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TESTO Traccia di comprensione per At 4,8-24a; Col 2,8-15; Gv 20,19-31

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

II domenica T. Pasqua (01/05/2011)

Vangelo: At 4,8-24a|Col 2,8-15|Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 20,19-31

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Lettura degli Atti degli Apostoli. 4, 8-24a

Gli Atti degli Apostoli raccontano di Pietro e Giovanni che, in un giorno feriale, salgono al Tempio di Gerusalemme a pregare. Incontrando uno storpio, malato fin dalla nascita, accompagnato ogni giorno presso la porta "Bella" del tempio per chiedere l'elemosina, i due apostoli si scusano di non poter offrire soldi, ma comandano: "Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina" (Atti 3,1-10). Poi continuano la propria presenza nel tempio, semplicemente, mentre lo storpio guarito urla a tutti la propria guarigione. Tutti vengono bloccati e ai discepoli di Gesù che non si nascondono, ma che si comportano con naturalezza, si chiede

loro conto di quello che dicono e fanno: "Con quale potere e in nome di chi avete fatto tutto questo". Pietro, "pieno di Spirito Santo", mentre difende la guarigione dello storpio alla porta "Bella" del tempio, "ai capi del popolo e agli anziani", suscitando stupore e meraviglia, chiarisce che la guarigione è stata fatta "nel nome di Gesù Cristo il Nazareno".

La morte di Gesù era rimasta come un tragico ed enigmatico avvenimento che si preferiva dimenticare negli ambienti religiosi e politici, per le implicanze di ingiustizie, risentimenti e rancori. I discepoli, invece, con la loro libertà e franchezza, sconcertano e impauriscono allo stesso tempo. Pietro, comunque, non teme di parlare di Gesù, riportando le conclusioni che loro stessi, alla luce dei fatti avvenuti dopo la risurrezione, stanno decifrando e maturando. Gesù è la vera, unica possibile speranza del mondo. Questo Gesù, "che voi avete crocifisso e Dio lo ha risuscitato dai morti," interessa tutti e offre un modo nuovo di interpretare, di seguire, di prevedere, di impostare la propria vita. Ci si deve porre nella scelta della fedeltà a Lui. Il solo suo nome provoca cambiamenti poderosi e nel suo nome viene addirittura annunziata la vittoria sulla morte e il perdono di ogni male.

Pietro e Giovanni sono le uniche persone serene nel trambusto e nella tensione generale. La consapevolezza di una verità che coinvolge la vita non può essere nascosta, pur con tutto il rispetto e la discrezione del caso. Se poi chiede il senso, non si può però mentire. Questo è il senso che Pietro vuole dare al suo comportamento, che è anche una linea morale coerente.

Agli occhi di questi sacerdoti dotti e competenti, astuti e navigati le argomentazioni appaiono strabilianti, poiché vengono da persone ignoranti e rozze, lavoratori di un popolo non acculturato, senza legge e disprezzabile. Eppure Pietro e Giovanni presentano le prove dello storpio guarito e propongono una nuova e sconvolgente interpretazione di Gesù, pur considerato malfattore e bestemmiatore e per questo giustiziato. Gesù, inviato e segno del Padre, - essi affermano- è fondamento dell'esistenza e della salvezza del mondo. Essi poi richiamano proprio ai capi come la Scrittura afferma che la pietra scartata diventa pietra fondante. Essi hanno

"scartato" Gesù come pietra inutile" e, invece, è Gesù la pietra angolare (Sal 118,22). Ma questo rivoluziona e scardina tutto il loro sapere, le loro scelte, la loro religiosità. E' il crollo della loro vita poiché più che la morte di Gesù (che corrisponde al"non sanno quello che fanno") è la verifica di un cammino che si apre davanti a loro che li disorienta. Li obbliga a pensare prima ancora di scegliere, ma di scegliere dopo avere verificato.

Un comportamento prudenziale porta ad imporre il silenzio, ma il silenzio è altrettanto contradditorio della menzogna. «Se sia giusto, dinanzi a Dio, obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (vv. 19-20).

Questa "obiezione di coscienza" rivoluziona il cammino della storia, poiché obbliga a raggiungere, attraverso una testimonianza fedele, ciò che è più alto e più nobile, a costo di un proprio sacrificio, e induce ad un processo di maturazione e ad un progresso di civiltà e di valori.

La conclusione conduce alla gioia di aver scoperto che il Signore è capace, anche attraverso le deboli forze di seguaci impauriti ed ignoranti, di cambiare la malattia in liberazione e di portare speranze nuove ed orizzonti aperti per tutti.

Quando i discepoli tornano, si fanno portavoce dei sommi sacerdoti e dei capi. In fondo si preoccupano di motivare le scelte e l'impostazione di libertà e, per onestà, avvisano sulla pericolosità di essere cristiani. Essi suggeriscono l'impegno a chiarire la propria fede, a rendere responsabile la propria libertà e a chiedere la forza dello Spirito.

Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi. 2, 8-15

Il pericolo sempre presente in una comunità è quello di intravvedere e quindi di sentirsi suggestionati da false dottrine (2,4), allettanti e accattivanti, ragionevoli e, in più, cariche di elementi tradizionali. Spesso la tradizione, o presunta tale, diventa qualità fondamentale per misurare e giudicare il nuovo.

E tuttavia queste dottrine vogliono inquinare la fede su Gesù, non accettandolo più al centro della fede. Paolo invece propone il primato di Gesù, fondamento e causa della nuova condizione dei cristiani.

