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TESTO Oggi si è adempiuta questa Scrittura

Ileana Mortari - rito ambrosiano   Home Page

Domenica dopo Ottava del Natale del Signore (02/01/2011)

Vangelo: Lc 4,14-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,14-22

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l’unzione

e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,

a proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

a rimettere in libertà gli oppressi,

19a proclamare l’anno di grazia del Signore.

20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».

Nel Vangelo odierno troviamo l'inizio del ministero pubblico del Signore secondo il vangelo di Luca.

A Nazareth Gesù, da buon ebreo, aveva regolarmente frequentato, fin dalla sua giovinezza, il servizio liturgico sinagogale ogni sabato e ogni giorno festivo. Ancora nel 1° sec. d.C. tale momento di preghiera pubblica comprendeva: il canto di un salmo, la recita dello "Shemà = Ascolta, Israele....(Dt.6,4-9; 11,13-21), seguita da una parte delle 18 Benedizioni, e poi la liturgia della Parola, che consisteva in una proclamazione della Torah suddivisa in più sezioni, seguita da una lettura dei Profeti, dalla traduzione dei testi ebraici nella lingua aramaica corrente e da una spiegazione-interpretazione delle letture stesse con applicazioni morali, tenuta da un uomo rispettabile o da un maestro conosciuto. Due benedizioni, una da parte del presidente dell'assemblea e, se era presente, una del sacerdote (secondo il testo di Num.11,24 e ss.), concludevano il rito.

Normalmente era il presidente della sinagoga che invitava qualcuno ad alzarsi per proclamare la Parola; ma qui Gesù, entrato nella sinagoga, al momento della lettura profetica si alza di sua iniziativa: era un fatto anomalo, curioso, "strano". Comunque gli viene consegnato dall'inserviente il rotolo di un profeta, che nella fattispecie è Isaia. Ora, poiché a quel tempo l'ordine fisso delle pericopi - più tardi testimoniato - non era ancora vincolante, è Gesù stesso che, svolgendo il rotolo, cerca e, guidato dallo Spirito Santo che ha ricevuto in pienezza al battesimo (Luca 3), trova il passo di Is.61,1-2.

Per la verità, il testo riportato nei vv.18-19 di Luca non è tutto di Isaia, ma è una sorta di "collage", tratto dalla traduzione greca dei Settanta, in cui l'evangelista ai due versetti citati ha unito anche Isaia 58,6 ("a rimettere in libertà gli oppressi") e Sofonia 2,3 ("mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione"). Questo modo disinvolto di rifarsi al testo sacro non deve scandalizzare, dal momento che nelle comunità cristiane delle origini era normale fare un uso molto libero delle Scritture, a seconda degli obiettivi che ci si proponeva, e citazioni di tal fatta si trovano in tutti e quattro i vangeli. Inoltre, a quel tempo, il canone ebraico non era ancora stato fissato (lo sarà a Jamnia nell'85-90 d.C.) e il testo risultava fluttuante.

Nella sinagoga le letture erano fatte stando in piedi, da un ambone posto su un podio di legno, mentre la spiegazione omiletica avveniva dal podio, stando seduti (posizione tipica di colui che insegna) e con il viso rivolto verso Gerusalemme. Gesù segue questa prassi e, al momento della spiegazione del testo sacro, ecco che si manifesta una grande aspettativa nei suoi confronti, forse perché è la prima volta che, in quella sinagoga, Egli legge e commenta un brano della Scrittura. La gente è incuriosita da questo nuovo Maestro, un po' strano perché non proviene dalla scuola rabbinica ufficiale del luogo, eppure è già famoso come rabbi itinerante, tant'è vero che, nella sua decisione di leggere e commentare il testo profetico, non incontra obiezioni o resistenze da parte del presidente della sinagoga. Luca rende molto bene l'atmosfera: "gli occhi di tutti erano fissi su di lui".

