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TESTO Traccia di comprensione per Sir 7,27-30.32-36; Col 3,12; Lc 2,22-33

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno A) (30/01/2011)

Vangelo: Lc 2,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-33

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.

Lettura del libro del Siracide 7, 27-30. 32-36

Il capitolo settimo è una raccolta di suggerimenti educativi che, per lo più, si sviluppano attraverso la negazione "non" (vv 7,1-36): "Non fare il male... non domandare al Signore il potere... non farti giusto... ecc.".

Il testo scelto per la liturgia, oggi, richiama le realtà più sacre della vita quotidiana ebraica: i genitori (vv 27-30), i sacerdoti (ma il v 31 che parla di offerte nei confronti del culto qui è stato omesso), i poveri (vv 32-36). Vengono espressi, insieme, il rispetto verso la legge (o il timore di Dio) e l'attenzione alla misericordia. Con i poveri, poi, vengono ricordati i malati, coloro che sono afflitti e i defunti: realtà queste particolarmente proposte nella predicazione dei profeti.

Il v 33 ricorda che le opere di misericordia non debbono escludere nessuno: "La tua generosità si estenda a ogni vivente, ma anche al morto". Qui, nella sensibilità ebraica, non c'è ancora, chiaramente, la consapevolezza di una vita gioiosa nell'aldilà, o il valore della preghiera per i defunti anche se si sta facendo strada la prospettiva di un premio per i martiri perseguitati nelle grandi e dolorose vicende drammatiche della sopraffazione ellenista. Probabilmente qui significa che bisogna dare sepoltura ai morti anche poveri, e magari, probabilmente, offrire banchetti dopo la sepoltura e portare le vivande ai sepolcri, usanze più o meno tollerate e tuttavia ritenute segno di rispetto e di onore anche verso i poveri.

Il testo conclude suggerendo l'atteggiamento coerente e intelligente di consapevolezza sul peccato. Per evitare il male viene dettata la regola d'oro che ha continuato anche nel nostro mondo educativo religioso fino ad oggi, ricordata in latino in una formula simile: "In tutte le tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai nel peccato" (v 36).

Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 3, 12

San Paolo, nella lettera ai Colossesi, dopo aver richiamato, nella prima parte della lettera, la centralità di Cristo rispetto all'umanità e all'universo, affronta il tema morale del vivere secondo Cristo stesso, nella realtà quotidiana, con le caratteristiche proprie del "risorto".

In tal modo, Paolo propone una serie di atteggiamenti interiori che bisogna "mettersi addosso come un vestito (è il richiamo al battesimo) che esprime agli occhi di tutti la dignità e il rango a cui si è stati chiamati". Questo vestito è confezionato come con stoffe splendide e pregiate che sono, in pratica, sette stili di vita che hanno radici interiori di persone credenti in Gesù. Ci si richiama così non all'emotività, ma ad atteggiamenti di servizio, di amore, di coraggio. In tal modo tali sentimenti si esprimono all'esterno nella propria bellezza e armonia. E se si vuole continuare l'elenco dei capi di vestiario che rendono nobile e grande il comportamento di ogni credente, si arriva al numero 10 perché vengono unite insieme la carità, la pace e la riconoscenza.

Perciò questi atteggiamenti sono, nello stesso tempo, dono come la legge data da Dio a Mosé e sono responsabilità, operosità e impegno quotidiano.

Paolo suggerisce anche i mezzi per vivere in armonia nella famiglia.

- Prima di tutto la Parola del Signore "dimori tra voi abbondantemente" (v 16). Sarebbe interessante che la famiglia, in alcuni momenti della settimana, insieme, potesse riprendere i testi biblici della domenica, celebrati a messa, per ripensarli, confrontarsi e concretizzarli.

Ognuno imparerebbe a scoprire e ad offrire la ricchezza del proprio cuore che il Signore suggerisce.

- "Ammaestrateli, ammonite, cantate": tre atteggiamenti che esprimono affetto, generosità e serenità di cuore per superare le tensioni e ritrovare un equilibrio, fiduciosi nei rapporti di casa.

Infine la legge dell'amore viene applicata ai vari membri della famiglia. Pur ritrovandoci con un linguaggio che riprende i criteri culturali, presenti nella società ebraica, la dipendenza delle mogli e dei figli dal marito o dal padre viene rivista nei suoi significati e ritradotta nella luce di Gesù.

