TESTO Commento su Giovanni 14,15-21
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VI Domenica di Pasqua (Anno A) (29/05/2011)
Vangelo: Gv 14,15-21
«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Leggiamo
Contesto
La VI domenica di Pasqua del ciclo A ci propone la seconda parte (quella centrale) del discorso di Gesù ai suoi discepoli del capitolo 14 di Giovanni (vv. 15-26; è il seguito del brano della V domenica). Il testo si può agevolmente dividere in due parti: la prima, i vv. 15-17, in cui Gesù promette il dono dello Spiriti di Verità e i vv. 18-21, con la promessa del suo ritorno. Il testo ha uno spiccato timbro trinitario e costituisce uno dei cinque brani, contenuti nei discorsi d'addio del vangelo giovanneo, in cui si parla dello Spirito Santo (questo è uno dei due del capitolo 14).
Anche questa domenica l'attenzione è posta sul rapporto personale di fede e di amore (tema quest'ultimo dominante vedi vv. 15.21.23.24) del discepolo e della Chiesa, con Gesù suo Signore, nella prospettiva della resurrezione e della vita nello Spirito; dunque un discorso rivolto ai credenti di ogni tempo e di ogni luogo. L'unità letteraria è data dalla promessa della presenza dello Spirito (vv. 15-17), di Gesù (vv. 18-21) e nella sezione finale che non è inclusa nella pericope odierna (vv. 22-26), del Padre.
Accompagnano il vangelo di Giovanni il brano degli Atti degli Apostoli (8,5-8.14-17) con il racconto del dono dello Spirito in Samaria e la lettera di san Pietro (1Pt 3,15-18) testo pasquale e battesimale che ribadisce ancora una volta il legame tra Cristo e il discepolo nel vincolo del sacramento e della morte e resurrezione del Signore.
15 Se mi amate, osserverete i miei comandamenti;
Il tema dell'amore che apre il brano odierno è preparato dai versetti introduttivi del capitolo 14 dove le domande degli apostoli contengono il timore per la separazione da Gesù e dunque l'amore per lui. L'amore che Gesù chiede si esprime nell'osservare i suoi comandamenti (notiamo che questa indicazione verrà ripresa al vv. 21 e 26, anche se in forma diversa), resa possibile dall'amore che per primo Dio ci offre (cfr. 1Gv 4,10).
16 e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,
La conseguenza dell'amore e dell'obbedienza a Gesù sarà il dono del Paraclito, inviato dal Padre su richiesta orante del Figlio Gesù. Notiamo che il testo parla di un altro Paràclito, sottintendendo che il primo paraclito è Gesù stesso. Solo Giovanni usa questo nome per indicare lo Spirito Santo (vedi 14,16-26; 15,26; 16,7; 1Gv 2,1) con il significato di consolatore, colui che assiste e difende; predomina anzi il senso giuridico di tale termine in quanto lo Spirito aiuterà i discepoli nel grande processo che il mondo metterà in piedi contro di essi (cfr. 16,4-15).
Tale dono è permanente: rimanga con voi per sempre, senza limiti di tempo ed assicura la comunione con Cristo che lo comunica (cfr. Mt 28,20).
Paraclito è inteso da Giovanni a volte in modo generico, per indicare l'azione dello Spirito e/o di Gesù; altre in senso specifico per parlare dello Spirito di Dio. Quella dei vv. 16-17 è la prima delle cinque promesse del dono dello Spirito che l'evangelista propone; le altre sono relative all'insegnamento interiore offerto dallo stesso (14,25-26; 16,12-15) e alla sua opera di testimone a favore di Gesù e contro il mondo (15,26-27; 16,8-11). Nonostante questi testi affrontino tematiche molto vicine alla teologia giovannea, alcuni esegeti pensano che siano stati aggiunti in un secondo tempo ai discorsi dei capitolo 14-16 del quarto vangelo.
17 lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Anche il nome Spirito della verità, già usato nel giudaismo, è ripreso solo dal quarto vangelo, ed indica la relazione tra lo Spirito e la verità e quindi suggerisce che quest'ultima è una realtà interiore, infatti lo Spirito agisce nel cuore dell'uomo.
Il legame tra Spirito e verità è da capire sia in senso negativo (si oppone all'errore e alla menzogna, cfr. 1Gv 4,6; Gv 8,44), sia più precisamente perché ha lo scopo di far comprendere, attraverso l'intelligenza della fede, tutto quanto ha detto e fatto Gesù Cristo e dunque aiuta a progredire nella sua conoscenza e a rendergli testimonianza.