Non viene detto, comunque, in modo chiaro, quali siano questi pericoli. Ma Paolo incoraggia ad essere guardinghi perché c'è il pericolo di "essere fatti schiavi" di falsità. E' in gioco, infatti, la verità sulla rivelazione di Gesù che viene rimescolata a elementi del mondo e legata ad una tradizione umana.

Già in questa lettera è stato riportato, precedentemente, uno splendido inno (1,15-20) dove Gesù è presentato come "immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura... ed è piaciuto a Dio che abiti in lui (Cristo) tutta la pienezza (1,19)". pienezza in rapporto alla creazione e in rapporto alla Chiesa.

La chiarificazione sulla pienezza viene specificata in questo secondo capitolo: "In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità".

· "In Cristo abita tutta la pienezza di Dio corporalmente", e quel "corporalmente", riferito alla vita quotidiana di Gesù, può continuare ad essere riferito al corpo di Cristo glorioso e quindi alla sua Chiesa, per cui ogni cristiano è "riempito di Lui".

· L'immersione in Gesù risorto avviene attraverso il simbolo dell'immersione nell'acqua del battesimo ("Con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio"). Per significare la salvezza che Gesù porta, viene usata l'immagine del "documento scritto e inchiodato alla croce". Si usava, nel linguaggio e tra gli strumenti del commercio, scrivere un documento in cui si riportavano i debiti. In questo caso si suppone la certificazione e la denuncia dei peccati dell'uomo, oppure, secondo altre interpretazioni, la trascrizione della legge mosaica con tutti i suoi precetti. Il debitore certificava e sottoscriveva, di proprio pugno, il debito contratto, impegnandosi ad onorarlo, altrimenti sottoscriveva la propria condanna.

· Quel documento, inchiodato alla croce, annulla il nostro debito, che viene distrutto

dall'amore e dalla morte di Gesù. Così Gesù vince il male anche per noi, e Paolo immagina, secondo l'uso romano, il risorto sul carro del vincitore, con il corteo dei vinti trascinati (in questo caso sono i precetti umani e la venerazione di altre potenze).

· I cristiani, finalmente, sanno di poter seguire un solo vincitore che non vince gli uomini, ma vince il male nell'uomo: il Salvatore Gesù, crocifisso e risorto.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni. 20, 19-31

Giovanni racconta nel cap. 20 vari episodi che si concatenano tra loro: A. i discepoli alla tomba (vv 1-10), B: Gesù e Maria Maddalena (11-18), C: Gesù e i discepoli (19-23), B': Gesù e Tommaso (24-29), A': i futuri credenti (30-31).

Centrale è l'apparizione ai discepoli (19-23) in cui Gesù si fa riconoscere come il crocifisso risorto da tutta la comunità dei discepoli, richiamando così l'identità tra il crocifisso e il risorto.

Il testo che leggiamo oggi ci riporta alla seconda parte del capitolo (20,19-31) dove vengono raccontate due apparizioni nel cenacolo a distanza di 8 giorni l'una dall'altra, nella realtà di morte che si è costituita per paura, in una stanza senza aperture e senza passaggi. Questa comunità sta vivendo, essa stessa, l'esperienza della paura e della tomba. Gesù porta finalmente la vita e la gioia.

· vv. 19-23: la prima apparizione al gruppo degli apostoli esprime il progetto della

missione nel mondo. Come Gesù, essi saranno portatori di pace (qui la pace non è data come augurio ma come dono) e portatori di perdono perché ricchi dello Spirito di Gesù, che è capace di perdono e di rigenerazione. Nella gioia e nella fede viene espressa la missione in rapporto al Padre e viene riproposta la nuova creazione con il soffio di Dio: creazione e perdono rigenerano il mondo: il tempo nuovo che si profila attraverso il dono dello Spirito.

· vv. 24-29: nonostante la protesta e la perplessità di Tommaso la comunità inizia a

testimoniare la risurrezione. Tommaso non si fida e sceglie come misura della propria consapevolezza un nesso concreto tra 'vedere e credere". Già altri hanno preteso tale connessione: Nicodemo, la Samaritana, lo stesso Giovanni (20,8), gli apostoli. Tommaso, in particolare, è disposto a credere ma non attraverso la mediazione di testimoni qualificati. Gesù aveva richiamato questo tipo di persone: "Se non vedete segni e prodigi, voi proprio non credete" (Gv 4,48). Tommaso non è cieco ma neppure ha una fede umile. Egli ha una fede superba e pretenziosa rispetto a Gesù. Eppure Gesù lo accontenta ma con Tommaso richiama la condizione normale della chiesa: "Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto" (29). In questo testo, tuttavia, l'esclamazione di Tommaso: "Signore mio e Dio mio" è la professione di fede più alta di tutto il Vangelo e corrisponde alla solenne proclamazione del primo versetto del Vangelo: il prologo (Gv1,1). Viene applicata a Gesù la parola di fede che nell'Antico Testamento viene rivolta a Dio: vedi Salmo 35,23 :"Déstati, svégliati per il mio giudizio, per la mia causa, mio Dio e Signore!"

· vv. 30-31: prima conclusione del Vangelo. Gesù ha operato molti "segni": sono i

miracoli che fanno da indicatori per orientare alla sua persona Nel suo Vangelo Giovanni ne riportata solo 7: ma il 7 indica la completezza. E viene indicato lo scopo del Vangelo: la partecipazione alla vita divina a cui si accede mediante la fede in Cristo.

Il Vangelo ha una finale che esprime il motivo della scrittura del Vangelo: esso è per la salvezza che viene donata solo attraverso Cristo ("nel suo nome").

 

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