TESTO Và a Siloe e lavati
IV domenica di Quaresima (Anno A) (03/04/2011)
Vangelo: Gv 9, 1-38b
1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
Ciechi dalla nascita siamo anche noi: ciechi sul senso vero della vita, sul nostro destino; ciechi per l‘egoismo che non ci fa vedere il bene, nostro e degli altri, e ci divide. Ciechi perché non riusciamo a vedere oltre i nostri limiti per aprirci ad una salvezza che viene dall‘alto. Ciechi di fronte a Dio.
La tragedia è che diciamo di vederci e di non aver bisogno d‘altra luce. Così, dice Gesù ai giudei: "Se foste ciechi, non avreste nessun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane" (Gv 9,41).
Per incrociare la cecità e la miseria degli uomini, Dio è venuto nella tenda del suo corpo in quel Gesù di Nazaret perché "gli uomini abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10,10).
Nel vangelo di oggi ecco un gesto compiuto da Gesù - un intervento salvifico di Dio -, tanto evidente ma anche tanto discriminatorio. Da una parte il cieco guarito che crede, dall'altra i giudei che si chiudono sempre più nella loro incredulità.
Un fatto che è un segno dell'opera di Gesù, "luce del mondo", e riguarda ognuno di noi per quell'illuminazione che riceviamo nel battesimo. In fondo la domanda che ci è rivolta è: "Tu credi nel Figlio dell'uomo?".
Aprirsi alla luce di Cristo con la fede è l'impegno che ci viene richiesto nel rinnovare ogni anno il nostro itinerario battesimale di quaresima verso la Pasqua.
1) Il fatto
Il fatto è un gesto ben concreto: un cieco dalla nascita è guarito. Costui viene inviato a lavarsi alla piscina di Siloe. "Siloe significa: Inviato", cioè Messia. Il fatto allora è un segno: di Gesù che è luce del mondo: "la luce vera che illumina ogni uomo" (Gv 1,4). Luce come rivelazione piena di Dio; luce che è la vita divina: "a quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome" (Gv 1,12). Luce che è anche per l'oggi guarigione, consolazione e speranza dentro tante miserie della vita quotidiana. Accogliere Gesù - via per la quale Dio giunge a noi - è arrivare alla verità e alla vita: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6).
Il cieco nato, uomo sincero e realista s'arrende all'evidenza del fatto e cammina verso il riconoscimento del segno, passando dalla luce degli occhi alla luce della fede. Il suo ragionamento è semplice: "Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". Passa gradualmente da saperlo "un uomo che si chiama Gesù", a riconoscerlo "un profeta", cioè "uno che viene da Dio". Alla fine lo proclama "Signore", il Figlio dell'uomo che è il Dio venuto tra noi e che è risorto. A tale riconoscimento della divinità di Gesù approda appunto la fede battesimale.
All'opposto sta l'indurimento del cuore dei farisei di fronte a Gesù, perché non vogliono accettare il fatto per pregiudizio contro il segno, non vogliono cioè riconoscere il divino che c'è in Gesù, accoglierlo come Messia.
Accanto ai farisei ci sta la folla che si perde in chiacchiere, si ferma alla pura curiosità: è lui il mendicante cieco, .. non è lui? Non prende posizione, non gli interessa più di tanto quel che è capitato...: come avviene per chi del fatto religioso si informa solo alla tv. Per i genitori del cieco poi è questione di paura: è troppo compromettente e rischioso credere in Cristo! E noi? Quale posizione prendiamo di fronte a Gesù? Quella aperta e leale del cieco? O quella supponente dei farisei "che sanno"? O quella indifferente della folla? O quella minimalista dei genitori che non vogliono compromettersi con Cristo?
2) Il segno
Il prefazio ci fa pregare così: "Nel mendicante guarito è raffigurato il genere umano, prima nella cecità della sua origine e poi nella splendida illuminazione che nel fonte battesimale gli viene donata". E' il segno che si attualizza per noi nel battesimo. L'umanità, nata cieca per l'eredità di peccato ricevuta da Adamo, è resa priva della vita divina, ferita nelle più autentiche capacità umane e destinata alla morte, sull'immagine del malcapitato della parabola del Buon Samaritano, bisognoso che Dio si chini su di lui per salvarlo.
Ora Gesù ripete a noi ormai destinati alla morte: "Va' a lavarti alla piscina di Siloe, che significa Inviato". Va' a lavarti nella piscina del tuo battesimo e ne uscirai illuminato dalla mia grazia, riconciliato con Dio, partecipe ancora della vita divina, rafforzato dallo Spirito Santo che ti rende capace di "resistere al male che non vuoi e fare il bene che vuoi" (Rm 7,18-19). Il battesimo è il dono e la segnalazione d'una nuova identità e di un nuovo destino che trova in Cristo la sorgente, l'immagine riuscita e la forza cui far riferimento nel cammino della nostra realizzazione come uomini.
Questa nuova identità che riceviamo nel battesimo mira a conformarci al prototipo di figlio di Dio che è Gesù; però questa è opera dello Spirito Santo in noi. Ce lo spiega oggi san Paolo: "Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l‘azione dello Spirito in noi" (Epist.). Non è nostro sforzo, ma trasfigurazione operata dai sacramenti che ci coinvolgono sempre più in una graduale divinizzazione che alla fine raggiungerà anche la trasfigurazione del corpo, risuscitandolo come quello di Gesù: "Se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi" (Rm 8,11).
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Grande è la nuova dignità dei figli di Dio nati dal battesimo, "molto più gloriosa" rispetto all'antica Alleanza. E grande è la libertà che ci deriva dal riconoscimento di un solo Signore Gesù Cristo. "Il Signore è lo Spirito e, dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà" (Epist.). Allora "forti di tale speranza - cioè orgogliosi di tale fortuna -, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto" (Epist.). Noi siamo cioè chiamati a testimoniare agli altri questa nuova identità che il battesimo ci assicura, e divenire così, come ci dice Gesù, sale, luce, lievito per tutti i nostri fratelli.