TESTO Commento su Luca 12,32-48
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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (15/08/2010)
Vangelo: Lc 12,32-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
41Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Forma breve (Lc 12,35-40):
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Lectio
Quanto ci propone Luca 12,32-48 è un insieme di detti di Gesù piuttosto composito che illustrano in generale due argomenti fondamentali: la fiducia nella provvidenza di Dio e la vigilanza nell'attesa del ritorno del Signore Gesù (Parusia).
Questi sono i diversi segmenti in cui si suddivide il nostro brano
1) la finale dell'esortazione ad avere fiducia nella provvidenza di Dio (Luca 12,22-34) composta da due parti ben distinte: l'esortazione al «piccolo gregge» (v. 32) e l'invito a vendere i propri beni e a dare il ricavato in elemosina (vv. 33-34)
2) le «parabole della Parusia»
- vv. 35-40: due parabole rivolte ai discepoli sull'incertezza del momento della Parusia e sulla necessità di essere vigilanti
- vv. 41-46: una terza parabola che Luca indirizza in modo speciale ai responsabili di comunità
- vv. 47-48: un insegnamento che prolunga la morale dell'ultima parabola
32. In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, poiché il Padre vostro si è compiaciuto di dare a voi il regno.
Con queste parole termina il discorso del brano precedente (Lc 12,22-34) che invitava ad abbandonarsi con fiducia alla provvidenza di Dio, il quale si prende cura degli uccelli del cielo e dei fiori del campo.
E' una parola di consolazione, esorta a non temere e dà una promessa di salvezza.
E' una parola di contrasto: oppone una situazione presente, precaria, a un futuro di salvezza nel quale la situazione attuale viene rovesciata. Il piccolo gregge di ora diventerà la comunità gloriosa nel Regno del Padre.
La metafora del «gregge» è comune nell'AT per qualificare il popolo eletto; essa include l'immagine di Dio come Pastore e quindi la coscienza di stare sotto la sua protezione e guida.
Il qualificativo «piccolo» mostra che però Gesù ha in mente non Israele nella sua totalità, ma il gruppo dei suoi discepoli, abbozzo del popolo escatologico di Dio.
Il motivo per cui il «piccolo gregge» non deve avere paura è espresso nel secondo membro del versetto: il Padre, nella sua bontà gratuita, l'ha fatto destinatario del bene salvifico per eccellenza: il Regno. La promessa ricorda Dn 7,27: Dio darà il Regno al figlio d'uomo che è il popolo dei Santi dell'Altissimo: Gesù vede il gruppo dei suoi discepoli come destinatari di tale promesse, in quanto popolo escatologico di Dio.
33. Vendete i vostri beni e date(li) in elemosina. Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro che non viene mai meno nei cieli, dove ladro non si avvicina né tignola corrode;
I versetti 33-34 sono la conclusione del discorso sulla fiducia nella provvidenza. Viene detto positivamente in cosa deve consistere l'autentica preoccupazione del discepolo in contrasto con ciò che il ricco stolto non ha fatto tesaurizzando per se stesso (v. 21): non si è assicurato un tesoro nei cieli.
Il v. 33 proviene dalla fonte Q, ma Luca lo adatta e vi introduce l'invito a vendere tutto e a fare l'elemosina. Vi si trova l'eco del radicalismo delle esigenze di Gesù anche se non è possibile definire esattamente a quale «tesoro» egli pensava.
L'idea del tesoro conservato in cielo, l'esortazione a non riporre la fiducia nei beni effimeri ma in Dio, il valore dato all'elemosina come opera di misericordia, sono conosciuti nel giudaismo (vedi Tb 4,7-10; 12,9 Sir 3,30; 29, 10-12). Dio viene paragonato a un buon banchiere: le opere di bene compiute sulla terra sono come un capitale depositato presso Dio; quest'ultimo aiuterà le persone generose quando, a loro volta, si ritroveranno nel bisogno in questa vita. Il pensiero della ricompensa nell'aldilà entrerà più tardi.
In queste correnti sapienziali, i beni terreni sono conciliabili con i tesori celesti: la ricchezza è segno di benedizione.
Per Gesù invece la prospettiva cambia: la ricchezza diventa una concorrente di Dio e del suo Regno nel cuore dell'uomo; il discepolo non può servire a due padroni. Gesù sfrutta dunque immagini tradizionali per poi focalizzare l'attenzione del discepolo su Dio solo.
Luca in questi versetti ha in mente l'episodio del giovane ricco (Lc 18,22), un esempio concreto che serve da avvertimento: la ricchezza materiale non offre nessuna sicurezza all'uomo, anzi rischia solo di fare da ostacolo alla scelta fondamentale di Dio a cui ogni discepolo è chiamato. Il Regno è il vero tesoro, non sottomesso alla legge
del consumo e al rischio di essere rubato.
