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TESTO Commento Giovanni 13,1-15

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

Giovedì Santo (Messa in Cena Domini) (17/04/2003)

Vangelo: Gv 13,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Inizia il Triduo Pasquale, i tre giorni più lunghi dell'anno, le tue ultime ore. Stamani, in tutte le Cattedrali del mondo, i sacerdoti si riuniranno col loro Vescovo per consacrare gli olii della consolazione, poi stasera nella parrocchie, dalle grandi metropoli alle sperdute comunità di montagna, ricorderemo quella dolcissima notte, quella cena piena di emozione in cui hai inventato quel pane del cammino, il momento in cui ogni prete si sente chiamato a ripetere quel gesto, il momento in cui, chiedendo agli apostoli di ripetere quel gesto, hai inventato il sacerdozio...

L'ultimo atto inizia qui, con questa Cena che è la presenza del Signore. Lui desidera ardentemente di mangiare la Pasqua con noi: il suo cuore brucia come una fiaccola, la sua Presenza è un incendio d'amore. E Gesù compie, a conclusione di tutto ciò che ha detto e fatto, un gesto che nessuno, neanche gli apostoli, sarebbe riuscito a immaginare: si consegna e si lascia massacrare. I suoi non sono soltanto bei discorsi, vuote parole! Il gesto della morte in croce è definitivo, inequivocabile: non può essere interpretato, ma solo accolto. Gesù sta per vivere l'amore fino al paradosso del tutto, come più volte ha predicato. In questo gesto, ci dice: "Il tuo cuore è indurito, non hai capito che ti voglio bene, l'unico modo per farti capire quanto mi sei prezioso, è che il mio amore diventi sangue versato, dono totale." Giovanni introduce la Passione nel suo vangelo dicendo: "Gesù, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine" (Gv 13,1).

Gesù sceglie di donarsi a ciascuno di noi in un modo semplice, povero, scandaloso. Un modo che ci riempie la testa di dubbi: "Come è possibile: un po' di pane, un po' di vino e devo credere che Gesù è presente...." Pascal vi risponderebbe: "Se credo che Dio è diventato un uomo, non faccio nessuna fatica a credere che si possa fare pane e vino."... Gesù accetta il rischio dell'incomprensione. Ancora oggi si consegna. Nelle nostre Eucarestie slavate, senza fede, affrettate, reinterpretate, Gesù accetta di non essere capito. Viviamo questa celebrazione con cuore spalancato, lasciamo che sia riempito di stupore da questo dono senza misura di sé.

Noi celebriamo la cena, Signore, e ti rendiamo presente; lode a te, Signore, nostro pane!

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