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TESTO Non spezzerà una canna già incrinata

don Romeo Maggioni   Home Page

VI domenica dopo Epifania (anno A) (13/02/2011)

Vangelo: Mt 12,9b-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga; 10ed ecco un uomo che aveva una mano paralizzata. Per accusarlo, domandarono a Gesù: «È lecito guarire in giorno di sabato?». 11Ed egli rispose loro: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? 12Ora, un uomo vale ben più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene». 13E disse all’uomo: «Tendi la tua mano». Egli la tese e quella ritornò sana come l’altra. 14Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

15Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti 16e impose loro di non divulgarlo, 17perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

18Ecco il mio servo, che io ho scelto;

il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.

Porrò il mio spirito sopra di lui

e annuncerà alle nazioni la giustizia.

19Non contesterà né griderà

né si udrà nelle piazze la sua voce.

20Non spezzerà una canna già incrinata,

non spegnerà una fiamma smorta,

finché non abbia fatto trionfare la giustizia;

21nel suo nome spereranno le nazioni.

Quella di un culto che si apre alla carità, quella di una religione che va oltre il legalismo, quella di un "cristianesimo umano", è elemento tipico dell'annuncio e della prassi di Gesù, venuto quanto mai a coniugare amore di Dio e del prossimo in una simbiosi indisgiungibile.

Con un accento posto sulla compassione, sulla misericordia, sulla comprensione e larghezza di cuore nei confronti della nostra fragilità, che fa dire alla Lettera agli Ebrei: "Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi".

E' l'occasione per rivedere la nostra pratica religiosa se ha i criteri propri dell'insegnamento di Gesù.

1) Un uomo vale ben più...

L'incarnazione è il cuore della nostra fede: un Dio che assume la nostra natura umana, tanto la stima, per esaltarla fino al destino divino. L'uomo è la passione di Dio: "Gloria Dei vivens homo - la soddisfazione di Dio è che l'uomo viva!", dice sant'Ireneo. Dio anzi ha assunto la nostra vicenda umana, vivendola anche nei suoi risvolti non sempre esaltanti: Dio quindi sa quanto è difficile il mestiere di uomo! "Egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi". Sa ben compatire e aiutare: "Accostiamoci con fiducia al trono della grazia" (Epist.). E' questo mistero grandioso che fonda nella Chiesa il valore intoccabile della persona umana e pone il rispetto dell'uomo al di sopra di ogni valore e relazione. Il bene dell'uomo, di tutto l'uomo e di tutti gli uomini è la formula che misura la bontà di ogni legge che regola la convivenza umana.

Da qui oggi la reazione di Gesù di fronte alla meschinità di un atteggiamento religioso che pone la legge sopra la persona: "Ora un uomo vale più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene", cioè vivere la carità anche a scapito di qualche legge esteriore! "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato" (Mc 2,27). In un episodio analogo Gesù ebbe a dire: "Misericordia io voglio e non sacrifici" (Mt 12,7). Era capitato che i suoi discepoli in giorno di sabato avevano colto delle spighe per mangiarle; subito i farisei furono addosso a Gesù, che difese i suoi, rievocando proprio un analogo episodio capitato a Davide, quando per necessità mangiò pane sacro preso dal tempio (cf. Lett.): "Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti" (Mt 12,4-5). Quella volta, forse più irritato, Gesù dichiarò: "Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio" (Mt 12,6).

E' dai tempi dei profeti che il cuore del vero culto gradito a Dio è la carità: "E' forse come questo il digiuno che bramo, .. piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere.. Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique.., nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto.." (Is 58,5-7). Significativo è l'indicazione dell'evangelista Giovanni che nel posto dell'istituzione dell'Eucaristia nell'ultima cena, pone la lavanda dei piedi, invitando quindi a fare memoria di Lui nel gesto sacramentale e in quello della carità. Quanta vita cristiana anche oggi distacca culto e vita, preghiera e carità. Formalismi e pratiche vuote che non fanno piacere a Dio. Senza parlare di chi - come questo farisei - fanno battaglie di retroguardia per formalismi liturgici!

2) Non spegnerà una fiamma smorta

A commento della guarigione fatta con puntiglio da Gesù di fronte ai farisei intolleranti, l'evangelista apre al discorso della misericordia e della pazienza di Dio che Gesù è venuto a tradurre con i suoi gesti pieni di campassione: "Ecco il mio servo che io ho scelto; porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non avrà fatto trionfare la giustizia". Discrezione anzitutto, rispetto dei ritmi di ognuno nel cammino di fede, pazienza che sa attendere la conversione, valorizzando anche quei piccoli passi di bene che albergano in ogni uomo, senza scoraggiare o spegnere livelli forse ancora molto iniziali e non standart entro la diversificata appartenenza alla comunità.

Quella della comunità dei perfetti è tentazione che trova eco già nel vangelo, quando Gesù richiama alla compresenza del buon grano e della zizzania. "Vuoi che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano" (Mt 13,28-29). Lasciamo a Dio il giudizio, e noi cerchiamo di avere quella tolleranza che ha il cuore stesso di Dio: "Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso" (Lc 6,36). Fino alla larghezza di cuore di Dio Padre che dona sempre con gratuità a tutti: "Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e gli ingiusti" (Mt 5,45).

Infine giungere a tale discrezione da essere pronti a rinunciare a qualcosa di indifferente o di bene per non creare scandalo ai più deboli. E' pensiero di san Paolo di fronte a chi potrebbe scandalizzarsi al mangiare carni offerte agli idoli, ben sapendo che gli idoli sono nessuno: "Se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello" (1Cor 8,13). Ecco: il rispetto dei più deboli fino a rinunciare a qualcosa che per noi era maturazione ormai conseguita. Nella prassi ecclesiale del postconcilio c'è ancora spazio per non esibire libertà di opinione e di "trasgressione" ad alcune forme religiose tradizionali che formano l'abitudine di tanti anziani, cui il cambiare fa pensare a un tradimento. Fuori il caso - naturalmente - per chi si ostina solo in estetismi tradizionalisti!

******

Recuperiamo però anche un po' dell'amore così puntiglioso di questi ebrei per la venerazione del sabato. Forse abbiamo bisogno di ritornare, noi cattolici occidentali, a una celebrazione del giorno del Signore che ricuperi spazio per il culto, il riposo e la carità, ora che la cultura neopagana ha fatto del nostro giorno festivo un week-end dispersivo quando non svagato e trasgressivo.

 

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