L'immagine delle borse che Luca aggiunge, implica un'attività «finanziaria» (e non solo un deposito), un trafficare corretto dei beni in possesso; per Luca questo trafficare consiste soprattutto nell'aiutare i bisognosi, non nell'arricchirsi materialmente.
34. perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore».
Questa sentenza conclude la pericope sul giusto rapporto verso i beni materiali. Il tesoro è ciò per cui l'uomo lavora, ciò che gli sta a cuore e a cui si attacca con passione. Per Gesù il tesoro si identifica con la realtà del Regno di Dio che il discepolo è invitato a scegliere senza riserva.
Per Luca la scelta di Dio non ha perso la sua radicalità: il credente deve viverla nella sua esistenza quotidiana. Se Dio è l'ideale del cristiano, la decisione profonda di quest'ultimo sarà orientata alla ricerca del Suo Regno. Bisogna quindi, all'opposto del comportamento del ricco insensato, centrare la propria scelta ed esistenza sul Bene per eccellenza. Il buon senso fa capire che altri beni sono effimeri, la fede conferma che solo Dio risponde pienamente alla vocazione profonda dell'uomo.
35. «Siano cinti i vostri fianchi e le lucerne accese;
Questa doppia esortazione serve sia da titolo sia da introduzione alla parabola. utilizza immagini tradizionali dell'esortazione cristiana:
- cingere le reni, un'espressione comune nella Bibbia per «tenersi pronto»;
- la lampada accesa, simbolo del vegliare durante la notte, cioè durante il tempo che precede la Parusia. I discepoli sono direttamente interpellati a tenersi pronti, in un atteggiamento di servizio, per il ritorno di Cristo.
36. e voi (siate) simili a uomini che aspettano il loro signore, quando ritorna dal banchetto, per aprirgli subito appena arriva e bussa.
La parabola inizia in questo versetto e si presenta in forma di paragone. E' possibile che Luca abbia ritoccato l'inizio della parabola; con l' «e voi» iniziale lega l'esortazione del v. 35 allo stile narrativo della parabola; di conseguenza, viene subito messo in evidenza il comportamento dei servi e non più la partenza del padrone.
La scena è semplice: il padrone di casa si è recato a un banchetto; i servi si tengono pronti per accoglierlo appena torna e bussa alla porta, in un'ora incerta della notte.
Sembra che il testo attribuisca a tutti i servi il compito del portiere: vegliare e aprire la porta. Il significato attuale della parabola è chiaro: tutti i credenti devono essere vigilanti e aspettare l'arrivo di Cristo glorioso, per accoglierlo con amore e premura appena egli bussa alla porta.
37. Beati quei servi, che il signore venendo troverà vigilanti! In verità vi dico che si cingerà e li porrà a tavola e passando li servirà.
Una prima conclusione generale sviluppa l'idea della ricompensa in forma di doppia beatitudine. Sicura e magnifica sarà la ricompensa per coloro che saranno trovati svegli quando arriverà il Signore. La parabola finisce dunque non con un avvertimento ma con una promessa di beatitudine che supera la semplice immagine parabolica: non è più la gioia dei servi all'arrivo del padrone, ma la felicità dei discepoli quando incontreranno Cristo glorioso. Probabilmente, per scrivere il v. 37a l'evangelista si è ispirato alla finale della parabola dell'amministratore fedele (Lc 12,43 Mt 24,46 entrambi provenienti dalla fonte Q).
La seconda parte del versetto presenta una scena inattesa, fuori del normale, che rompe la coerenza tra il v. 37a e il 38: il signore in persona si mette al lavoro, fa accomodare i suoi servi e li serve a tavola! E' un'aggiunta secondaria, ma adatta al livello allegorico del racconto: Luca descrive il banchetto escatologico del Signore con i suoi, ove Gesù vive, come il più grande nel Regno, la sua Signoria nel servizio, atteggiamento di cui aveva già dato l'esempio durante la sua esistenza terrena (cf Lc 22,27), ma soprattutto nel dono di sé sulla croce.
38. E se viene alla seconda e alla terza veglia e li trova così, beati loro!
Questo versetto riprende il tema della felicità di chi sarà trovato vigilante al momento della venuta del Signore, con l'impressione di voler completare quanto detto nel v. 37a. Il ricordare le diverse veglie della notte, eccettuato la prima, rafforza l'idea di un'attesa prolungata e fonda quindi l'atteggiamento lodevole di coloro che aspettano. Senz'altro la raccomandazione a tenersi pronti riguarda l'ora incerta della venuta del Signore, si comincia a fare i conti con un tempo che può prolungarsi.
