TESTO Traccia di comprensione per At 19,1b-7; Eb 9,11-15; Gv 1,29-34
don Raffaello Ciccone Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza
III domenica T. Pasqua (Anno A) (08/05/2011)
Vangelo: At 19,1b-7|Eb 9,11-15|Gv 1,29-34
29Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Lettura degli Atti degli Apostoli. 19, 1b-7
Paolo, ormai, è nel pieno della sua missione, in viaggio oltre la Palestina. E' rimasto per molti mesi a Corinto e si sposta ora ad Efeso, una delle più grandi città dell'impero con una popolazione stimata di circa 300.000 abitanti. Come al solito, Paolo prende contatti con ebrei osservanti che però già conoscono Giovanni Battista. La domanda fondamentale che viene loro rivolta è sulla consapevolezza dell'esistenza e dei doni dello Spirito Santo "quando siete venuti alla fede". Essi riconoscono di non aver mai sentito parlare di Spirito Santo e quindi la dimensione della loro fede si ferma all'annuncio di Giovanni Battista. Questi aveva suscitato un infinito interesse sia tra gli ebrei residenti in Palestina e sia tra gli ebrei stranieri che spesso frequentavano le feste a Gerusalemme. Così, avendo fatto tesoro di tutto quello che avevano accolto, avevano intravisto nel messaggio di Giovanni sia l'incoraggiamento per un cambiamento e sia la novità del Messia per il tempo prossimo.
Della predicazione di Giovanni Apollo, un giudeo di Alessandria, arrivato a Corinto, ne faceva motivo di vita e Luca, alcuni versetti prima, racconta il ministero sapiente che Apollo svolgeva presso i Giudei, insegnando la venuta di Gesù, il Messia atteso da Israele (18,28). Ma Luca, riportando questa testimonianza, precisa che Apollo parlava di Gesù sviluppando una riflessione sulle profezie dell'Antico Testamento ma della vita e della esperienza di Gesù Apollo sapeva ben poco, fermandosi egli al battesimo di Giovanni, poiché, di fatto Apollo non aveva conosciuto Gesù. Per completare allora una conoscenza successiva di ciò che era stato Gesù, si incaricarono Priscilla e Aquila, una coppia di coniugi cristiani e amici di Paolo, ad ascoltare Apollo,"poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio" (18 26).
Il battesimo di Giovanni, dice Luca, è solo un ingresso nella conversione. E' quindi un cambio di mentalità per l'apertura all'attesa di Dio che manda il suo Messia. Segna un tempo di preparazione che attende l'incontro della fede con Gesù; e l'incontro avviene attraverso il battesimo, nel nome del Signore che invia il suo Spirito e che produce nella comunità dei credenti un cambiamento nuovo e fondamentale. Infatti apre:
- alla conoscenza di Gesù come ricchezza di speranza per tutti (la profezia), l
- a nuove espressioni di linguaggi che possono raggiungere più popolazioni (lingue che non delimitano la fede ma la propongono come una ricchezza universale per tutti),
- a una nuova comunità che si esprime in una più profonda comunione (espressa, in questo caso, in un numero simbolico, qui 12 uomini).
Si scopre così che la fede di Gesù non è semplicemente un richiamo alla serietà personale, ad un comportamento corretto e coerente come spesso viene tradotto il comportamento cristiano ancora oggi, ma è molto di più. Si apre ad una nuova speranza perché tutti ipopoli possano conoscere il Salvatore, l'amore di Dio per noi.
L'esperienza umana di Gesù non è solo onestà di fondo ma presenza di Dio tra noi, un
paradigma per ogni credente nel tempo e nello spazio.
Il richiamo allo Spirito, ripreso fortemente nel Concilio Vaticano secondo, dovrebbe aiutarci a ripensare più profondamente al cammino delle nostre comunità, preoccupati
di andare, con l'attenzione, oltre ad una morale individuale.
Lettera agli Ebrei. 9, 11-15
L'autore biblico volle impostare, in questo testo, il significato di Gesù e il suo sacerdozio in rapporto di comunione tra noi e Dio, affrontando il problema del peccato,
dell'espiazione, della conversione del cuore, dell'accoglienza di Dio.
Nelle religioni pagane l'espiazione doveva avvenire attraverso offerte e sacrifici per
placare la divinità.
