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TESTO Commento su Giovanni 20,19-31

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

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II Domenica di Pasqua (Anno B) (19/04/2009)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Anche gli apostoli hanno dovuto convertire il loro cuore. Alle parole delle donne, vaneggiamento di caratteri emotivi ed isterici (Lc 24,11). Alla loro esperienza sensibili, come fanno Pietro e Giovanni correndo e vedendo un lenzuolo svuotato (Gv 20). Alla parola del Maestro che chiede loro di non fermarsi al proprio limite (Gv 21,15).

Tommaso, il grande credente, deve abbandonare il sepolcro della delusione nei confronti dei suoi amici e compagni di fede, la peggiore delle crisi, la consapevolezza che la Chiesa, quella reale, non quella sognata, è fatta da uomini e donne peccatori e deboli. «Tommaso, abbiamo visto il Signore! È vivo!». Tommaso guarda i volti euforici dei suoi compagni. È sbalordito e attonito. «Tu Andrea, tu Simone, tu Giovanni? Voi mi venite a dire questo? Dove eravate? Dovevamo morire con lui! Siamo tutti fuggiti!». Il sorriso si spegne sul volto degli altri. Ha ragione, Tommaso. Non se ne va Tommaso. Non si sente offeso se il messaggio della resurrezione è affidato alle nostre fragilissime mani. Non capisce ma resta, senza fondare una chiesa alternativa, senza sentirsi migliore, senza andarsene. E fa bene a restare. Otto giorni dopo il Maestro torna, apposta per lui. Eccolo, il Risorto. Leggero, splendido, sereno. Sorride, emana una forza travolgente. Tommaso, ancora ferito, lo guarda senza capacitarsi. Viene verso di lui ora, il Signore, gli mostra le palme delle mani, trafitte. «Tommaso, so che hai molto sofferto. Anch'io ho molto sofferto: guarda qui». E Tommaso cede. La rabbia, il dolore, la paura, si sciolgono come neve al sole. Si butta in ginocchio ora e bacia quelle ferite e piange. «Mio Signore! Mio Dio!».

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