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TESTO Commento su Giovanni 10,1-10

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IV Domenica di Pasqua (Anno A) (15/05/2011)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Mons. Remo Bonola

Oggi si parla prevalentemente di pecore e di porta: due termini ambivalenti sui quali sono necessarie alcune precisazioni. Nella liturgia di oggi dunque tornano di moda:
1. Le pecore:

2. queste oggi nella comune accezione della gente, non godono di buona fama. Dire oggi a qualcuno "sei una pecora", significa qualificarlo come individuo:

3. senza personalità, che segue opinioni e mode senza riflettere. Lo si riconosce dal suo slogan preferito:

4. vigliacco e pauroso, che fugge da ogni responsabilità personale. Il suo modello ideale si chiama: Ponzio Pilato, un consumato esperto di "mani, ovviamente le proprie, pulite".
Riflessione. "Uomini siete! Non pecore matte." (Par. V,80).

1. Nel linguaggio evangelico al contrario, la figura della pecora viene riabilitata. Le sue connotazioni specifiche, sono quelle di:

2. Saper riconoscere la voce del proprio pastore e naturalmente di seguirlo nei pascoli che decide lui e non quelli, che essa vorrebbe;

3. Essere considerata, dal pastore non come massa anonima del gregge, ma come individualità unica, tanto che egli la chiama per nome ed essa segue la voce del pastore, anche nel caso che non lo vedesse.

Riflessione. Nella pecora possiamo ravvisare ciascuno di noi, sia nella prima, che nella seconda situazione. La prima sarebbe quella nella quale soprattutto in fatto di fede e di morale, ci lasciamo facilmente abbindolare dalle suggestive mode e dal pensiero debole dei "cattivi maestri" (pensatori, Tv, registi, giornalisti ecc.), abilissimi manipolatori dei cervelli altrui.

Nella seconda al contrario, potremmo ritrovarci in pieno, qualora, tra le mille voci del mondo anticristiano, sappiamo riconoscere solo quella di Cristo, "Pastore e custode delle nostre anime", come lo definisce S. Pietro, (2ª lettura, 1Pt. 2,25) con il proposito però, non solo di ascoltarlo, ma anche di seguirlo in tutte quelle, che sono le proposte cristiane del Vangelo.

In ogni caso, valga per tutti, quanto diceva S. Agostino ai suoi fedeli: < Il mondo (anticristiano) fomenta una duplice battaglia contro i soldati (= pecore) di Cristo: lusinga per ingannare, spaventa per spezzare> (Dai "Discorsi" n. 276, 1-2).

1. La porta: anche questo termine nel linguaggio evangelico è soggetto a un duplice significato. Infatti Gesù ha parlato tanto di porta larga quanto di porta stretta.

2. La porta larga è quella della perdizione, cioè l'imbocco nel quale nella vita le pecore, sia come gregge ( = la Chiesa, la società), sia come persone, vanno a cacciarsi nell'illusione di trovare la salvezza. Ma inutilmente, perché dice il Signore: " Entrate per la porta stretta, perché, vi dico, larga è la porta e spaziosa la via, che conduce alla perdizione e molti sono quelli, che entrano in essa" (Mt. 7,13).

Per chiunque, la via del male, coscientemente voluto, è più comoda e momentaneamente appagante; ma poi alla fine si dimostra come il classico "in cauda venenum" cioè il veleno che sancisce il fallimento di una vita, non solo nel caso di un aperto rifiuto della porta stretta, cioè di Cristo, ma anche in quello di un atteggiamento sprezzante verso di Lui. Un autore contemporaneo poco noto ha scritto:< Oggi se Gesù Cristo tornasse tra noi, gli uomini non lo crocifiggerebbero. Lo inviterebbero a cena, ascolterebbero quel che avesse da dire e riderebbero di Lui>.

1. Al contrario la porta stretta è quella che porta alla salvezza, dice infatti il Signore: " Quanto è stretta invece la porta e angusta la via, che conduce alla vita e pochi sono quelli che la trovano" (Mt. 7,14).
Domanda: Come riconoscere la porta larga da quella stretta?

Risposta. Se la porta larga porta alla rovina, questa può avere come custode solo il "Maligno", il quale, tramite i suoi giannizzeri sguinzagliati, ovunque farà del tutto per incantare pecore e greggi, perché la attraversino.

