo, difficili però da identificare al di fuori. A buoni conti, senza poter fare distinzioni, tutti gli ebrei sono allontanati da Roma e questa coppia di cristiani, amici di Paolo, si rifugia a Corinto e accoglie in casa l'apostolo come lavoratore. Solo dopo l'arrivo di Sila e di Timòteo dalla Macedonia, Paolo si dedica a tempo pieno alla predicazione (At 18,1-11). Questa venuta e questa sua umile attività viene espressa al negativo: "Non mi presentai con l'eccellenza della parola o della sapienza... ritenni di non sapere... la mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi" (vv 2,1. 2.4).

E se Paolo ha parlato di una sapienza umana in termini negativi, poi continua ad illustrare la sapienza cristiana in termini positivi. E facendo riferimento a Isaia 64,3 dice: "Tutte quelle cose che occhio non vide né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano".

Come avviene per lo spirito umano, che può conoscere ciò che si nasconde nei segreti più intimi dell'intelligenza e nel cuore dell'uomo, così avviene anche per lo Spirito di Dio: esso conosce i disegni di Dio e i suoi piani e, in tal modo, proprio solo lo Spirito di Dio ci rivela la sua conoscenza.

Paolo distingue tra l'uomo "lasciato alle sue sole forze" e l'uomo "mosso dallo Spirito": lo Spirito, presente in quest'ultimo, ispira la sapienza superiore che non può essere accolta se non da chi è abitato dallo Spirito stesso di Dio. Egli non deve render conto a nessuno perché nessuno lo può giudicare se non attraverso i parametri dello Spirito stesso. E Paolo così si sottrae alla pretesa di alcuni gruppi della comunità di Corinto che si credono superiori per cultura e profondità di pensiero e criticano gli altri, mettendoli sotto processo e giudicandoli con valutazioni negative.

Paolo si è reso conto che il punto centrale di ogni sapienza superiore deve fare riferimento alla croce di Gesù e perciò il significato e l'itinerario di Gesù verso la sua morte e risurrezione non ha bisogno di abbellimenti e di grandi riflessioni intellettuali. Tutto questo si presenta come follia ma va accettato, abbandonandosi allo Spirito di Dio che fa scelte drammatiche e terribili che sembrano, appunto, follia e che sono, invece, il segno della misericordia dell'amore pieno. Paolo dice che questa sapienza di Dio l'ha accettata passando attraverso tentativi di illusioni, mortificazioni, umiliazioni. "Questa sapienza è il pensiero di Gesù che porto a voi. E questa croce di Gesù non si

può assolutamente cancellare".

Lettura del Vangelo secondo Giovanni. 14, 25-29

Continuando a leggere, nel Vangelo di Giovanni (14,25-29), il "discorso di addio" ai discepoli, Gesù ricorda, nello stesso tempo, che inizia un viaggio verso il Padre e garantisce di ritornare tra i discepoli.

Al v. 23 ha parlato anche della venuta del Padre. Per conseguenza: "Se uno mi ama, osserverà la sua parola", avrà l'amore del Padre, riceverà la venuta di Gesù col Padre; diventerà quindi loro dimora stabile, personalizzando la presenza di Dio nel suo popolo.

In questa comunione il Padre manda lo Spirito Santo, nel nome di Gesù" e manda la pace.
A. Compito dello Spirito è quello di insegnare.

Gesù ha ormai detto tutto quello che desiderava dire e tuttavia è necessario che lo Spirito, nel tempo, continui ad insegnare e cioè a sviluppare, chiarire, affrontare problemi nuovi e rileggere, alla luce del messaggio di Gesù, itinerari di vita. Di fatto, nella storia della Chiesa, sarebbero sorti continuamente problemi inimmaginabili al tempo di Gesù: il dialogo interreligioso, scelte morali difficili, il nucleare, la bioetica, l'ecologia ecc. Il dono dello Spirito permetterà di affrontare questi problemi, pur nella difficoltà, e sosterrà con coraggio anche se tutto questo comporterà fatica. Lo Spirito di Dio farà continuamente riferimento al Vangelo di Gesù e, però, insegnerà non come

un professore a scuola che formula proposte, conoscenze, suggerimenti. Lo Spirito di Dio offrirà anche una forza interiore che "vi guiderà alla verità tutta intera" (Gv 16,13). Giovanni, nella sua prima lettera, ricorda così: "E quanto a voi, l'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca. Ma, come la

sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera e non mentisce, così voi rimanete in lui come essa vi ha istruito. E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo avere fiducia quando egli si manifesterà" (1Gv 2,27-28).
B. Secondo compito dello Spirito è quello di ricordare.

