TESTO Commento su Matteo 14,22-36 (o Matteo 15,1-2.10-14)
Paolo Curtaz Ti racconto la Parola
Martedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (05/08/2008)
Vangelo: Mt 14,22-36 (o Mt 15,1-2.10-14)
La tradizione è una buona cosa. In teoria. Se resta, cioè, ciò che il vocabolo indica: il consegnare, il donare, l'affidare. Così io vi posso parlare di Cristo perché altri, prima di me, me ne hanno parlato. e così da duemila anni accade, da bocca a orecchio, e le parole di Gesù attraverso gli apostoli sono giunte fino a noi. Molti, però, confondono l'essenziale con il superfluo, la tradizione col tradizionalismo. Gesù è libero, libero anche dalla pia devozione dei farisei. Va dritto all'essenziale, ritorna al cuore della legge di Dio, legge di amore e di libertà, di bene e di realizzazione, non insopportabile gabbia che limita e uccide. No, non fanno le abluzioni gli apostoli che vengono lavati ogni giorno e purificati dalle parole del Maestro. No, non adempiono le prescrizioni rituali prima del pasto coloro che pasteggiano con Colui a cui è rivolto il culto. Gesù ci richiama all'essenziale, a distinguere ciò che è tesoro prezioso del deposito della fede da ciò che è superfluo, accessorio, storico, abitudine. Noi discepoli dobbiamo continuamente stare all'erta, vegliare affinché non lasciamo che la Parola sia inquinata dalle parole, per non diventare anche noi guide cieche che conducono altri ciechi. Uno solo è il nostro Maestro e Signore, uno solo è colui che ci guida in questa giornata: il Signore Gesù, nostro Maestro. E noi siamo tutti fratelli.