TESTO Commento su Giovanni 18,33-37
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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (22/11/2009)
Vangelo: Gv 18,33-37
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Lectio
Contesto
Il brano scelto per l'ultima domenica dell'Anno liturgico, solennità di Cristo Re, nell'anno B è tratto dal vangelo di Giovanni, più precisamente dal brano del processo davanti a Pilato in cui il tema della regalità di Gesù è centrale.
A questo processo sono dedicati in parte i capitoli 18 e 19 di Giovanni, e il suo andamento può essere suddiviso nel modo seguente:
1) 18,28-32: richiesta dei giudei di mettere a morte Gesù
2) 18,33-38: Gesù si dichiara re della verità;
3) 18,39-40: Pilato dichiara innocente Gesù, ma i giudei scelgono Barabba;
4) 19,1-3: flagellazione e derisione di Gesù re;
5) 19,4-8: nuova dichiarazione dell'innocenza di Gesù e dichiarazione: "Ecco l'uomo" (v.5);
6) 19,9-12: colloquio tra Gesù e Pilato sul potere dall'alto;
7) 19,13-16: condanna a morte di Gesù e dichiarazione: "Ecco il vostro re" (v.14).
Questo schema è sottolineato poi dal movimento di Pilato che alternativamente esce ed entra nel pretorio ed è costruito in modo circolare, il tema della regalità è sottolineato decisamente (G. Segalla); nel seguito del racconto verrà nuovamente ripreso con la descrizione dell'iscrizione sulla croce (19,19-22).
La pericope scelta per questa domenica costituisce la seconda scena del processo ed è effettivamente il suo centro teologico.
Il esso appare chiaro che sebbene il pretesto per la condanna fosse politico, la pretesa di essere il re dei giudei, la regalità rivendicata da Gesù non è politica, ama di tutt'altro genere.
33. Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?».
Dopo che i giudei avevano condotto Gesù da Pilato e presentato le loro accuse (18,28-32), questi rientrò nel pretorio e si mise ad interrogarlo personalmente. La regalità di Gesù è il capo d'accusa, di tipo politico, l'unica che poteva interessare l'occupante romano, indifferente alle beghe religiose, anche se in realtà la motivazione della condanna di Gesù per il sinedrio era di tipo religioso (la bestemmia 10.33, la pretesa di farsi Dio 19,7).
34. Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?».
Invece di una risposta diretta, anche se vaga, come indicato dai sinottici (Mt 27,11; Mc 15,2; Lc 23,3), Giovanni mette sulla bocca di Cristo una contro domanda che avvia un confronto sulla regalità e mette in luce la responsabilità dei giudei e dei sacerdoti nella sua condanna.
35. Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Pilato sposta la domanda da chi sei? sul cosa hai fatto?, più pratica, ma il quesito originale resta sullo sfondo ...
36. Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Il v. 36 spiega quale sia la regalità di Gesù; la costruzione della frase in greco forma un chiasmo: il mio regno non è di questo mondo; se di questo mondo fosse il mio regno, e pone l'accento sul tipo di regno di cui egli è re, che esclude un carattere mondano e politico. La contrapposizione quaggiù/lassù non è nuova in Giovanni, cfr. 3, 31; 8,32; 17,13.
Anche la seconda parte del versetto con l'ipotesi di una difesa da parte dell'esercito di Cristo rafforza l'idea che egli non è un re terreno.
37. Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Pilato riporta allora la domanda sull'identità di Gesù, con uno spostamento significativo, non il re di un popolo (i giudei v. 33), facendo scivolare la domanda sul piano teologico.
La risposta solenne di Gesù non è chiara, anzi ha un accento più critico che affermativo, ed infatti è seguita da una spiegazione.
Gesù è la verità (cfr. 14,6s) e dunque tutta la sua vita è una testimonianza della verità e alla verità e in definitiva a Dio stesso; l'incarnazione ha questo scopo, rivelare Dio attraverso il Figlio. Il tema della verità ritorna nel testo giovanneo e sarebbe interessante confrontare i testi (3,21; 8,32.36).
La parte finale del versetto chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce, si ricollega al discorso del buon pastore che come tale è anche il capo, il re (vedi 10,3ss).
Meditazione
1) Leggere nella sua interezza il testo del processo di Gesù davanti a Pilato in Giovanni (18,28-19,16) per raccogliere tutte le suggestioni sul tema della regalità di Gesù Cristo.
2) Confrontare i testi giovannei sul tema della verità: 3,21; 8,32.36; 18,37; 19,19-22; ecc.
3) La regalità di Cristo si compie sulla croce: cosa ci dice il testo odierno a questo proposito? Quale idea di potere e di libertà trasmette il vangelo, in particolare il testo di Giovanni?
Preghiera
Salmo Responsoriale (.Salmo 92)
Il Signore regna, si riveste di splendore.
Il Signore regna, si riveste di maestà:
si riveste il Signore, si cinge di forza.
È stabile il mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il tuo trono da sempre, dall'eternità tu sei.
Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore.
Colletta
Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell'universo, fa' che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Per il nostro Signore...
Oppure:
O Dio, fonte do ogni paternità, che hai mandato il tuo Figlio per farci partecipi del suo sacerdozio regale, illumina il nostro spirito, perché comprendiamo che servire è regnare, e con la vita donare ai fratelli confessiamo la nostra fedeltà al Cristo, primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra. Egli è Dio...