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TESTO Vivere per davvero...si puo

Marco Pedron   Marco Pedron

III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (12/12/2010)

Vangelo: Mt 11,2-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Questo vangelo ci presenta il grande dubbio del Battista. Giovanni era un uomo deciso, fermo, sicuro di sé, ma ad un certo punto si pone delle domande, mette in discussione tutto.

I passaggi drammatici della vita sono questi, quando crolla tutto. A te sembra la fine, è veramente drammatico, ma il venire meno di alcune certezze è necessario perché qualcosa di nuovo e di più vero possa nascere.

Gv Bt è prigioniero in carcere e pone a Gesù, attraverso i discepoli, la grande domanda di tutta gente che al tempo aspettava il Messia: "Sei tu che devi venire o dobbiamo aspettarne un altro?".

Gv aveva annunciato un Gesù molto severo, giudicante: per lui il Signore avrebbe rimesso a posto tutto ciò che c'era di negativo e di male nel mondo; premiati i giusti, condannati i corrotti; un fuoco che brucia ciò che non serve e una scure che taglia ed elimina tutto ciò che al mondo è guasto. Il Battista, allora, si aspettava un Messia, un Gesù Rambo, Terminator; uno forte, potente, deciso, intransigente: "Facciamo il bene con la forza". Allora quando Gesù arriva Gv Bt è profondamente deluso: non era come lui l'aveva annunciato e previsto. Non era come lui credeva perché Gesù non era quel giudice previsto, duro, arrabbiato e giudicante. Gesù, anzi, dice che non vuole condannare nessuno, che è venuto per tutti; dice di non essere venuto per dare spettacolo e rimettere tutto a posto ma per amare e incontrare le persone; dice di essere venuto per chiunque ne abbia bisogno o sia smarrito. Allora il Bt, che stima Gesù, non sa più cosa pensare, rimane sconcertato, smarrito da questo modo di fare. Ecco allora che gli manda dei discepoli per chiedergli: "Ma sei tu o no?", perché lui non sa più cosa credere. Gv Bt sta vivendo la sua crisi religiosa: credeva che Dio fosse in un modo e si accorge che Dio è diverso.

Einstein diceva che ci sono tre gradi di religiosità: quella fondata sulla paura; quella fondata sui sentimenti sociali e quella cosmica.

Il primo livello, potremmo dire, era quella che viveva molta gente al tempo di Giovanni Battista. È la religione del Dio giudice, severo, pronto a punire e condannare; un Dio che proibisce e che ordina. Un Dio da temere, di cui aver paura, un Dio da "tenere buono" perché gestisce e può mandare la malattia, la fame, il dolore e la morte. È la religione del bambino che ha paura di tutto, che non si sa spiegare i misteri della vita, che non sa pensare con la sua testa e si inchina ad un ordine superiore.

Alcune delle "mie vecchiette" in confessione dicono: "Sono venuta a confessarmi perché non si sa mai...". Come a dire: "Lo faccio perché non si sa mai cosa mi possa capitare". Altre dicono: "Ah, padre, è così e non si può far niente", che tradotto vuol dire: "Bisogna accettare tutto e non si può far niente". In molte persone più che amore verso Dio c'è solo tanta, tanta paura di Dio.

In questo stadio religioso non c'è crescita della persona: si è in balia di Dio. Io non posso fare niente, mi "tocca" nient'altro che accettare (è accettazione o rassegnazione?). È un modo molto comodo per molti: da una parte "tengo buono" Dio con delle pratiche, offerte, sacrifici, d'altra parte lui non mi chiede niente né mi coinvolge.

Qui c'è spazio per tutto: magia, superstizione, panico, angoscia.

È il Dio dell'amore aggressivo: se sbagli ti punisco. "Convertiamoli tutti: o con le buone o con le cattive".

Quand'ero giovane lessi un libretto, il "Dies irae", dove c'era scritto: "Allora sarà aperto il libro sul quale tutto è segnato per il giudizio del mondo". Era terribile, angosciante. Quando andavo a catechismo un catechista mi diceva: "A Dio non ne scappa una ". Che voleva dire. "Stai attento perché ogni errore che fai Dio te lo fa pagare". Era insopportabile sia Dio che il catechista. E che sensi di colpa quando si sbagliava!
Dio è lassù ed è da temere. Se possiamo teniamolo buono.

Quando hai paura di Dio è giunto il momento di cambiare Dio.