Ed ecco una seconda novità, dopo quella dell'iniziativa di Gesù: Egli non spiega né commenta alcunché; si limita a constatare: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato" (v.21). Anziché fare un discorso, Egli pronuncia una sola frase, strana e pesante come un macigno. Immaginiamoci lo stupore e lo sconcerto degli astanti! Prima di allora, mai nessuno aveva osato porsi in tale rapporto personale diretto con il testo sacro. Eppure Gesù non sta dicendo altro che la pura verità, come vedremo chiaramente analizzando il passo profetico.

"Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione" (v.18 a-b) si riferisce al Battesimo di Gesù, narrato da Luca in 3,21-22: "discese sopra di lui lo Spirito Santo".

La discesa dello Spirito su Gesù equivale ad una unzione, e cioè ad una consacrazione in vista della funzione messianica. "Non poteva sfuggire a Luca l'allusione al nome di Cristo contenuta nel verbo greco ungere ("chriò")" (G. Rossé).

"Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio": oltre al fatto che già da qualche tempo "Gesù insegnava nelle loro sinagoghe" (v.15), Luca ci riferirà nel cap.6° la triplice beatitudine di poveri, affamati e piangenti. Nel contesto biblico, il termine "poveri" ha più risonanze: sono i poveri materialmente, ma anche i prigionieri, i ciechi, gli oppressi, le vedove, i lebbrosi, etc. Inoltre, nella tradizione esegetica ebraica i "poveri" designano tutto l'Israele nella sua dimensione sociale (esiliato e dominato), religiosa (sottomesso al giudizio divino) ed escatologica (aperto all'azione salvifica divina). Gesù è il Messia atteso dal piccolo e povero popolo di Israele.

Quanto al resto del passo profetico, che parla di liberazione degli oppressi e restituzione della vista ai ciechi, sappiamo dal successivo v. 23 ("Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui") che Gesù era già famoso per miracoli e guarigioni.

Ma l'annuncio più importante - e riassuntivo di tutto - è l'ultimo: "[Lo Spirito mi ha mandato] ...a proclamare l'anno di grazia del Signore". Il testo di Isaia allude all'anno giubilare che cadeva ogni 50 anni (cfr. Lev.25,8 ss.), quando gli schiavi venivano liberati e le persone rientravano nelle loro proprietà; ma nella rilettura di Luca "l'anno di grazia" assume un ben più ampio significato: è il tempo della benevolenza, della misericordia e della salvezza, offerte da Dio. E' il tempo che inizia con la predicazione di Gesù ("oggi"), ma che continuerà anche dopo la sua ascensione, come fase della Chiesa, fino alla parusia, quando di nuovo Egli verrà dal cielo.

La visita di Gesù a Nazareth con conseguente reazione negativa degli abitanti (cfr. i vv.22-30) viene ricordata anche da Marco e Matteo, ma nel corso del ministero del Messia, mentre Luca la colloca all'inizio e vi aggiunge l'episodio (solo suo) della sinagoga, che abbiamo esaminato. Il redattore realizza così una sorta di solenne "ouverture" al suo vangelo, che vede concentrati nel brano di Isaia, di cui Gesù proclama la realizzazione, i grandi temi che lo caratterizzano: lo Spirito Santo, la consacrazione messianica, la liberazione materiale e spirituale, la gioia, l'intervento divino a favore dei poveri e degli oppressi, la proclamazione dell'anno di grazia. Tale pericope svolge dunque nel 3° vangelo lo stesso ruolo che ha il "discorso della montagna" in Matteo: è la "magna charta", il programma essenziale del ministero di Gesù, che dunque ha tenuto qui il suo "discorso inaugurale", ha detto il senso della sua presenza, della sua parola e delle sue azioni: annunciare la salvezza.

Concludiamo con una nota di attualizzazione: "Vale la pena di rilevare che i destinatari della sono i poveri, gli ultimi, quelli che non contano nulla. Ci sarebbe da chiedersi se tanto nostro agire, personale e comunitario, non sia perdente in partenza perché non fa propria la logica di Gesù, ma si affida invece alla logica mondana del potere e dell'efficienza. Che ne abbiamo fatto dei poveri in tutti i sensi? Quale "lieto annuncio" possiamo fare e quale volto di Dio possiamo proporre se gli restano tali?" (A. Bagni, Vangelo secondo Luca, Ediz. Messaggero Padova, p.50).

 

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