Nel Vangelo ci sono molti suggerimenti e molte proposte che rischiano di essere dimenticate o accantonate, nel nostro continuo tentativo di adattarci con il "buon senso del mondo".

Nella nostra cultura, dopo il Concilio Vaticano II, si è fatto un grande sforzo di riesaminare una mentalità credente più evangelica: si è ripensato più profondamente alla nonviolenza, all'assurdità di "guerre sante", alle distinzioni tra "guerre giuste e guerre ingiuste", alla pena di morte, al valore della democrazia e a molto altro, facendo riferimento alle parole di Gesù che parlava di: "Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano..." (Luca 6,27- 29).

Ma si è ripensato ancora di più, spinti dagli stimoli che venivano dalle ideologie, dalle rivoluzioni, dalle attese, dalle utopie, alla giustizia sociale, ai diritti di ogni uomo, alla fraternità, alla responsabilità sul mondo, alla laicità, al pericolo di mescolare la religione con la politica.
C. Gesù ci lascia la sua pace.

Al tempo di Gesù l'impero continuava a vivere un periodo di pacificazione perché le legioni avevano conquistato e tenevano saldi i confini dell'impero romano. Erano finite le guerre civili all'interno e le popolazione ai confini erano tranquille. Eppure la pace romana si alimentava di violenza, di sopruso sui popoli vinti, di sfruttamento. La pace che Gesù offre è la pace che si costruisce insieme con tutti popoli. E la pace propone che tutti i popoli si rispettino, si accolgano nelle proprie difficoltà, si sostengano, cercando la pace dell'armonia.

La storia ci ha obbligato a ripensare a problemi diversi, a situazioni nuove, pur passando attraverso drammi e rivoluzioni. Spesso la storia, pur alimentata da aspirazioni e da ideologie nate al di fuori del cristianesimo, si è pure alimentata di tensioni e di aspirazioni cristiane senza rendersene sufficientemente conto. E noi cristiani non abbiamo riconosciuto a sufficienza queste attese e queste tensioni: il significato della libertà di ogni uomo, la dignità di ogni essere umano, uomo e donna che sia, il valore della vita, indipendentemente dal danaro che ciascuno ha. E l'elenco

potrebbe moltiplicarsi. Lo scontro del secolo 20º tra popoli per le guerre, il superamento del colonialismo, le stragi, la consapevolezza del problema della fame e della sete tra i popoli sottosviluppati, la ricerca nella filosofia, nella teologia e nelle scienze, i convegni ed il Concilio e, non da ultimo, le stesse richieste di perdono che Giovanni Paolo II ha fatto nell'anno Santo del 2000 permettono di ripensare al camino della storia, alla presa di coscienza che, via via, in molti è stata iniziata nei campi di concentramento, nei parlamenti e all'ONU, dopo i crolli ideologici, nella faticosa presa di coscienza di interi popoli per la nonviolenza, nei martiri cristiani e non cristiani.

La presenza dello Spirito, mentre ci dà forza, obbliga a ripensare con molta umiltà e libertà al cammino che dobbiamo compiere insieme, trasformando di volta in volta il mondo, forte delle esperienze di bene, di insegnamenti e di ricordi che lo Spirito stesso offre, (in stretta unione con lui) per continuare l'insegnamento di Cristo, per farlo ricordare e comprendere. Egli infatti non è un sostituto ma continua la sua opera.

Infine, Gesù che dà la pace, la pone, qui, ancora come promessa poiché la pace sarà donata il giorno di Pasqua. Essa non significa tanto la fine della guerra (Zc 9,9-10) ma l'insieme dei beni messianici: è diversa da quella del mondo che porta la morte e che è conseguenza di vittoria delle armi e del potere. La pace viene come dono di Dio, porta

gioia e toglie il turbamento. Anzi l'amore degli apostoli dovrebbe farli gioire perché Gesù ritorna al Padre, suo riferimento fondamentale a cui Gesù si orienta continuamente.

"Il Padre è più grande di me" (28) ha dato origine a molte interpretazioni: può significare origine eterna del Figlio dal Padre, richiamo del Verbo incarnato, o semplicemente riferimento all'umanità di Gesù. Pare invece che vada interpretato alla luce della missione: il Padre è "colui che lo ha mandato".

 

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