Poi c'è un secondo livello: è quello di Giovanni Battista. Giovanni Battista è l'uomo che dice "no" all'ingiustizia, alla falsità, all'ipocrisia che vede serpeggiare attorno.

Nasce l'idea che ci dev'essere una giustizia, che Dio non può lasciare impunite certe violenze e situazioni. Che se Dio è Dio ci deve ascoltare; che se Dio è Dio non può permettere che accadano certe cose. Che se Dio è Dio allora deve intervenire per sistemare ciò che non va e per dare una mano a chi davvero è in difficoltà, a chi davvero crede, a chi davvero si affida a Lui. Dio diventa, allora, il Dio-Provvidenza, il Dio che con-sola, con-forta, che punisce ma solo per il bene dell'uomo.

Dio vuole dall'uomo responsabilità, giustizia, fratellanza, uguaglianza. Dio si fa carità, dedizione, amore, aiuto e intervento.

Ai nostri figli facciamo vedere l'assenza dei nostri padri: mostriamo le foto dei forni crematori di Auschwitz e Dachau, incisi con le unghie da uomini che lottavano contro la morte. E diciamo: "Ma dov'erano i nostri padri? Cosa facevano le persone a quel tempo?". Ma cosa diranno i nostri figli di noi quando mostreranno ai loro figli le foto di un pianeta dove scorreva anni fa acqua pulita e bevibile, dove si poteva girare per le strade senza mascherine antigas, dove le radiazioni del sole non distruggevano la pelle (non c'era ancora il buco d'ozono), dove c'era il verde, le foreste e gli animali, elementi che i nostri figli non vedranno mai? Cosa diremo? Potremmo prendercela con Dio? O non dovremmo guardarci allo specchio e vergognarci? O non ci rimarrà che batterci il petto e dire: "Ci dovevamo convertire prima?. Troppo tardi adesso!".

È un Dio che ci fa indignare e che ci fa arrabbiare di fronte a certe ingiustizie, che non ci piace tanto di fronte ai bambini che muoiono di fame, al napalm lanciato dagli Americani sui civili irakeni: "Ma dove sei Dio? Come puoi permettere tutto questo". Risposta: "Sono lì in quei bambini e in quei civili!".

È il Dio dell'amore caritatevole: "Vengo e ti aiuto". E' il Dio del tutto-per-gli-altri. È un Dio che ci muove verso gli altri. Vedo il disagio e non posso starmene fermo. Dio è lassù ma ci ascolta. Ma quando Dio non ascolta più le tue richieste è giunto il momento di cambiare la tua immagine di Dio.

Ma poi viene Gesù e Giovanni Battista va in crisi. Il Dio di Giovanni entra in crisi e inizia a dubitare. Il Dio di Gesù è presente in me, in te, in ciascuno di noi. E' il Dio della vita, della libertà, della guarigione, del cambiamento, di chi vuole la mia vita, di chi mi chiama. E' il Dio che vive in tutte le cose perché tutti gli esseri sono immagine Sua. E' il Dio dentro ad ogni creatura. Ogni essere è mio fratello ed ogni creatura è mia sorella. E' il Dio che mi chiede di trasformarmi, di realizzarmi, di trasformare la mia aggressività interna in amore cosmico, universale, di diventare io stesso "tempio" vivente di Dio e "chiesa" dell'Altissimo. E' il Dio della Luce, della consapevolezza: entro in me, vedo i miei mostri interni, i miei fantasmi, le mie paure, i miei condizionamenti e attaccamenti, ma vedo anche il Dio che mi abita e che mi ama. E' un Dio impegnativo perché mi chiede di coinvolgermi e di lasciarmi plasmare.

E' il Dio dell'amore universale: "Tu sei in ogni cosa". E' un Dio che mi fa cambiare. Dio è in me e io, cambiando, lo lascio trasparire, emergere, venire fuori.

Dio è quaggiù ed è in noi.

Allora non basta dire: "Io credo" e sentirsi a posto. "Sì, d'accordo tu credi. Ma in che cosa credi? Com'è il tuo credere? Sei ancora bambino, infantile, puerile nel tuo credere?". Se non sono mai andato in crisi, in difficoltà nel mio credere allora credo ancora come quand'ero bambino; allora la mia fede è puerile e piena di paura.

Bisogna "uccidere Dio" per trovare Dio. Quando i ragazzi a 14-15 anni lasciano un'immagine di Dio non è terribile anzi è addirittura necessario. In realtà non lasciano Dio ma solo il Dio del bambino. Ciò che è problematico è che non trovano niente dopo, che non c'è nessun Dio "per la loro età" dove possono identificarsi. Ma guai se non "perdessero" il Dio del bambino, dell'infante!

