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TESTO Fedeli e umili

don Daniele Muraro   Home Page

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/10/2010)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

La seconda parabola sulla preghiera Gesù l'ambienta nel tempio di Gerusalemme. La scena è più realistica di quella precedente e coinvolge personaggi con un preciso ruolo sociale.

In tanti salivano al tempio, anzi era un obbligo nella festa di Pasqua. Ci si poteva confondere tra la folla, oppure si poteva cercare di emergere tra quel flusso ininterrotto e variegato di pellegrini.

Gesù in precedenza aveva già biasimato il comportamento degli ipocriti, i quali al momento di elargire qualche elemosina, in sinagoga e per le strade, facevano suonare la tromba perché tutti lo sapessero e la generosità fosse lodata. Allo stesso modo Gesù aveva disapprovato il comportamento di coloro che nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amavano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente.

Non è questo il modo di stabilire una vera comunicazione con Dio né di rafforzare il legame con Lui. Si trattava di esibizioni pubbliche per una religiosità solo apparente, senza la forza interiore della fede.

Al luogo di preghiera, mèta di pellegrinaggio per tutto il popolo ebreo, si accedeva tramite una scalinata che dava l'idea dell'ascensione verso il monte di Dio.

Implicitamente era un invito ad elevare anche il proprio animo in vista dell'incontro con Lui. Inerpicandosi come su un'altura ci si esponeva al suo sguardo, privi di difese.

Che ci va a fare dunque al tempio uno che presumeva di essere giusto e disprezzava gli altri? Si presenta a lodare se stesso, a raccomandare la propria buona condotta e a parlar male degli altri.

E infatti il fariseo della parabola non ritiene opportuno chinare il capo e adorare, ma discorre tra sé, certo del fatto suo. Per lui non è importante chiedere; pensa di avere già ottenuto quello che gli serve.

Non ha bisogno di Dio, grazie a Dio. Dio è uno solo, ma in quel momento nel tempio sembra che ci sia solo lui, il fariseo, davanti al quale nessuno è degno di sostenere il confronto.

Dicesse almeno: "non sono come molti uomini" e invece non si accontenta di superare la maggioranza, ma pretende di giudicare la totalità: "non sono come gli altri uomini"; nel genere umano non fa eccezioni per alcuno tranne che per se stesso.

Certamente ringrazia, ma per aver di che giudicare più in fretta gli altri. Non si accorge che il pubblicano che disprezza sta facendo davanti a Dio una spontanea accusa dei propri peccati, sinceramente addolorato del male che commette.

Il libro dei Proverbi ci offre parecchi spunti di saggezza nella considerazione di questi modi di condursi. "Non deridere un uomo dall'animo amareggiato, perché c'è chi umilia e innalza." dice in un punto. E secondo la versione greca dello stesso libro: "Il giusto è accusatore di se stesso".

Sempre nel medesimo libro dei Proverbi troviamo ancora questa raccomandazione: "Ti lodi un estraneo e non la tua bocca, uno sconosciuto e non le tue labbra."

Il pubblicano non osa levare gli occhi al cielo, ma per la sua umiltà il cielo si inclina verso di lui. Sa di essere un peccatore abituale, e come il re Davide confessa: " Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi."

Il fatto che Gesù proponga quest'uomo ad esempio non significa che un credente debba sottovalutare se stesso, accusandosi anche di quello di cui non si trova colpevole. Piuttosto come cristiani siamo invitati ad essere prudenti. E infatti: "Chi si loda s'imbroda", secondo il nostro detto.

Da san Paolo raccogliamo adesso alcune semplici regole di vita spirituale. Chi giustifica è il Signore: "Io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato... Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori...."

Uno può legittimamente sentirsi a posto con la sua coscienza, ma: "Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo."

Occorre però denunciare il pericolo di voler piacere agli altri ad ogni costo, assecondando la pubblica opinione anche la legge di Dio: "Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!".

Non è vero che la voce del popolo sia sempre voce di Dio, anzi ai tempi nostri la pubblica opinione la si può influenzare come non mai, deviando la preferenze dei molti a vantaggio di pochi. L'unica voce degna di fiducia e senza uguali resta quella del Vangelo e della Chiesa sua interprete autorevole.

"La Chiesa è intransigente sui principi, perché crede, e accondiscendente nella pratica, perché ama. I nemici della Chiesa sono invece tolleranti sui principi, perché non credono, ma severi nella pratica, perché non amano."

Il fariseo è tollerante con se stesso, scusando le sue inevitabili debolezze e nascondendo le sue immancabili colpe; diventa invece estremamente severo con il pubblicano, che nemmeno conosce e verso il quale nessuno lo ha costituito giudice.

Al contrario il pubblicano sa di non essere perfetto, anzi riconosce di avere molto sbagliato nella sua vita, ma confida nella misericordia di Dio, che lo sostenga nel suo sforzo di conversione e lo illumini sulla nuova strada da percorrere.

Ha capito che il rapporto con Dio è più importante di qualsiasi confronto fra simili. Non gli interessa farsi una posizione nella scala sociale, ma di trovare una sincera collocazione di fronte all'Onnipotente e, come abbiamo sentito da Gesù, di fronte a Lui viene ascoltato e giustificato.

 

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