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TESTO Vedendo le folle, Gesù salì sul monte

mons. Gianfranco Poma

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IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/01/2011)

Vangelo: Mt 5,1-12a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Con la domenica quarta del tempo ordinario iniziamo la lettura del "discorso della montagna" Matt.5-7), la più insigne composizione di Matteo, un capolavoro di insegnamento etico ma soprattutto lo statuto dell'esistenza cristiana, personale e comunitaria.

"Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: mentre lui si sedeva, si avvicinarono a lui i discepoli di lui ed aprendo la bocca di lui, insegnava a loro": la traduzione letterale del testo greco mette in evidenza l'intenzione dell'autore di sottolineare la centralità e l'autorevolezza della persona di Gesù, della sua parola e del suo insegnamento. Questa frase non ha semplicemente lo scopo di introdurre il grande discorso collocandolo in una cornice narrativa, ma di offrirne la chiave essenziale di interpretazione. Il discorso, di cui le "Beatitudini" che costituiscono il fondamento dell'esistenza cristiana sono l'introduzione (Matt.5,3-12), ha una unità perfetta nella sua struttura, sottolineata dalla montagna che ne è lo scenario. Infatti, Gesù sale sulla montagna (5,1), pronuncia il discorso e poi discende dalla montagna (8,1); gli uditori sono ben indicati: le folle numerose all'inizio (4,25.5,1) e alla fine (8,1), e "i discepoli (5,1). La montagna ritorna nel Vangelo di Matteo nei momenti più significativi, come luogo simbolico della manifestazione di Gesù evidenziando l'unità di un cammino che si approfondisce e si precisa, dall'inizio, con la montagna della tentazione (Matt.4,8), alla fine, con la montagna della missione universale (Matt.28,16). La montagna sulla quale Gesù sale per pronunciare il grande discorso viene dopo "il monte altissimo" sul quale "il diavolo lo ha portato per mostrargli tutti i regni della terra" e se nella tentazione ha deciso di servire Dio solo, immediatamente dopo egli si rivolge verso gli uomini, rivelando il secondo aspetto della sua esistenza: quanto più profondamente esiste per Dio tanto più esiste per gli uomini. In Galilea ha cominciato a proclamare il suo messaggio: "Convertitevi: il regno dei cieli è vicino". Dopo aver rinunciato a "tutti i regni del mondo e alla loro gloria", Gesù comincia a chiamare discepoli che lo seguano per condividere la sua passione per gli uomini e per entrare con lui nella bellezza e nella bontà dell'esperienza del "regno dei cieli" che si è fatto vicino. Il Vangelo, attraverso il simbolismo della montagna, continuerà a mostrarci che l'esistenza per Dio e l'esistenza per gli uomini sono i due volti della stessa realtà che è l'esistenza di Gesù e ci svelerà che "il regno dei cieli" è l'esperienza di Dio che entra nell'esperienza umana, per condividerla, per amarla, per darle pienezza di significato. Matteo ci avverte che l'annuncio di Gesù ha messo in movimento le folle che cominciano a seguirlo e se all'inizio "le loro sinagoghe" sono il luogo in cui egli insegna, ben presto gli orizzonti si allargano e il mare e le montagne segnano gli spazi nei quali risuona il lieto annuncio. Con il simbolo del passaggio dalle sinagoghe agli spazi aperti, Matteo ci comunica la sua interpretazione teologica della persona e del messaggio di Gesù e ci avverte di ciò che sta avvenendo con la comunità cristiana nascente: Gesù è il "compimento" della rivelazione ebraica e attraverso i suoi discepoli, il messaggio cristiano assume la dimensione universale. E' evidente che Matteo colloca Gesù che sale sul monte e pronuncia il suo discorso sullo sfondo del monte Sinai sul quale Mosè ha ricevuto da Dio la Legge, ma sarebbe inesatto e superficiale pensare che voglia presentarci Gesù come nuovo Mosè che dà al suo popolo una nuova Legge. La lettura attenta del discorso che segue ci mostra Gesù con una autorità che trascende quella dei maestri dell'ebraismo e quella dello stesso Mosè (7,29). Gesù accetta Mosè e la sua Legge, rivelandone autorevolmente il senso profondo e le implicazioni ultime: sulla montagna delle beatitudini appare una corrispondenza immediata e impensata tra la parola di Gesù e la parola stessa di Dio, tra il Figlio e il Padre. Matteo sottolinea: "aprendo la sua bocca, insegnava loro...", la bocca di Gesù è la bocca di Dio, il suo insegnamento è quello di Dio.

"Vedendo le folle, Gesù salì sul monte..." Egli ha proclamato che il regno dei cieli è vicino: con il simbolo della montagna, Matteo vuole che noi viviamo il compimento dell'esperienza del Sinai, nella quale era nato il popolo dell'alleanza con Dio che ha dato la Legge a Mosè. Ma adesso non c'è un nuovo Mosè che sale sul monte per incontrare Dio (Es.24,18): c'è invece solo Gesù che guarda alle folle con lo sguardo di Dio, che parla con l'autorità che gli viene dalla sua intimità con il Padre che lo ha proclamato suo Figlio, che parla con la sua bocca di uomo perché i suoi discepoli possano ascoltare la Parola di Dio, che siede con loro perché, accostandosi a lui, possano sperimentare la comunione con lui e la vicinanza di un Dio che non incute timore, possano anche loro incominciare a vivere una vita filiale e una vita fraterna. "Convertitevi: il regno dei cieli è vicino": ascoltando la sua parola, vivendo la sua esperienza, incontrando lui, la nostra vita cambia (la "conversione"), comprendiamo che cosa significhi che "il regno dei cieli è vicino" e cominciamo a gustare la gioia di una vita di libertà e di amore. Tutto il discorso della montagna va ascoltato come la comunicazione che Gesù fa della propria esperienza di relazione di Figlio con il Padre vissuta nella più vera e profonda condivisione della esperienza umana: al centro del discorso, come principio che ne regola tutta la costruzione, c'è la preghiera, il "Padre nostro", e come introduzione le "beatitudini". Le "beatitudini" sono l'esplosione di gioia che nasce dal profondo del cuore di Gesù che completamente abbandonato nel Padre è pienamente libero, per poter guardare al mondo, vederne i limiti anche più grandi, partecipare di tutti i suoi drammi e amarlo perché solo amandolo lo rende vivibile. Le "beatitudini" sono anzitutto la descrizione di chi è Gesù, del suo essere intensamente umano, del suo modo di rapportarsi con verità alla fragile umanità peccatrice e della certezza che gli deriva dalla sua esperienza dell'amore fedele del Padre che perdona, salva e redime anche le realtà più deboli e umanamente perdute. Le "beatitudini" sono la proclamazione credibile perché vissuta da Gesù, della possibilità di una intensa gioia per l'uomo che anche in situazioni drammatiche, vive della libertà e dell'amore che gli derivano dalla certezza di essere amato dal Padre.

 

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