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V domenica T. Pasqua (Anno A) (22/05/2011)

Vangelo: Gv 14,21-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Al v.22 troviamo (da parte di Giuda non l'Iscariota) uno dei cinque interventi degli apostoli nell'ambito dei "discorsi di addio" dei capp.13-16 di Giovanni. Com'è abituale nel 4° vangelo, essi dimostrano l'incapacità dell'uomo di comprendere il mistero di Dio e offrono quindi a Gesù l'occasione di ulteriori spiegazioni. Quella qui richiesta da Giuda riguarda la manifestazione di Gesù e si collega al precedente v.19 in cui Gesù dice: "Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo..."

Dunque, Gesù distingue chiaramente tra i discepoli e il mondo, e preannuncia la situazione postpasquale: in essa Gesù non si sarebbe manifestato, da risorto, in gloria e potenza - cioè in modo clamoroso - al mondo intero, come molti potevano aspettarsi; al contrario egli di fatto si manifestò, anzi letteralmente "si fece vedere e riconoscere", solo da chi aveva fede in Lui e soprattutto Lo amava.

Nei pochi versetti della pericope odierna viene descritto e ribadito il procedimento in cui Gesù risorto si manifesta non solo ai suoi discepoli e amici di Galilea e Giudea che avevano condiviso la sua vita, ma ad ogni fedele che crede in Lui e Lo ama.

Per tre volte, ai vv.21, 23 e 24 viene ribadito il nesso tra l' "osservare la Parola" e l' "amore" verso il Signore.

La Parola ha grande spazio nel 4° vangelo: è il Logos del Prologo; è mediante la Parola che Gesù libera gli uomini dalle tenebre; è grazie alla Parola che si perviene alla fede (cfr. Giov.4,42)

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola" (v.23)

Qual è la conseguenza dell'amare Gesù? E' qualcosa di assolutamente nuovo ed inedito: la possibilità di incontrarlo e di continuare a vivere la comunione con Lui grazie alla sua Parola. Il termine greco "terein" - generalmente tradotto con "osservare" - non significa solo obbedire, essere fedeli, mettere in pratica (certo, anche questo ovviamente!), ma innanzitutto custodire la Parola di Gesù, considerarla come l'unica cosa preziosa, la perla della parabola per cui il mercante vende tutto.

E allora l'osservanza non sarà solo esteriore, ma nascerà dall'accordo profondo della volontà, dall'adesione spontanea dello spirito e del cuore a questa Parola, scoperta, vissuta e amata come il senso della propria vita.

Come opportunamente commenta S. Bernardo (1090-1153), "se conserverai così la parola di Dio, non c'è dubbio che tu pure sarai conservato da essa. Verrà a te il Figlio con il Padre, verrà il grande Profeta che rinnoverà Gerusalemme e farà nuove tutte le cose. Questa sua venuta intermedia farà in modo che "come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste" (1° Cor.15,49). Come il vecchio Adamo si diffuse per tutto l'uomo occupandolo interamente, così ora lo occupi interamente Cristo, che tutto l'ha creato, tutto l'ha redento e tutto lo glorificherà."

E la cosa più sorprendente è che, se uno ama il Signore e osserva la sua Parola, "il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (v.23 b).

"Ora Gesù parla di una sua venuta assieme al Padre e di una presa di possesso permanente in colui che crede. La promessa di portare i discepoli nelle dimore che sono nella casa del Padre (cfr. Giov.14, 2-3) ha un'anticipata realizzazione nella dimora attuale, intima e familiare, del Figlio e del Padre nei credenti. In essa si compie l'attesa biblica per il tempo finale: la presenza stabile di Dio in mezzo al suo popolo prefigurata dalla tenda del deserto e dal tempio di Gerusalemme. Giovanni rilegge le immagini bibliche della venuta e della dimora di Dio nella sua prospettiva Cristologica. Nell'umanità di Gesù la parola di Dio abita in mezzo agli uomini (Giov.1,14)

Allora si comprende perché il mondo non può essere destinatario della manifestazione di Gesù. Esso rimane estraneo all'orizzonte della fede, dove si riconosce ed accoglie Gesù come l'inviato del Padre e la sua parola come quella del Padre. Chi non aderisce a Gesù, come unico e definitivo rivelatore di Dio, non può riconoscere ed accogliere le sue parole come autorevoli e vincolanti per la sua vita. Questo continuo confronto tra i discepoli e il mondo - quelli che amano Gesù e quelli che non lo amano - anche se riflette la situazione polemica della comunità giovannea con l'ambiente esterno, è utilizzato dall'autore come un gioco di contrappunto per rimarcare lo statuto distintivo del gruppo dei credenti, ai quali sono destinate le ultime parole di Gesù." (Rinaldo Fabris, Giovanni, Borla, p.782)

 

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