Nell'Ebraismo il significato dell'espiazione non era tanto quello di placare un Dio adirato ma quello di ricostruire la possibilità di un rapporto. Dio non si scaglia contro il suo popolo, ma è l'uomo infedele che deve convertirsi per ritornare alla vita attraverso un cambiamento interiore e di azioni fedeli. Il mondo ebraico esprimeva questa esigenza attraverso lo "Yom Kippur:" una giornata interamente dedicata alla preghiera, al digiuno, alla Parola di Dio e ai riti espiatori. Così nel tempio il sommo sacerdote, entrando nel "Santo dei santi" (la parte più interna e inaccessibile del tempio), un'unica volta all'anno, aspergeva col sangue anche il luogo di Dio come aveva fatto al Sinai sul coperchio dell'arca, indicando questa comunione con Dio e il suo popolo: il sangue infatti era ritenuto la sede della vita e quindi, asperso sul popolo e sull'arca, crea legame e comunione.
In questo testo, facendo riferimento al giorno dello "Yom Kippur" viene ricordato Cristo e il parallelismo diventa facile:
- Gesù è sommo sacerdote, non ha bisogno di chiedere perdono per sé perché la sua offerta è pura,
- offre il suo sangue innocente,
- entra nel tempio di Dio che è il cielo.
Così la comunità cristiana sa di non aver più bisogno del sangue degli animali per chiedere perdono, ma celebra l'Eucarestia, la grande offerta di Gesù, riproposta tra noi, che ristabilisce questo contatto profondo tra la comunità credente e il Padre stesso, nel Figlio attraverso lo Spirito.
Lettura del Vangelo secondo Giovanni. 1, 29-34
Giovanni Battista, finalmente, è la figura che da secoli il popolo d'Israele sperava d'incontrare e viene immediatamente accettato come profeta. Tuttavia sorgono attorno a lui molti interrogativi. Ci si augura un grande cambiamento e addirittura si ipotizza che possa essere il Messia. Ad una delegazione che pone a lui espressamente la domanda, Giovanni il Battista risponde: "Io non sono il Cristo, battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete" (1,19-28).
L'elemento che Giovanni intravvede in Gesù è un elemento sconcertante, che nessuno finora aveva applicato al Messia: Giovanni parla dell'immagine dell'agnello.
La preparazione di Giovanni il Battista, probabilmente sviluppata a Qumran, nel gruppo degli esseni, ha maturato una spiritualità che lo ha portato a collegare insieme vari richiami:
- il sangue dell'agnello, sugli stipiti delle porte, quando il popolo d'Israele fu liberato da Mosé, salvò dall'eccidio dell'angelo sterminatore i primogeniti,
- l'agnello che veniva ucciso nel tempio, ogni giorno, mattino e sera, allontanava le forze del male, esprimendo la propria espiazione di popolo peccatore e fedele,
- l'agnello "condotto al macello prende su di sé i peccati del mondo" come ricorda Isaia (53,7-12).
- Ma Giovanni Evangelista, probabilmente, carica di questa immagine, alla luce di Gesù sulla croce, anche con il sacrificio di Abramo che stava per compiere sul figlio Isacco, deciso di voler offrire a Dio, come testimonianza totale, la propria fedeltà. E all'ultimo momento viene salvato perché nei dintorni un agnello prende il posto di Isacco.
- E Giovanni ancora, nel suo Vangelo, fa di tutto per ricordarci che Gesù muore sulla croce nello stesso pomeriggio, la vigilia di Pasqua, in cui gli ebrei sacrificavano l'agnello nel tempio, lasciandolo alcune ore appeso perché ne scorresse fuori il sangue.
Giovanni il Battista parla di Gesù come colui su cui lo Spirito discende e che "rimane su di lui". Il personaggio perciò è carico di una profezia, dice Giovanni "che mi è stata rivelata (non lo sapevo)": "per questo Spirito che rimane in lui egli battezza nello Spirito e quindi, finalmente, lo Spirito di Dio si afferma in lui e in tutti coloro che crederanno in lui. Il mondo ritorna ad essere carico dei doni che Dio manda a coloro che elegge.
Giovanni Battista arriva al culmine della rivelazione di Gesù e lo proclama con una fede che corrisponde alla fede della Comunità Cristiana: "Egli è il Figlio di Dio".
Il Messia viene con la mansuetudine, l'innocenza e la fragilità di un agnello e non con
la forza di un leone (pur discendendo dalla tribù di Giuda"). E lo Spirito non scende con la decisione e la potenza di un'aquila, ma con la dolcezza di una colomba.