- "Voi, mogli, siate sottomesse" ("ipotassomai", in greco, indica sottomissione di dono e di amore come Gesù che si sottomette al Padre (1 Cor 15,28) e come i cristiani: "Mediante la carità siate sottomessi gli uni degli altri" (Gal 5,13). Nei due casi viene usato lo stesso verbo).

Perciò le mogli sono invitate a donarsi ai loro mariti nello stesso stile di Gesù che si è donato ("come si conviene, nel Signore").

- "Voi mariti amate le vostre mogli". Amare, qui (in greco "agapào") è la parola che esprime l'amore di Dio. In altri termini i mariti sono chiamati ad amare le mogli come Dio ama l'umanità e come Gesù ama la Chiesa, sua sposa, per cui ha offerto la propria vita (Ef. 5,25).
Nel rapporto familiare c'è sempre il riferimento al Signore.

- "Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino": è il richiamo ad una educazione di amore robusto ma comprensivo, per aiutare ad essere coraggiosi e reattivi e non rinunciatari.

Lettura del Vangelo secondo Luca 2, 22-33

Nel Vangelo di Luca il racconto della presentazione di Gesù al tempio acquista un particolare significato poiché è la risposta alla profezia del profeta Malachia: "Ecco, io manderò il mio messaggero... e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate... egli è come il fuoco del fonditore e la lisciva dei lavandai... egli siederà per fondere e purificare" (3,1-4).

Ma, mentre ci si aspetta un ingresso trionfale di Dio nel suo santuario per giudicare e condannare, nel tempio Dio entra come un neonato debole, avvolto in fasce, sorretto da una donna poco più che adolescente e accompagnata dal giovane marito.

La legge giudaica obbligava i primogeniti, fossero uomini o animali, ad essere consacrati al Signore (Es 13,1-16). Ma i bambini venivano ovviamente sostituiti con l'offerta di un animale puro che veniva immolato al suo posto: un paio di colombe da parte di una famiglia povera, un agnello da parte di una famiglia ricca.

Nel testo Luca ripete più volte che c'è una osservanza scrupolosa alla legge del Signore (vv. 22. 23.24.27.39). Fin dalla nascita Gesù adempie fedelmente la volontà di Dio, espressa nelle Scritture.

Il messaggio è rivolto a tutti i genitori che sono chiamati a consacrare i figli a Dio e quindi ad educarli nella fede. E poiché i bambini imparano più nel vedere che nel sentire, lo stile dei genitori cristiani diventa stimolante ed educativo verso le nuove generazioni quando sa impostare, a livello adulto, il proprio rapporto con Dio nella preghiera, nella lettura della Bibbia, nella partecipazione alla comunità cristiana per ciò che è possibile, nella pratica del perdono, dell'amore, della generosità verso le persone che si incontrano.

Luca, con una sottolineatura appena sfumata, ricorda che il cammino al tempio non è solo quello che la legge chiede per la donna che ha partorito (come era d'obbligo), ma parla di una purificazione per tutta la famiglia di Gesù (v 22 "quando venne il tempo della loro purificazione"). In tal modo viene anticipata quella solidarietà con l'umanità peccatrice che porterà Gesù a cercarla e ad accoglierla fino alla morte, provocando scandalo, ma garantendo, in tal modo la misericordia agli impuri e ai peccatori del mondo.

Il centro di questo brano è costituito dall'incontro commovente di Simeone che riconosce, confusi fra la folla, i portatori della speranza d'Israele: Giuseppe e Maria con il loro bambino in braccio. Simeone è stupito, lui stesso e come uomo "giusto e pio che aspetta la consolazione d'Israele" (v 25), ringrazia il Signore senza pretendere né di capire né di voler vedere il compimento della speranza di Dio. Egli riconosce che il Signore si fa presente, è gioioso di questo incontro, ma sa che i tempi sono scelti da Dio e non da lui. Non aspetta nulla, non richiede nulla. Egli vive la consapevolezza di aver incontrato la salvezza in questo bambino, e quindi sa di aver raggiunto il vertice della sua speranza e della sua vita. Ora, senza paura, può morire in pace.

Ma a Giuseppe e a Maria ricorda che quel figlio non è loro, ma è un dono al mondo. Dio lo ha affidato a loro, ma su di lui esiste una vocazione di speranza. E' stato mandato "per illuminare le genti" (v 32).

Questo vale per ogni bambino. Ogni bambino, infatti, viene affidato in custodia alla famiglia perché venga educato e preparato a portare la luce e la speranza nel mondo.

 

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