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TESTO Commento Marco 4,1-20

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

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Mercoledì della III settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (29/01/2003)

Vangelo: Mc 4,1-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

La fede è iniziativa del seminatore che getta il seme della Parola. Nella nostra vita interiore è sempre Dio a partire per primo. La nostra fede è risposta a un'iniziativa, è accoglienza, è conversione nel senso di renderci conto di qualcuno che ci guarda. E ci ama. L'iniziativa di Dio è sempre gratuita e abbondante. Chi di voi seminerebbe in mezzo ai sassi? Chi di voi sprecherebbe del seme gettandolo sull'asfalto? Dio lo fa. Sa che alle volte il miracolo accade e che anche il cuore più indurito può aprirsi all'accoglienza della Parola. Non è straordinario? Dio è un idealista, ci conosce e ci ama e vuole in ogni modo incontrare ciascuno di noi. Gesù ci ricorda la presenza del maligno che è una realtà sempre presente nella nostra vita interiore: esiste una presenza oscura che ci ostacola e con cui dobbiamo fare i conti. Ma: che terreno siamo? L'analisi che Gesù fa delle tre situazioni è straordinaria. Il primo terreno è poco profondo, e rappresenta chi è incostante, chi si entusiasma subito e alla prima difficoltà molla tutto. Vi ci ritrovate? L'entusiasmo è essenziale alla fede ma va calato nel quotidiano: quante persone ho visto mollare tutto dopo un cambio di parroco o un trasferimento! Attenti alla costanza! Il secondo terreno è un terreno più profondo ma che viene soffocato dalle spine. E Gesù si premura di descrivere queste spine: preoccupazioni e angustie della vita. Quando, cioè, il vangelo non riesce a riempire il nostro cuore di serenità e ci lasciamo travolgere dalle cose concrete. Quante volte incontro gente che mi dice con un sorriso bonario: "Don Paolo, dici bene tu, ma la realtà è ben diversa! Un conto è il vangelo, un conto è la vita!". No, amici. Se la fede non cambia la concretezza della nostra vita, il vangelo è un'illusione. Se il Cristo non incide almeno un poco nei nostri giudizi, perché credere? Infine l'ultimo terreno. Chi ci si ritrova? Sfido chiunque a dire: "Sì, è vero, modestia a parte io sono un buon terreno!". Allora? Vi dico un'interpretazione che mi è piaciuta molto: è terreno buono chi di noi si è trovato, almeno un poco, in uno dei tre precedenti terreni. Chi si è sentito trafiggere il cuore e ha detto: "Signore, è vero: il mio cuore è duro come la pietra, sono scostante e troppo preso dalle mille occupazioni". Allora sì, abbiamo qualche possibilità di portare frutto perché viviamo nell'autenticità.

Semina ancora la tua parola con abbondanza nei nostri cuori, Signore!

Libri di Paolo Curtaz

 

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