Con questa piccola parabola sembra che Gesù metta in guardia dinanzi a un evento futuro, gente non preparata: sono le folle indecise dinanzi alla sua predicazione. E' l'esortazione a capire la serietà dell'ora, e cioè il valore dell'annuncio di Gesù, per non trovarsi addormentati quando Dio verrà nel suo Regno.
39. Ma sappiate questo, che se il padrone di casa conoscesse in quale ora viene il ladro, non si lascerebbe traforare la sua casa.
L'esortazione alla vigilanza prosegue con la parabola del ladro, un detto parabolico che proviene dalla fonte Q. Mentre nel primo racconto sono i servi che vengono invitati a vegliare di notte in attesa del padrone, qui è il padrone di casa che deve vigilare. Cambia l'immagine ma non il contenuto: la vigilanza di fronte a un evento improvviso.
E' possibile che Gesù, secondo la sua abitudine, prenda spunto da un fatto accaduto: un furto notturno che ha fatto scalpore nel villaggio dove s'è verificato. Gesù ne trae la lezione per gli ascoltatori in relazione al suo messaggio. Egli allude al grande evento che sta alle porte: il Regno di Dio; importa rimanere pronti per accoglierlo quando verrà all'improvviso.
Il detto ha avuto successo nella tradizione cristiana. Lo troviamo in 1Ts 5,2 e 2 Pt 3,10, dove l'immagine viene applicata al «giorno del Signore» con connotazione Cristologica e risalto dell'aspetto minaccioso: l'evento imprevedibile è il ritorno di Cristo glorioso per il giudizio.
40. Anche voi siate pronti, poiché nell'ora che non pensate viene il Figlio dell'uomo».
Questo versetto ribadisce il contenuto dei versetti precedenti. L'immagine del ladro che irrompe all'improvviso è messa in relazione con la venuta del Figlio dell'uomo per il giudizio. Ormai i vv. 39-40 rientrano nella categoria delle «parabole della Parusia».
41. Ora, Pietro disse: «Signore, la dici per noi questa parabola o anche per tutti (gli altri)?».
Il racconto dell'amministratore fedele/infedele conclude la serie delle «parabole della Parusia» aventi il tema della vigilanza. Anch'esso proviene dalla fonte Q. L'esortazione riguarda la fedeltà al compito assegnato ed è nel testo, sinonimo di vigilanza. In un primo quadro, viene presentato l'amministratore che compie lealmente il suo dovere e riceve una grande ricompensa; poi lo stesso servitore, in un secondo quadro, cambia atteggiamento, approfittando del prolungarsi dell'assenza del padrone per maltrattare gli altri servi e godersela; la punizione che l'aspetta è terribile.
Luca introduce il racconto con una domanda di Pietro che interrompe la serie delle parabole. Il versetto è redazionale. Mediante l'intervento di Pietro, l'autorevole portavoce degli apostoli e rappresentante dell'autorità ecclesiale, l'evangelista precisa i destinatari dell'insegnamento parabolico: sono tutti i credenti, ma in modo speciale i responsabili della comunità ai quali Luca dedica la parabola seguente.
42. E il Signore disse:«Qual è dunque l'amministratore fedele, prudente, che il signore costituirà sopra la sua servitù, per dare [la] razione di frumento a tempo (opportuno)?
La risposta viene direttamente dal Cristo risorto presente nella Chiesa. La parabola utilizza lo stesso titolo di Kyrios per parlare del padrone che affida il compito al servo e verrà per chiederne conto. Dietro questa figura l'evangelista scorge in realtà l'agire del Signore, capo della Chiesa, che verrà al momento della Parusia.
La parabola si apre con una domanda retorica, che invita l'ascoltatore a identificarsi con il soggetto: un servitore riceve autorità dal suo padrone sui domestici. Nella linea evangelica, tale autorità è orientata al sevizio degli altri; il che viene espresso con l'immagine: dare in tempo opportuno la razione (di grano, di viveri).
Al posto di servo, Luca utilizza il termine amministratore, nome con il quale venivano designati i responsabili nelle comunità paoline; egli inoltre mette il verbo al futuro; Gesù sembra riferirsi alle funzioni che sorgeranno nella futura Chiesa.
L'amministratore viene presentato con le qualità ideali richieste per un responsabile: la fedeltà e la prudenza.
43. Beato quel servo, che il suo signore, venendo, troverà a fare così! 44. Davvero, vi dico che lo costituirà sopra tutti i suoi beni.
La lode è espressa con una beatitudine, ed è rafforzata nel v. 44 con una promessa che non sembra aggiungere molto all'autorità che già il servo aveva ricevuto in precedenza.
La formulazione «beato!» e «veramente vi dico» fa tuttavia pensare alla ricompensa celeste; è un tratto allegorico già utilizato per concludere la prima parabola sulla vigilanza.
45. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: "Il mio signore tarda a venire"e cominciasse a battere i servi e le serve, a mangiare e a bere e a ubriacarsi,
Cambiamento di comportamento di questo medesimo servo motivato dall'assenza prolungata del padrone di casa: «Il mio signore tarda a venire», pensa l'amministratore. Ne approfitta per darsi alla bella vita e maltrattare i suoi subalterni; egli insomma agisce come se Dio fosse lontano, non vedesse e non intervenisse; vive senza contare che il Signore può tornare ad ogni momento.
46. il signore di quel servo verrà in un giorno in cui non se lo aspetta e in un'ora che non conosce, e lo spezzerà in due, e assegnerà la sua parte tra gli infedeli.
Il ritorno del padrone è espresso con una formulazione che richiama alla mente del lettore la venuta di Cristo al momento della Parusia: il verbo «venire», messo all'inizio della frase, e che accentua la certezza di tale venuta; la formula stereotipa: «il giorno... l'ora».
La punizione supera le possibilità di un padrone di casa e rimanda al vocabolario religioso della punizione eterna, anche se la formulazione è oscura:
- «lo taglierà in due» o lo toglierà dalla comunità;
- «metterà la sua parte tra gli infedeli»
L'espressione nel suo insieme è forse da capire come formula di scomunica e di condanna.
Questa parabola approfondisce la precedente, rivolgendosi specificatamente alle guide delle comunità cristiane. L'attesa del Signore può durare molto, ma è certa.
47. Ora, quel servo, che conoscendo la volontà del suo signore e non ha preparato o fatto (niente) secondo la sua volontà, sarà percosso molto. 48. Ora, quello che non (la) conosce, ma ha fatto cose degne di bastonate, sarà percosso poco. A chiunque è stato dato molto, sarà richiesto molto da lui, e a chi è stato affidato molto, gli sarà chiesto di più.
Luca aggiunge alla parabola dell'amministratore fedele/infedele un complemento a lui proprio. Sono due sentenze di costruzione tipicamente semitica.
La prima sentenza (47-48a) prende spunto da «quel servo» a cui il padrone ha affidato un compito, ma non sviluppa il tema della fedeltà/infedeltà, bensì quello della conoscenza o ignoranza della volontà del signore. La parabola parla di due diversi comportamenti di un servo che conosce bene la volontà del padrone: l'applicazione prende in considerazione il cattivo comportamento di due servi che saranno puniti in proporzione alla loro conoscenza o meno del volere del padrone.
Il v. 48b è una sentenza sapienziale che funge da conclusione generale al commento precedente ma anche alla parabola dell'amministratore fedele/infedele e all'intera sezione sul tema della vigilanza.
Ci si allontana dalla prospettiva terrena della punizione per guardare alla retribuzione nel giudizio divino: Dio chiederà molto a colui cui ha dato molto. Carismi e funzioni all'interno della comunità sono quindi da sfruttare per il bene dell'intera Chiesa, sono doni da amministrare a favore degli altri.
Luca ha ritenuto di perenne attualità le esortazioni alla vigilanza dinanzi all'Evento imminente, che Gesù rivolgeva già ai suoi contemporanei e discepoli. La Chiesa apostolica aspetta come imminente la Parusia, il ritorno glorioso del Signore. Anche il prolungarsi del tempo storico non ha distrutto l'attesa: siate pronti perché la sua venuta è improvvisa, anche se può tardare.
La vigilanza che orienta il credente verso il futuro viene approfondita nella sua funzione presente: fa evitare il rilassamento nella vita morale ed ecclesiale. La vigilanza porta ad essere attenti, sensibili, disponibili alla volontà di Dio nel momento presente.
Non è tuttavia casuale la disposizione della sezione dedicata alla vigilanza che abbiamo visto in questo lungo brano. Si parte dal tema della vigilanza per poi parlare in tale prospettiva della fedeltà al servizio della comunità, della responsabilità nello volgere il compito affidato. L'appello alla vigilanza sfocia poi in un insegnamento parenetico, diventa regola della disciplina comunitaria. Il motivo della vigilanza è posto a servizio della vita presente nella Chiesa. Luca, in modo esplicito, pone i capi della comunità dinanzi alle loro responsabilità, forse di fronte al pericolo di eresie che minacciano la Chiesa del suo tempo.
Meditatio
1) Quale è il mio atteggiamento verso il mio futuro?
2) Cosa significa per me oggi la venuta di Cristo?
3) In quale modo posso vivere la vigilanza nell'attesa del Suo ritorno?
Preghiamo
(Colletta della 19a domenica anno C)
Arda nei nostri cuori, o Padre, la stessa fede che spinse Abramo a vivere sulla terra come pellegrino, e non si spenga la nostra lampada, perché vigilanti nell'attesa della tua ora siamo introdotti da te nella patria eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...