Al contrario la porta stretta per noi credenti è Cristo, il quale con chiarezza di se stesso ha detto: "Io sono la porta delle pecore. Tutti coloro, che sono venuti prima di Me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Se uno entra attraverso di Me sarà salvato; entrerà e uscirà (= la libertà tipica del cristiano) e troverà pascolo". (3ª lettura).

Riflessione. Troveranno dunque pascolo abbondante, cioè piena realizzazione di se stessi, solo quanti si metteranno in fila per entrare nella porta stretta, che è Cristo.

Di Lui purtroppo la società di oggi sembra che possa benissimo fare a meno. Infatti questo dato di fatto, non è sfuggito neppure a un pensatore tutt'altro che credente, come Martin Heidegger, il quale afferma: . E' tutto dire.
1. Cosa esige dai suoi ammiratori la porta stretta?

Risposta. Dal momento, che la nostra porta stretta si identifica con Cristo stesso, nostro Pastore e Salvatore, Egli da noi esige:

1. Conversione e vita cristiana conforme alle rinunzie e alle promesse del nostro Battesimo.

2. Volontà e perseveranza nell'ascoltare la sua voce, che continua a far risuonare nella voce della sua Chiesa.

3. Forza di seguire le sue orme, per vivere non più per il peccato, ma per la "santità" di vita, consona al nostro stato di credenti.

Motivo: Tutti, credenti e non credenti, "siamo stati guariti dalle sue piaghe" (1Pt. 2,24).

Riflessione. Perciò nessun indugio, o dubbio, circa la potenza della misericordia del Signore. Piuttosto, come ha detto qualcuno:< Non bisogna tanto aver paura di cadere, quanto di non rialzarsi>.

Conclusione. Oggi dunque, domenica del Buon Pastore, siamo chiamati a non disertare l'appuntamento con la "pecora giusta" e " la porta stretta ben indovinata". Certamente ne guadagneranno la nostra vita personale, quanto la certezza di aver imboccato la strada sicura della salvezza.

SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Eduard Patrascu

Somari, cani o pastori!

Qualche anno fa', in una parrocchia il viceparroco cercava di spiegare ai bambini il vangelo del buon pastore, quello che ci viene proposto questa domenica. E, per far capire ai ragazzi il messaggio profondo del brano, voleva prima di tutto provare se i suoi piccoli ascoltatori avevano mai visto un gregge, in tutte le sue componenti. Allora, chiese ai bambini: "Ma voi avete mai visto un gregge?". "Siiii", la risposta immediata dei bambini. "E da che cosa è composto il gregge?". "Di pecore", la ovvia risposta. "Ma solo le pecore fanno parte del gregge?". E uno aggiunse: "ci sono gli agnellini". Un'altro: "Beh, qualche volta c'è pure il cane e l'asinello, l'ho visto ai cartoni animati", soggiunse un altro. "Ma il gregge va a pascolare da solo?". E, dopo qualche istante, ecco che uno grida a squarciagola: "Ma no, ci vuole l'ometto che sa dove è il pascolo". "Bene", rispose molto soddisfatto il sacerdote.

"Adesso" - aggiunse - "avete sentito che nel vangelo di oggi, Gesù parla di gregge, di pecore, di pastore e dice che lui è il Buon pastore, sì o no?". "Siiiii, la risposta dei bambini".

Ma se Gesù è il buon pastore, quale è il suo gregge?". "I santi", spara uno. "Gli angeli", un altro. "Gli ebrei, perché Gesù era ebreo", uno con gli occhialini da intelligente. "Ma, no, mica Gesù va in giro con le pecore in paradiso, ma sei matto?", rispose un'altro all'improvviso.