Il tuo credere va in crisi? Bene, sano. La vita ti chiama ad approfondire, a trovare un Dio più vero, a progredire nel cammino di fede, a scoprire un'immagine meno falsata e lontana. Nella vita di fede sono chiamato a progredire, a passare dalla prima alla seconda e alla terza fase.

Gesù sapeva quant'è difficile per l'uomo mettere in discussione la propria fede, il proprio credo e dice: "Beato colui che non si scandalizza di me". In una notte nera alcuni uomini si imbatterono in qualcosa. Non si vedeva proprio nulla. Quando non c'è la luna nella savana non c'è nessuna luce: è buio pesto. Uno disse: è grande e stabile, qui siamo al sicuro, è certamente una roccia. Un altro disse: qui c'è un ramo lungo, è certamente un albero, mi metterò a dormire qui. Un altro disse: qui c'è qualcosa di morbido, è certamente un po' di terra umida, io mi sdraierò qui. Tutti avevano conosciuto qualcosa, una parte, ma si erano fermati lì. Non avevano capito che quello era un grande elefante, che stanco della loro presenza, mentre loro dormivano, si alzò e li schiacciò.

Dio mi scandalizza (skandalon è la trappola, l'inciampo, la molestia) perché mi deluderà: "Credevo che fosse una cosa e invece è molto di più, diverso, oltre". Dio mi sorprenderà: "Non avrei pensato!"; scoprirò che è novità, fantasia, che si trova dove meno me l'aspetto; distruggerà le mie certezze religiose: "Credevo fosse fede e ed erano solo le mie rigidità" (un prete). Chi non è mai stato scandalizzato da Dio non conosce Dio.

E Gesù conferma tutto questo dicendo che Giovanni Battista è stato davvero grande, il più grande dei profeti, il più grande tra i nati di donna, ma il più piccolo del regno dei cieli.

E' stato davvero grande ma non è entrato in questa terza fase, non è riuscito a percepire Dio come Padre, vicino, presente, che richiede spazio. Con Giovanni Battista si rimane alla porta di Dio, con Gesù lo si incontra.

Alla gente Gesù si rivolge per tre volte con la stessa domanda: "Che cosa siete andati a vedere?". Erode faceva coniare sulle sue monete una canna e indossava morbide vesti. Allora Gesù chiede: "Ma cosa pensavate di vedere? Uno spettacolo? Un divo? Un bel personaggio televisivo?". Che domanda profonda per me: "Che cosa vado a vedere in chiesa? Cosa cerco?". Cerco consenso pubblico, approvazione di ciò che credo, tranquillità della coscienza, "morbide vesti e discorsi" o cerco verità, libertà di vedermi per quello che sono realmente, Gesù? Che cosa cerchi? Da ciò che cerchi ti dirò ciò che puoi trovare.

A Giovanni Battista attraverso i discepoli, invece dice: "Questo è quello che accade. Cosa puoi pensare? Cosa puoi capire?". Gesù non gli dice "Sì, sono io colui che deve venire" oppure "No, non sono io". Gesù risponde con un collage di citazioni del profeta Isaia che rimanda a quello che fa. Quello che faccio, che provoco, che succede, che accade ti può portare ad una conclusione? Perché da quello che uno fa', provoca, innesca, si può capire e intravedere, chi è.

E' molto semplice capire se un uomo incontra Gesù. Chi incontra Gesù cambia vita. Chi incontra Gesù non può più essere lo stesso di prima.

La ricetta di Gesù è semplice ma scientifica: luce per gli occhi e per l'anima (giornate di sole, all'aria aperta; consapevolezza, conoscenza); movimento per le gambe e per il cuore (sport, passeggiate, incontri, preghiera); contatto per la pelle (abbracci, carezze, amore, contatti e relazioni profonde); suono per le orecchie e per l'intelligenza (niente rumori, chiacchiere ma suoni di pace, di voci amiche, che ci amano, della natura).
I ciechi vedono: ma quanta meraviglia ci circonda!

Siamo immersi nella bellezza... se solo aprissimo gli occhi!: le stelle della notte, il tramonto della sera, i volti dei bambini, le lacrime di mia moglie, la luce degli occhi di chi ama, il sole nel volto di certi uomini.

