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TESTO Il buon pastore ci chiama per nome

padre Ermes Ronchi

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (15/05/2011)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Il buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome.

Non l'anonimato del greg­ge, ma nella sua bocca il mio nome proprio, il no­me dell'affetto, dell'uni­cità, dell'intimità, pro­nunciato come nessun al­tro sa fare. Sa che il mio nome è «creatura che ha bisogno». Ad esso lui sa e vuole rispondere.

E le conduce fuori. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma degli spazi aper­ti, pastore di libertà e di fi­ducia. E cammina davanti ad esse. Non un pastore di retroguardie, ma una gui­da che apre cammini e in­venta strade, è davanti e non alle spalle. Non un pa­store che pungola, incalza, rimprovera per farsi segui­re ma uno che precede, e seduce con il suo andare, affascina con il suo esem­pio: pastore di futuro.

Io sono la porta, Cristo è passaggio, apertura, porta spalancata che si apre sul­la terra dell'amore leale, più forte della morte ( chi entra attraverso di me si troverà in salvo); più forte di tutte le prigioni ( potrà entrare e uscire), dove si placa tutta la fame e la se­te della storia ( troverà pa­scolo).

E poi la conclusione: Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza .

Non solo la vita ne­cessaria, non solo la vita in­dispensabile, non solo quel respiro, quel minimo sen­za il quale la vita non è vi­ta, ma la vita esuberante, magnifica, eccessiva, vita che dirompe gli argini e sconfina, uno scialo di vita. Così è nella Bibbia: manna non per un giorno ma per quarant'anni nel deserto, pane per cinquemila per­sone, carezza per i bambi­ni, pelle di primavera per dieci lebbrosi, pietra roto­lata via per Lazzaro, cento fratelli per chi ha lasciato la casa, perdono per set­tanta volte sette, vaso di nardo per 300 denari sui piedi di Gesù In una piccola parola è sin­tetizzato ciò che oppone Gesù, il pastore vero, a tut­ti gli altri, ciò che rende in­compatibili il pastore e il ladro. La parola immensa e breve è «vita». Cuore del Vangelo. Parola indimenti­cabile. Vocazione di Dio e vocazione dell'uomo.

«Non ci interessa un divino che non faccia anche fiori­re l'umano. Un Dio cui non corrisponda il rigoglio del­l'umano non merita che ad esso ci dedichiamo» (Bonhoeffer).

Pienezza dell'umano è il divino in noi, diventare fi­gli di Dio: i quali non da sangue, non da carne, ma da Dio sono nati (cfr. Gv 1,13 ). Diventare consapevo­li di ciò che già siamo, figli, e non c'è parola che abbia più vita dentro; realizzarlo in pienezza.

E questo significa diventa­re anch'io pastore di vita per il piccolo, per il pur mi­nimo gregge (la mia fami­glia, la mia comunità, gli a­mici, cento persone con nome e volto) che Lui ha affidato alle mie cure. Vo­cazione di Cristo e dell'uo­mo è di essere nella vita da­tori di vita.

Libri di padre Ermes Ronchi

 

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