A questo punto, il sacerdote volle fare un altro passettino, e disse: "Ragazzi, ma certo che Gesù è Pastore... lo dice lui stesso. Ciò vuol dire che ha anche un gregge. E questo gregge è la Chiesa. Sì, la chiesa è gregge di Gesù e lui le fa da pastore. Dài, vediamo chi sono i componenti del gregge della chiesa. Chi pensate che siano le pecore?". "A ‘sto punto, sono le persone, i fedeli", rispose uno più grandicello. "Ma quali, di preciso?". "Beh, se sono pecore, allora sono i grandi", riprese quello con gli occhialini". "Molto bene". "E gli agnellini?". "Evvai, questi siamo noi", disse quello dei cartoni animati. "E l'asinello, chi potrebbe essere". Pfffiu... tutti zitti... Nessuno osava dire qualcosa. Dopo qualche insistenza, uno mormorò: "è il parroco... non vedi che è sempre là a fare il somaro solitario? Non gioca mai con noi, non sorride mai, va sempre dritto-dritto nel suo ufficio e si chiude là, perché, così dice lui, c'ha da fare? Ma sì, è lui". "Ma come, il parroco non è il pastore?". "Si, magari lo sarà pure". Il sacerdote, quasi in difficoltà, esitava a fare l'ultima domanda. Eppure, si fece coraggio e disse: "E il cane?". Tutti con la testa in giù: nessuno che osava rispondere. Ma, dalle ultime file scoppia una risata. Il viceparroco, visto ciò, insitette: "ma sì, ditecelo, così ridiamo anche noi". Allora, uno, da dietro, lì sotto, stava con il dito rivolto verso il sacerdote. Il predicatore, arrivato nei suoi pressi, lo vide e si mise anche lui a ridere. "Quindi, sarei io il cane?". "Sììììì", la risposta corale. "E perché?". "Perché corri tanto nell'oratorio". "Perché, tante volte, urli". "Perché ci sgridi", rinfacciò uno. E qui il sacerdote terminò di colpo il suo parlare.

È il resoconto di un fatto accaduto (dove non ho messo proprio tutte le risposte e i dettagli) che, per certi aspetti, fotografa la realtà in cui viviamo. Non poche volte capita che la comunità dei credenti rischi di diventare un'aggregazione alquanto confusa per il semplice fatto che non si guarda nella direzione giusta, non si ascolta la voce corretta. Chi ha a che fare con la gente che tenta di dare spazio a quella sete di Dio presente nel cuore sa benissimo che esiste un desiderio profondissimo di vedere la bellezza di Dio, vale a dire di dissetarsi dalla fonte di vita (di abbondanza di vita, come ci dice il vangelo di oggi) che solo il Buon Pastore può garantire.

Come non pensare al testo di Ez 36 in questa occasione? Dice Gesù, forse sulla scia del profeta Ezechiele: "tutti coloro che sono stati prima di me sono stati ladri e briganti". Faceva bene Sant'Agostino a riflettere se il suo essere pastore coincideva con il desiderio dell'Unico vero pastore oppure se solo se ne serviva del gregge per i propri interessi meschini.

Il pastore, nella chiesa, non è solo il sacerdote (anche se normalmente la terminologia viene applicata a coloro che sacramentalmente hanno la responsabilità pastorale), ma anche ogni cristiano maturo che è chiamato a curare sia alla crescita della sua fede, ma anche della fede altrui, in particolare dei piccoli. Su questa base, credo che l'applicazione di quei bambini non sia caduta "dalle nubi" (o dai cartoni animati)! Sappiamo che tante volte preferiamo fare "i somari" (i comodi, i poco interessati, i testardi) e proprio per questo poi si diventa "cani" (coloro che fanno tante prediche - magari urlano - agli altri, mordono, ma che loro nella vita cambiano poco o nulla). Se sul piano biologico, il somaro e il cane non condividono la specie, al livello spirituale la parentela tra asino e cane è abbastanza stretta: in base alla situazione della vita, nell'ambito di fede si è facilmente ora asino, ora cane.

Allora, forse è utile che ognuno di noi rivolga lo sguardo (soprattutto del cuore) verso il Buon (bello) Pastore e chieda nella preghiera di poter almeno avere il desiderio sempre vivo di seguirne l'esempio: e si tratta di generosità, di premura per il bene anche altrui, di preoccupazione per la salute spirituale di tutti... di cura che tutti coloro che vogliono seguire il Buon Pastore abbiano la possibilità di concretizzare nella propria vita l'abbondanza di vita divina che il Signore vuole donarci anche oggi attraverso la sua parola e i suoi sacramenti, i specie attraverso l'Eucarestia che ogni cristiano è chiamato di celebrare, secondo il proprio stato di vita, ogni domenica (e si celebra soprattutto partecipando attivamente, vale a dire, anche assimilandola in maniera adatta e concreta).

Che il Signore ci doni la grazia di lasciarci trafiggere il cuore perché solo facendolo entrare nel cuore possiamo evitare di diventare somari o cani e di essere sempre più pecore che seguono il Buon Pastore... e, perché no, di essere, ognuno secondo la propria vocazione, pastori-riflesso dell'Unico Pastore.

 

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