Tutto questo ci fa ridere: di ben altre cose dobbiamo occuparci noi! Tutto questo non ci riempie, non ci stupisce, lo riteniamo stupido. Se questo non ci riempie nulla ci potrà riempire. Se questo non ci riempie in verità siamo molto ammalati. Se non riusciamo a stupirci, a commuoverci, a meravigliarci allora il cancro dell'anima è già molto avanzato.

Perché se guardiamo una foresta ci chiediamo quanto potremmo ricavarne dal legname; se vediamo le stelle alpine ce le portiamo a casa; se vediamo qualcosa di bello ce lo vogliamo comprare; se vediamo una bella donna la vorremmo possedere, la vorremmo tutta per noi. Guardiamo per prendere.

Guardiamo ma non la vediamo. Siamo ciechi e crediamo di vederci.

Chi incontra il Signore vede e gusta tutto, ma sa che non possiede nulla. Si abbevera di tutto ciò che vede, entra nei cuori e nei volti come la luce entra nelle nostre case: con rispetto. Ci entra e non possiede, non cambia, non sporca, non rovina. Entra ed esce senza alterare nulla.

Gli storpi camminano: ma quanto possiamo crescere nella vita!

Quanto possiamo camminare, quanto grandi e splendidi possiamo diventare! Non so dove andrò ma so che posso fare molta strada. Non so dove andrò ma so che sarà interessante.

Quanta gente sa che dovrebbe andare in una direzione, fare delle scelte, intraprendere quel determinato viaggio o cammino, ma la paura blocca le gambe e la paralisi impedisce ogni movimento. Molte persone vorrebbero sapere tutto e subito; vorrebbero soluzioni immediate, a basso prezzo; vorrebbero sapere cosa devono fare della loro vita, con i loro figli e in ogni situazione. E, invece, la vita non offre ricette o preparati da eseguire. La vita offre solo strade che se uno vuole può percorrere. Tocca alle mie gambe alzarsi e andare, camminare e lasciarsi coinvolgere. Molte persone vorrebbero fermarsi, non muoversi più, rimanere ancorati a ciò che sono e sanno. Alcune persone sono rimaste attaccate al passato; alcune si sono fermate a vent'anni fa o a qualche fatto successo tanti anni fa e non si sono più ripresi. "Ah, padre da quella volta che la fidanzata mi ha lasciato non mi sono più ripreso". "Alzati e cammina". "Ah, padre da quello sgarbo non sono più stato io". "Alzati e cammina".

Chi incontra il Signore e si lascia portare va così lontano che neppure la sua più fervida immaginazione avrebbe potuto sperare. Chi si fida di Lui si alza in piedi e parte, torna a credere alla forza delle proprie gambe e si mette in cammino, cresce, evolve e va lontano... molto lontano.

I lebbrosi: ma quanto possiamo amarci nella vita!

Quanti abbracci possiamo scambiarci, quante carezze possiamo donarci, quanti sguardi possiamo incrociare, quanta tenerezza c'è nelle nostre mani e nel nostro corpo. Due signore parlavano e dicevano: "I bambini bisogna non accarezzarli troppo altrimenti si viziano". Un bambino (e anche le sue cellule) vive di contatto!

I sordi: ma quanto possiamo sentire nella nostra vita!

Che fiducia grande possiamo avere così che possiamo sentire ogni cosa, tutto quello che ci è successo, tutto quello che ci è capitato, così da non nasconderci più niente, così da non soffocare più niente. Chi incontra il Signore può ascoltare tutto, ogni voce interna anche la più tremenda o cruda. Chi incontra il Signore ha una tale forza, fiducia, coraggio che può sentire tutto.

E può sentire tutto l'amore del creato e tutto il bisogno delle persone e tutta la sofferenza dei nostri cuori e tutto l'odio che si racchiude nei nostri sguardi e nelle nostre parole.

Chi incontra Dio può sentire tutto e non venire distrutto.

I morti: ma quanta vita possiamo vivere!

La lieta notizia è che non siamo poveri, che possiamo vivere qualcosa che va al di là delle nostre aspettative e non in paradiso, ma qui su questa terra. Possiamo vivere, vibrare, espanderci, amare, sentirci grati ed essere felici e tutto con una tale intensità da piangere, da fremere, da mancare l'aria. Perché strisciare per terra e vivere come dei vermi se abbiamo le ali per volare?

Chi si fida di Dio vive così. Così si può! Non ti attrae? Non ti affascina? Non lo senti come puoi vivere? Così si può!

Pensiero della Settimana

Peccato è dire: "Non si può"; "Ho paura"; "Non ce la faccio"; "Troppo difficile"; "Non è per me" e non provarci neppure.

 

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