Il dono di tale Spirito può essere ricevuto solo da chi si è aperto alla fede in Gesù Cristo, per questo coloro che lo hanno rifiutato e sono rimasti nelle tenebre, indicate qui con il termine mondo, non possono riceverlo, né vederlo, né riconoscerlo (cfr. 7,34; 8,21). Il testo si ricollega alla contrapposizione, più volte presentata nel vangelo di Giovanni, tra coloro che accolgono il Cristo e quanti si chiudono alla sua parola.
I discepoli al contrario conoscono lo Spirito di verità, così che Egli può rimanere presso di loro e, dopo la resurrezione di Gesù, sarà in loro.
Ci sono due piani nel discorso di Gesù: quello presente, rivolto ai discepoli e quello futuro, per la Chiesa dei secoli a venire, che grazie alla testimonianza di quanti per primi hanno creduto in Lui, potrà a sua volta vivere l'esperienza del dono dello Spirito e della comunione con Dio da Lui operata nel cuore di chi crede (cfr. 20,29). L'esperienza e la conoscenza della vita del Risorto costituiscono già per Giovanni la vita eterna.
18 Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19 Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.
Dopo aver promesso il dono dello Spirito, ora Gesù promette ai suoi che tornerà egli stesso: non vi lascerò orfani: il Signore non lascia soli i suoi discepoli; rimane presente nel dono dello Spirito, nell'esperienza dell'amore (cfr. Gv 14,21) e nel dono della pace (cfr. Gv 14, 27).
Verrò da voi; questo versetto si richiama a 14,13, ma possiamo chiederci, di quale ritorno sta parlando Gesù? Il v. 19 ci suggerisce che si tratta della sua resurrezione: tra poco il mondo non vedrà più Gesù, perché egli sta per morire sulla croce, ma coloro che credono in lui potranno di nuovo vederlo (cfr. At 10,40-41). Coloro che avranno in se stessi una fede anche piccola e la forza dello Spirito Santo, vedranno Gesù e potranno vivere della sua stessa vita.
Ancora un poco è espressione ricorrente nell'AT per indicare la venuta dell'epoca escatologica (cfr. Is 2,17; 4,1-2; Ger 4,9; Zc 2,15): gli ultimi tempi sono iniziati con la Pasqua di Cristo alla quale i cristiani partecipano. L'essenziale è dato fin da ora, ma resta aperta la prospettiva del compimento (TOB).
20 In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
La comunione piena con Gesù sarà dunque il dono pasquale, che aprirà la mente dei discepoli anche alla comprensione del legame tra Lui e il Padre; il dono dello Spirito di verità farà loro conoscere che essi stessi partecipano alla comunione tra le divine persone.
Lo Spirito ci permette di vedere il Cristo glorificato e nel Cristo noi vediamo il Padre; Lui, il Figlio e lo Spirito sono tre Persone distinte, ma unite come una catena e sono presentate dal testo in una progressione pedagogica, per guidare il cristiano alla comprensione della inabitazione divina.
21 Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
Il v. 21 riprende il v. 15 con cui si è aperta la pericope e si ricollega poi al v. 23; l'amore e l'obbedienza a Cristo ci fa ottenere l'amore del Padre e l'esperienza intima e profonda della comunione con Lui. Osservare è da intendere nel senso di conoscere e praticare con costanza (cfr. le coppie ascoltare/osservare Gv 12,47 e ascoltare/credere, Gv 5,24). Questa obbedienza è l'espressione dell'amore e della fede; essa permette di conoscere concretamente l'amore del Padre attraverso la manifestazione di Cristo (TOB).
Mi manifesterò a lui indica infine che l'amore di vera comunione consiste nel conformarsi a ciò che l'altro vuole. (G. Zevini)
Meditiamo
1) Come vivo la presenza dello Spirito Santo nella mia vita di fede? Sperimento il suo aiuto, la sua luce? In quali occasioni?
2) Cosa significa per me amare Gesù Cristo? Come lo esprimo nella vita quotidiana? Come coltivo questo legame con Lui?
3) Come comprendo la comunione con Gesù risorto, il suo Spirito e il Padre: solo come esperienza personale o come realtà comune per tutti i credenti? Dove vivo questa unità nella fede e nell'amore?
Preghiamo
Salmo Responsoriale (dal Salmo 65)
Acclamate Dio, voi tutti della terra.
Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!
A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.
Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.
Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.
Colletta
Dio, che ci hai redenti nel Cristo tuo Figlio messo a morte per i nostri peccati e risuscitato alla vita immortale, confermaci con il tuo Spirito di verità, perché nella gioia che viene da te, siamo pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi. Per il nostro Signore...