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TESTO Li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla

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III domenica dopo Epifania (anno A) (23/01/2011)

Vangelo: Lc 9,10b-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,10b-17

10Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

L'episodio della moltiplicazione dei pani, riportato da tutti i vangeli e con grande rilievo, è certamente uno dei maggiori del ministero di Gesù; ricorda un fatto prodigioso straordinario: l'aver sfamato in un luogo lontano dai centri abitati una folla immensa di persone. La cifra indicata di 5.000 uomini va infatti riferita ai soli capifamiglia e quindi si può ipotizzare che ci fossero in realtà non meno di 20.000 persone.

La narrazione di tale episodio presenta però ad una prima lettura diversi punti assurdi o inverosimili. Da dove erano venute in quella zona desertica tante migliaia di persone? Come potevano i discepoli pensare di comprare viveri per tutta quella gente? E, se davvero Gesù avesse spezzato di persona tanto pane (tonnellate di pane, visto che tutti si saziarono!), quante ore sarebbero occorse per l'intera l'operazione?

Se poi teniamo presente che il racconto lucano riecheggia sia episodi ed espressioni dell'Antico Testamento che situazioni delle prime comunità cristiane, ci rendiamo conto di non avere davanti un fatto di cronaca, ma - come sempre nei vangeli - una rilettura credente della vita di Gesù alla luce delle profezie e dei simboli delle Scritture e sulla scorta dell'esperienza effettivamente vissuta dai seguaci del Nazareno che avevano creduto nel Risorto.

I due episodi dell'Antico Testamento cui si rifà il brano di Luca sono il dono miracoloso della manna nel deserto e la moltiplicazione dei pani compiuta dal profeta Eliseo.

Il primo, narrato in Esodo 16, era impresso nella memoria degli ebrei come un segno straordinario dell'amore provvidente di Dio, che, mediante il suo servo Mosè, aveva soccorso il suo popolo in estremo pericolo di vita, durante la drammatica traversata del deserto.

Ora, negli scritti giudaici apocrifi, o post-biblici, la manna era considerata come il cibo dell'era messianica, quando il Messia, che si sarebbe rivelato in una notte di Pasqua, avrebbe dato di nuovo, come Mosè, la manna dal cielo. E' dunque evidente che nel brano di Luca Gesù è visto come appunto il Messia, il nuovo Mosè che ottiene dal Padre il nutrimento per il popolo in una situazione estremamente critica.

Quanto al miracolo compiuto da Eliseo e riportato da 2 Re 4,42-44, un raffronto dei due racconti mostra uno svolgimento dei fatti molto simile (Eliseo ordina di dar da mangiare a cento persone con soli venti pani d'orzo), ma nello stesso tempo dice come il miracolo compiuto da Gesù sia straordinariamente più grande: se nel primo il rapporto tra i pani a disposizione e le persone era di 1 a 5, con Gesù è di 1 a 1.000!

L'episodio doveva dunque essere molto eloquente circa l'identità di Gesù, che le sue opere accreditavano come "l'Inviato" per eccellenza da parte di Dio: Egli è davvero il nuovo Mosè, è il profeta atteso al compimento dei tempi messianici.

La seconda "spia" per cogliere il messaggio del brano è il contesto vitale delle prime comunità cristiane, nelle quali circolava la tradizione, utilizzata da Luca, in cui il miracolo della moltiplicazione era già strettamente collegato alla celebrazione dell'Eucarestia: lo si capisce dal fatto che nel v.16 troviamo gli stessi tre verbi (benedisse - spezzò - diede) presenti nell'Ultima cena (Luca 22,19), nell'episodio dei discepoli di Emmaus (Luca 24) e in parte in Atti 2,46, che descrive la celebrazione eucaristica della primitiva comunità di Gerusalemme.

E' chiara allora l'intenzione dell'evangelista nel mostrare che il miracolo della moltiplicazione dei pani prefigura l'altro, più grande, inimmaginabile "miracolo" che Dio avrebbe compiuto per il suo popolo: il dono di sé, della sua stessa vita, da parte di Gesù, e la permanenza di questo dono fino alla fine dei tempi. "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me" - dice Gesù ai Dodici - "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi." (Luca 22,20). Gli apostoli, e quelli che saranno i loro successori, ricevono da Gesù l'altissimo mandato di rendere possibile, per i secoli a venire, il ripetersi di tale miracolo nella Chiesa.

Non solo, ma dalla narrazione dell'episodio avvenuto nei pressi di Betsaida emerge un altro modo in cui Dio vuole continuare ad operare "miracoli" tra gli uomini. Quello che sembrava impossibile, se non assurdo (dare da mangiare a 20.000 persone con pochissimi pani e pesci!) diventa possibile con l'intervento di Gesù.

Cioè: Dio non ci chiede l'impossibile; ci chiede di andare incontro ai bisogni dei fratelli mettendo a disposizione quello (poco o tanto) che abbiamo, ma avendo dentro di noi la stessa compassione, lo stesso amore di Gesù per gli uomini.

E' Lui che può moltiplicare un dono anche molto piccolo nelle mani di colui che desidera condividerlo. "E ne avanzò, secondo la parola del Signore" (2 Re 4,44); sì, perché "la carità - come dice S.Paolo - non avrà mai fine!" (1° Cor.13,8)

 

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