TESTO Traccia di comprensione per Sir 24,1-12; Rm 8,3b-9a; Lc 4,14-22
don Raffaello Ciccone Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza
Domenica dopo Ottava del Natale del Signore (02/01/2011)
Vangelo: Lc 4,14-22
14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
18Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
19a proclamare l’anno di grazia del Signore.
20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
Lettura del libro del Siracide. 24, 1-12
Lettura del libro del Siracide, 24,1-12
Nel libro del Siracide (24,14.8-12), composto verso il 180 a.C., l'autore si sforza di bloccare l'infiltrazione dello spirito pagano nella coscienza e nel modo di vivere degli ebrei ormai in stretto contatto con la cultura ellenista.
Il popolo ebraico possiede la "Torah" (legge-insegnamento) che è la strada che conduce alla vita. Essa è la Sapienza di Dio che si installa in Israele, dono gratuito che non si può meritare.
Utile è dare la struttura del cap. 24:
24,1-2: introduzione dell'autore al discorso della sapienza,
24,3-21: discorso della sapienza in prima persona,
24,22-27: interpretazione da parte dell'autore,
24,28-32: ruolo dell'autore.
L'intuizione fondamentale è la gratuità della sapienza: "Ogni sapienza viene dal Signore e con Lui rimane per sempre " (Sir1,1).
La sapienza prende la parola nel tempio e parla nell'assemblea liturgica. La sua funzione è quella di stare presso Dio. Ma il Signore la invia sulla terra a cercarsi la casa e riceve l'ordine di stabilirsi in Israele. Perciò essa, che risale a prima del tempo ("prima dei secoli"), discende nel cosmo e nell'umanità e viene ad abitare nel mondo. Il Signore sceglie Gerusalemme come luogo di crescita della Sapienza ed essa raggiunge i 4 punti cardinali e ricopre tutta l'estensione del territorio d'Israele.
La sapienza è paragonata ad un albero splendido.
Il culto del tempio di Gerusalemme è ancora un'opera della Sapienza sia perché, come ordine del mondo, esprime la maestà e la perfezione divina e sia perché fa trovare armonia nella legge come, Dio l'ha codificata (v.22).
Diventare un popolo, crescere fino a costituire uno Stato e poi lacerarsi, disperdersi perdendo la terra e lo stesso tempio, e cercare di ricostruire la propria identità sotto diversi dominatori, tutto questo è stato maturato nella storia attraverso la "tôr'" (la legge di Dio).
Essa indicava una direzione essenziale nei rapporti con il Signore e tuttavia la "tôr'", da sola, non bastava. Si attendeva qualcuno che ricreasse la speranza e per la reinterpretazione autentica della Legge: era atteso il Messia che desse corpo e voce a ciò che era scritto.
L'evangelista Giovanni accetta di fare sintesi e traduce nel suo Prologo (Gv1,1-18) il significato di Gesù, riconosciuto dalla Comunità cristiana. La Chiesa: riconosce in Gesù di Nazareth il messia atteso e lo identifica con il Logos (la Parola, la Sapienza uscita dalla bocca di Dio). E' il Gesù di Giovanni la nuova Sapienza che dà significato alle cose, identifica ogni persona, uomo e donna come figli di Dio, restituisce al mondo una sua splendente consistenza poiché Gesù vuole ricondurre la realtà alla bellezza della creazione, ai cieli nuovi e terra nuova e perciò è l'unico che può portare la salvezza piena. "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... e il Verbo si fece carne".
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 8, 3b-9a
San Paolo sviluppa, nel capitolo 8, che si può intitolare: "La vita secondo lo Spirito" (Rom 8,1-39), una riflessione sulla vita cristiana, che pure è soggetta alla morte. Il capitolo si divide in tre parti:
8,1-13 "La vita secondo la carne e la vita secondo lo Spirito" ( da qui sono tratti i versetti del testo),
8,14-30 "Figliolanza divina e gloria futura",
8,31-39 "Inno all'amore di Dio".
San Paolo vuole approfondire il significato della fede in Gesù che ci dona lo Spirito. In ciascuno di noi avviene una trasformazione per il corpo morto e risorto di Gesù, poiché apparteniamo a Lui (7,4).
La legge di Mosé è, di per sé, giusta, santa. Essa educa al bene. Ma scopriamo più forte la legge del peccato in noi; esso ci conduce verso il male poiché: "Vedo ciò che è giusto, lo voglio eppure faccio il male che detesto" (7,15). "Chi mi libererà da questo corpo di morte?" (7,24).
Così si passa al dominio di Dio in Gesù, perché lo Spirito offre la sua legge (8,2).
Questa trasformazione è possibile poiché Gesù ha preso la nostra stessa carne mortale. La nostra debolezza e la nostra peccaminosità sono state, esse stesse, come la nostra carne, trasferite in Lui, il Giusto, il Santo.
Morendo, la sua carne e il male, che Gesù ha preso su di sé, sono stati distrutti nella morte.
In lui prende possesso, come in noi, lo Spirito del risorto: così da Gesù ereditiamo nuovi stili e valori che inglobano ancora l'eccezionale sapienza della Prima Alleanza. Ma ora viviamo nella pienezza della maturità e accogliamo, nello Spirito, la ricchezza finale di Gesù che completa ciò che Dio, lungo i secoli, aveva detto, educando il suo popolo. Come cristiani, siamo continuamente richiamati a vivere la forza della presenza dello Spirito che abita ogni giorno in noi. Questa presenza stabilisce alleanza e comunione con Dio e con Gesù nello Spirito.
