TESTO Il discorso della montagna
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IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/01/2011)
Vangelo: Mt 5,1-12a
In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».
Con una frase fatta, ma molto efficace, si dice che il discorso della montagna è la magna charta del Nuovo Testamento, perché ne delinea la fisionomia, le caratteristiche, la natura.
Matteo ha trasferito la sua comunità sul monte di Cafarnao per porla all'ascolto di Cristo. Come in altre parti del Vangelo, anche qui Matteo usa il verbo al presente per far capire che Gesù non ha parlato solo molto tempo fa (in quel tempo, diciamo leggendo il brano del Vangelo durante la celebrazione liturgica), ma parla tuttora nel cuore della chiesa.
Il monte delle Beatitudini (che è in Galilea, anche se non sappiamo esattamente dove) richiama il monte Sinai (che è lontano migliaia di chilometri): per Matteo i due monti si intrecciano, si sovrappongono e costituiscono l'unico monte: il monte della rivelazione, della nuova solenne manifestazione del Cristo con la sua nuova legge, che non è la cancellazione della precedente, ma l'effIorescienza suprema di quella:"Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento".
Il monte è quindi un elemento significativo e rivela il senso del Vangelo di Matteo. Su quel monte il volto di Gesù riflette il volto di Mosè. Gesù è il nuovo e perfetto Mosè.
Nello stesso Vangelo troviamo un monte anche alla fine del suo lungo racconto. Come tutti sanno, il Vangelo si chiude sulla cima del Monte Sion:"Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro mostrato".
Possiamo perciò dire che il Vangelo di Matteo ci presenta un Cristo solenne, glorioso, pantokràtor (che domina tutto), trionfatore, non attraverso la via del trionfo politico o terreno, ma attraverso la via della croce. Signore, ma Signore solido sul suo trono, sul suo monte, che è una sintesi di tutta la storia della salvezza.
Le preferenze di Gesù, come quelle di Dio, sono per i peccatori, i malati, ma nello stesso tempo e, si può dire con maggiore insistenza, i poveri. Ad essi i profeti (Amos, Osea, Isaia) avevano annunziato la promessa; Gesù la porta loro con le sue parole, con il suo annuncio.
Ne Le mie prigioni, Silvio Pellico ha scritto:"Questo divino libro io l'avevo sempre amato molto, anche quando pareami d'essere incredulo. Siffatta lettura non mi diede mai la minima disposizione alla bacchettoneria, cioè a quella divozione malintesa che rende pusillanime o fanatico. Bensì mi insegnava ad amar Dio e gli uomini, a bramare sempre più il regno della giustizia, ad aborrire l'iniquità, perdonando agli iniqui".
Le beatitudini non sono la descrizione di un comportamento di alcune ore o di alcuni momenti, ma solo l'appello a una struttura di fondo che deve continuare per tutta la vita e abbracciare tutto. Il discorso delle beatitudini è un discorso totale e radiale; è il discorso che può essere capito da chi è veramente innamorato, il quale non è innamorato per tre ore al giorno o solo quando fa alcuni gesti verso la persona amata, ma è innamorato sempre.
Facciamo un esempio: Beati in poveri in spirito; questa brutta traduzione dà ragione alla nostra concezione occidentale: beati quelli che hanno lo spirito distaccato (e poi nella vita concreta possono avere tutto). Il senso biblico è diverso e vuol dire: beati coloro che hanno lo spirito da poveri, coloro che sono radicalmente poveri e quindi lo sono totalmente, in tutte le dimensioni e in tutti i momenti.
Le altre beatitudini dicono la stessa cosa: non indicano comportamenti limitati, ma atteggiamenti globali, attitudini totali e continuative.
Se la comunità fosse composta di cristiani che vivono così, non si avrebbero lotte, polemiche e divisioni. Matteo si rivolge alla sua comunità e chiede ai suoi membri di avere quei comportamenti che aiutano a conservare buoni rapporti all'interno e con l'esterno. Il tutto non in vista di una realizzazione immediata, terrena, ma di una ricompensa celeste.
La comunità cristiana di Corinto, alla quale Paolo scrive, era divisa perché troppo superba di sé e che per questo si aspettava dall'apostolo un discorso da sapiente. Paolo dice loro che, se avessero avuto peso la potenza, la forza, il prestigio per diventar cristiani, essi non avrebbero mai potuto esserlo, poiché, pur vivendo in una città grande e ricca, religiosamente erano poveri come tutti; non avevano nessun titolo che li faceva emergere sugli altri. Per loro fortuna Dio, in armonia con la legge della croce, ha preferenze per le cose di poco conto: per questo hanno trovato posto anch'essi e la chiamata è caduta anche su loro, poveri, miti, misericordiosi. La salvezza non è una distribuzione arbitraria di Dio, che sceglie alcuni (gli umili) e dimentica gli altri (i potenti); Egli sceglie l'uomo povero e debole perché più incline a cercare rifugio in lui e ad aver fiducia nella sua parola, mentre il ricco e il potente fanno più affidamento sulle loro capacità e sulle loro risorse.
Quando Frate Masseo chiese a S. Francesco perché tutto il mondo gli andasse dietro, pur non essendo né nobile, né ricco, né bello, sentì rispondersi:"O Frate Masseo, vuoi sapere perché tutto il mondo mi viene dietro? Perché Dio, nella sua bontà, dal cielo non ha visto nessuna creatura più debole e più vile di me".
Ma prima di Francesco, la Madonna aveva detto:"Ha guardato all'umiltà della sua serva...per questo ha fatto grandi cose in me l'Onnipotente."