Ovviamente si pone la domanda sulla vita quotidiana: poiché di questo si tratta: "Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi" (v.9). L'interrogativo e la scoperta conseguente del vivere secondo lo Spirito si giocano nei rapporti e nelle relazioni con gli altri, oltre che nel rapporto con la nostra responsabilità con Dio.
Le relazioni nel lavoro, il rapporto di solidarietà, l'attenzione ai bisogni delle persone che ci vivono accanto, i criteri di pace che vanno costruiti con intelligenza, senza pretende di creare maggiori conflitti, ma cercando di salvare la dignità e la responsabilità di ciascuno, sono alcuni elementi di stili di vita cristiani. Eppure, su tutto questo siamo in un mondo in cui non ci si interroga a
sufficienza. E d'altra parte dovrebbe essere questo l'ambito degli interrogativi tra cristiani, all'interno dei contesti di vita, con uno scambio intelligente di ricerca, riflessione, impostazioni di vita e di comprensione di criteri.
Non vi sembra assurdo che si continui a pensare a come aggregare il voto dei cattolici, mentre i cattolici non si allenano alla ricerca di senso nel quotidiano, alle operazioni di giustizia, ai rapporti di solidarietà? Ed anzi si sentano anch'essi incoraggiati alle scelte scaltre di potere, alle astuzie e trame di aggregazione? Esiste anche in ogni laico adulto una coscienza credente, da affinare, certamente, come in tutti, che accetti di essere cristiano, che ricostruisca, cercando di "vivere secondo lo Spirito". E questa coscienza va comunicata agli altri credenti nella fede, nel contesto in cui si vive, presente nella realtà sociale e nella burocrazia, nel sindacato e nel mondo politico della propria aggregazione. Lo scopo è quello di raggiungere un consenso che poggi su valori condivisi, su progetti di maggiore e matura umanità. Lo scopo finale non dovrebbe essere, prima di tutto, il piano politico, la convergenza di un voto, ma il coraggio di creare una consapevolezza di criteri morali di vita, con chi condivide.
Lettura del Vangelo secondo Luca. 4, 14-22
Per San Luca, questo brano rappresenta l'inizio della predicazione di Gesù, anzi il passo ufficiale, attraverso cui Gesù si pone come Parola nuova e come unico capace di interpretare la Parola di Dio.
È giorno di sabato. Gesù è tornato a Nazareth e, insieme con la gente, come suo solito, va a pregare e ad ascoltare la lettura e la spiegazione della Parola di Dio.
Un rabbino imposta l'incontro e, tuttavia, ogni giudeo adulto può presentarsi o può essere invitato a leggere e a commentare le Scritture, pronunciando un'omelia (una semplice e breve conversazione sui testi letti). Dopo l'inizio della preghiera e la professione di fede del pio israelita che comincia con: "Ascolta, Israele" (Deuteronomio 4,6), dopo aver pronunciato 18 benedizioni, vengono letti due testi della Scrittura. Il primo è tratto da uno dei primi cinque libri detti "la legge" (o Torah), il secondo è tratto dai profeti. In questo momento, il responsabile della liturgia, potendo invitare qualcuno a leggere e a commentare, ha pensato di invitare Gesù, di cui già si parla come un maestro riconosciuto nella vicina città di Cafarnao.
Gesù apre il rotolo: l'evangelista vuole ricordare che solo Gesù è capace di aprire e commentare con autorevolezza i testi biblici. Terminata la lettura, Gesù si siede, come fanno i rabbini quando insegnano, e "tutti gli occhi sono fissi su di lui". Così Gesù è il nuovo maestro e il suo primo insegnamento è quello della liberazione, come il primo messaggio di Mosé al popolo schiavo in Egitto: così viene presentato, per la prima volta ad Israele, il volto di Dio.
Gesù legge un testo di Isaia (Isaia 61) e annuncia che, avendo ricevuto lo Spirito del Signore, ha il compito "di annunciare ai poveri il lieto messaggio, proclamare ai prigionieri la liberazione, dare ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e proclamare un anno di grazia del Signore". Sono cinque compiti, 5 come i libri della "legge".
Si parla dell'anno del Signore e si fa riferimento ad un particolare tempo detto "il giubileo", che ricorre ogni cinquant'anni. In esso si manifestano la volontà e la misericordia di Dio, ridonando soprattutto ai poveri la pace e la serenità: si condonano i debiti, si liberano gli schiavi, viene ristabilita la giustizia e vengono restituiti agli antichi proprietari, o alle antiche famiglie, i campi e le case che, nel frattempo, erano stati venduti, spesso, per bisogno e povertà.
Gesù dice: "Oggi inizia l'anno di grazia senza fine", perché vengono gratuitamente offerti da Dio la sua liberazione e il suo perdono.
E nell'esperienza degli ebrei si capisce molto bene il significato dello sciogliere i prigionieri dal giogo: finalmente una persona ritorna libera, non più oppressa, non più ossessionata dal possesso o dal potere, non più impaurita. E' il dono dello Spirito che finalmente libera ogni persona dal male. La domanda che ci viene spontanea è: "Quanto amo la mia libertà e soprattutto la libertà degli altri in modo da aiutare chi incontro ad uscire dall'oppressione?"
In conclusione:
1. Il Signore ci ha dato la sua Sapienza per vivere nel mondo la pienezza di bontà
che ha offerto nella creazione, pur con tutte le difficoltà (I lettura).
2. Per conoscere e vivere con Sapienza, Gesù ci ha dato il suo Spirito (II lettura).
3. Lo Spirito ci rimanda ad un impegno di liberazione nostro e di tutti, costruendo
progetti che ci aprano alla vera grandezza di ogni persona, amata e voluta libera da Dio (Vangelo).